Capitolo bonus

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Nota dell'autore

Quando ho iniziato a scrivere questa storia sapevo per certo che il lieto fine di Juliet non sarebbe dovuto essere quello "classico", che il suo finale doveva essere realizzare il suo sogno, diventare un'archeologa, emulare suo nonno.
Eppure, per quanto fossi certa che questa doveva essere la fine, sapevo anche che Juliet, in un futuro, avrebbe voluto anche altro: una famiglia sua, dei figli. Non so perché ma sentivo di dover scrivere anche questa parte della sua storia, ed è così che è nato questo capitolo bonus, spero vi piaccia.
Buona lettura!

"Juliet, vieni qui, siedi con me."
La donna si fermò di scatto nel corridoio di Hathor House, a faccia a faccia con la statua di Bastet.
Si voltò lentamente, guardando all'interno della stanza illuminata solo dai raggi della grande luna piena. Sorrise quindi apertamente alla vista dell'uomo dai capelli d'argento, con quei occhi verde scuro brillanti d'intelligenza, avvolto nella sua vestaglia color blu notte.
"Nonno" mormorò lei, mentre una lacrima scorreva senza vergogna sulla sua guancia.
"Su, non startene lì impalata, vieni, credo che questo libro ti piacerà" le disse lui, indicandole il posto vuoto accanto a sé.
Juliet fece dunque come l'era stato detto e si accomodò sulla comoda poltrona in velluto, di fianco a suo nonno.
L'uomo le passò dunque quel volume antico, dalle pagine ingiallite, che subito lei iniziò a sfogliare incuriosita.
"Alessandro Magno?" Chiese lei, dopo aver leggiucchiato qualche frase qua e là.
"Sì, una figura molto interessante non credi?"
Lei annuì, continuando a sfogliare le pagine, leggendo didascalie, osservando illustrazioni.
"Un forte carisma, una grande determinazione, una grande strategia militare e una grande forza, non si può non trovare interessante un personaggio del genere, mi piacerebbe poterlo incontrare, sai, mia cara Juliet? La sua tomba poi... è uno dei più grandi misteri nel mondo dell'archeologia, resterà tale per molto tempo credo."
"Potresti essere tu a scoprirla, nonno: sei un grande archeologo, hai ritrovato quella magnifica tomba a Giza, una sepoltura di cui si era dimenticata l'esistenza."
Il nonno le sorrise, guardandola teneramente, con fierezza.
"No, non credo... Io sono vecchio ormai, e anche piuttosto stanco purtroppo, ma tu Juliet, tu puoi fare tutto" disse "Tu farai grandi cose."
Allungò quindi una mano verso il suo viso, sfiorandole una guancia, ma a quel contatto tutto scomparve, Juliet si rese conto di essere ancora sulla soglia della porta e di essere sola.
Sospirò, appoggiandosi le mani sul pancione, accarezzandolo con amore: era ormai così grande che le pareva che potesse scoppiare da un momento all'altro. Camminò all'interno della stanza del conte, il parquet scricchiolò sotto ai suoi passi. Juliet si fermò davanti alla finestra, scostò leggermente le tende e osservò il cielo: le piacevano quelle notti così luminose, le rammentavano tanti bei momenti.
"Juliet!"
Questa volta a parlare non fu un suo ricordo, fu Edward, il quale non aveva fatto che cercare disperatamente la moglie per tutta la tenuta per l'ultimo quarto d'ora, quando questa, essendo ormai così vicina al parto, avrebbe dovuto trovarsi a letto a riposare. Costringere Juliet a letto però non era per niente semplice, lui lo sapeva bene.
"Eccoti. Cosa facevi qui?" Le domandò poi avvicinandosi a lei, abbracciandola da dietro, accarezzandole con dolcezza la pancia.
Juliet si abbandonò fra le braccia del marito per qualche istante.
"Io..." mormorò poi in risposta "Oh, ti sembrerà così assurdo Edward, ma mi era parso di vedere mio nonno... È strano quanto forte possa parlare a volte la voce dei ricordi, era tutto così vivido, così reale."
Rimase poi in silenzio osservando il cielo, mentre il marito le posava un bacio fra i capelli, inspirando quel suo buon profumo di fiori.
"Sai, in notti come queste io e il nonno restavamo svegli fino a tardi, a volte uscivamo in giardino e osservavamo le stelle, era un nostro piccolo segreto. Lui mi mostrava le costellazioni, mi insegnava a riconoscere gli astri, e io mi sentivo talmente felice... È brutto sapere che ciò non tornerà." Spiegò ad Edward, con lo sguardo che si riempiva del bagliore tenue del cielo.
Una piccola contrazione la costrinse a stringere i denti, e a farsi sorreggere per un istante dalle braccia forti del marito.
"Stai bene?" Le domandò subito lui apprensivo.
"Sì, tranquillo."
"Credi che... che sia il momento?"
"No, non penso. Voglio dire siamo agli sgoccioli, è ovvio, qualche piccola contrazione è normale, almeno secondo mia madre, ma non credo di star entrando in travaglio, dopotutto non mi si sono ancora rotte le acque."
Lui annuì, e teneramente posò un bacio prima sulle labbra di lei e poi sul suo pancione.
"Ti aspettiamo, piccolino" mormorò, e Juliet non poté che sorridere apertamente.
Quando la mattina di Natale del 1822 aveva dato la notizia a Edward, dopo aver atteso poco più di un mese dal ritardo delle mestruazioni per essere assolutamente certa di essere in attesa, lo sguardo del marito si era illuminato: non credeva di averlo mai visto più felice.
Certo, la paura che potessero perdere anche quel bambino era stata molta, ma si erano sostenuti a vicenda, procedendo con calma.
Sapere che da un momento all'altro avrebbero incontrato loro figlio riempiva i loro cuori di gioia.
Si stavano incamminammo verso la loro stanza quando Juliet si ritrovò completamente bagnata senza alcun preavviso. Spalancò gli occhi e abbassò lo sguardo sulla pozza che si era formata ai suoi piedi.
"Mio Dio!" Esclamò, rendendosi conto che il momento del parto era vicino ormai, vicinissimo "Il bambino, Edward, credo stia arrivando."
"Te la sei proprio chiamata, eh, mia cara" ribattette lui ironico, iniziando a guidarla prontamente verso la camera che era stata allestita proprio per quell'evenienza.
"Ti prego, non scherzare adesso" disse Juliet, che veniva assalita allo stesso tempo dall'euforia data dall'avvicinarsi dell'incontro con suo figlio e dal terrore del parto.
Nel corridoio incontrarono Camille, che fu subito incaricata di chiamare il medico e la levatrice.
La domestica si precipitò subito giù per le scale, sapendo che in quel caso doveva muoversi tempestivamente.
"Su, stenditi Juliet, io vado ad avvertire la famiglia" disse Edward, aiutandola a sdraiarsi nel letto.
"No, ti prego, resta" disse lei, afferrandogli la mano e guardandolo supplicante, sentendo le contrazioni che, seppur lentamente, iniziavano a farsi più vicine "Camille avvertirà di certo tutti e poi io ho paura Edward... mia madre è quasi morta quando Howard è nato, è per questo che abbiamo tanti anni di differenza."
Il marito avrebbe voluto rassicurarla, dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non poteva: la sua stessa madre era morta dandolo alla luce, e si sentiva ogni giorno di una giovane donna la cui vita era stata stroncata per darne alla luce un'altra.
"Sono qui" le disse quindi, stringendole con forza la mano, cercando di trasmetterle tutto il suo supporto.
Sapeva che non gli sarebbe stato permesso restare durante il parto, che sarebbe stato messo alla porta con le parole: questa non è una questione da uomini, ma decise che sarebbe stato al fianco della moglie almeno fino all'arrivo del medico.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora