Capitolo 32

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"Stai attenta sorella, promettimelo" le disse Howard per l'ennesima volta quella mattina, ancora titubante nel lasciarla partire.
"Te lo prometto" replicò lei probabilmente per la centesima volta, mentre puntava lo sguardo verso la porta nella speranza che Wilson venisse ad annunciare al più presto che la carrozza era pronta.
"E tu proteggila a tutti i costi, non voglio che finisca uccisa da qualche antica trappola egizia" aggiunse poi rivolgendosi ad Edward con un'occhiata piuttosto grave.
"Credo che questo sia mio preciso dovere dal giorno in cui l'ho sposata" affermò il marito, staccando a malapena lo sguardo dall'orologio, chiedendosi dove diavolo fosse finita la loro vettura.
"Sono perfettamente in grado di esplorare una tomba senza che questo sia un suicidio, la guida di sopravvivenza è tutta qui" disse Juliet, poggiandosi l'indice sulla tempia "Sono di certo la più qualificata per questo genere di cose, e sarò accompagnata anche da altrettanto validi esperti."
"Mi preoccupo per te, mi sembra del tutto naturale Juliet."
Il maggiordomo entrò in quel momento per annunciare che la carrozza era pronta, e tutta la famiglia si riversò quindi in strada per salutare la coppia in partenza.
"Stai attenta, va bene?" disse sua madre abbracciandola.
"E scrivici quando sarai arrivata" aggiunse il padre, abbracciando la figlia a sua volta.
"Lo farò."
"Se trovi qualcosa di prezioso, sorella, credo dovresti regalarmelo" Raphael la fece sorridere, stringendola poi affettuosamente.
"No, dovrei riceverla io, sono di certo più meritevole" si intromise Frederick, allargando le braccia per abbracciare la cugina.
"Solo se tu mi scriverai regolarmente per tenermi aggiornata sui pettegolezzi" replicò lei, stringendo il cugino come non succedeva più da anni: in fondo non erano cambiati da quando erano bambini.
"Non vorrai dimenticarti di me Juliet!" esclamò Daniel, incrociando le braccia e mettendo su un mezzo broncio.
"Certo che no!" Dichiarò lei, stringendolo calorosamente.
Salutò quindi la nonna, che l'assillò per qualche minuto con consigli e avvertimenti, per poi passare a Ludovic e agli zii, che fortunatamente non la trattennero a lungo. Alla fine rimase solo Howard, che la guardò sorridendo, aspettando che lei dicesse qualcosa.
"Mi mancherai fratello."
"Tu mi mancherai certamente di più" replicò lui, stringendola poi fra le braccia più a lungo di tutti gli altri "Fai in modo che non ti capiti nulla, ma divertiti, so che questo è sempre stato il tuo sogno."
Sciolsero poi riluttanti l'abbraccio, guardandosi negli occhi senza dire una parola.
Juliet inspirò poi profondamente, prima di aggiungere:
"Ci vediamo presto, questi mesi voleranno, ne sono certa."
Strinse quindi la mano di Edward che la condusse fino alla carrozza, e una volta dentro sorrise ancora alla sua famiglia, salutando tutti con la mano, sorridendo poi al marito seduto di fianco a lei: l'avventura era appena iniziata.

L'Hermes non era una nave molto grande, appariva infatti minuta rispetto agli imponenti velieri ormeggiati lì vicino, ma era molto più agile e veloce di tutte le altre, come il capitano, Lord Morris, aveva tenuto a specificare.
Gabriel Morris era un uomo piuttosto anziano, aveva circa l'età della nonna, e aveva servito per gran parte della sua vita nella marina di Sua Maestà, acquistando gradi sempre più alti: era infatti stato congedato con tutti gli onori e aveva ricevuto poi il titolo di barone per i servigi prestati alla corona. Il suo vero amore però era restato il mare, e, appena aveva potuto, aveva comprato una nave per viaggiare, oltre che per aumentare le sue finanze tramite il commercio. Insomma, era il miglior capitano che Edward avrebbe potuto ingaggiare per quel viaggio, con un'esperienza che in pochissimi avrebbero potuto vantare.
"Lord Stamford, Lady Stamford" disse piegandosi elegantemente in un profondo inchino, appoggiandosi al suo bastone in ebano "benvenuti a bordo dell'Hermes."
Gabriel fece quindi attraversare loro il ponte, su cui l'equipaggio si affaccendava in vista della partenza, camminando con prudenza sulle sue gambe tremanti e decantando le qualità della nave fino a condurli al castello di poppa, dove la loro cabina era situata.
"Non è molto grande, ma vi assicuro che è più comoda di quanto possiate immaginare" disse il capitano, spalancando la porta della loro stanza, che effettivamente appariva piccola, ma allo stesso tempo confortevole, e con tutto lo spazio necessario per svolgere le solite attività giornaliere. C'era un letto piuttosto spazioso, delle poltrone ed un tavolino dove avrebbero potuto prendere il tè, una bella scrivania e delle scaffalature su cui erano riposti alcuni volumi, i bauli con i loro vestiti erano stati posizionati ai piedi del letto e c'era un separè dietro cui avrebbero potuto cambiarsi.
"Vi ringrazio capitano, è davvero graziosa" rispose Juliet sorridendo, mentre tornavano sul ponte, pronti per salpare.
"Gli assomigliate sapete?" disse l'anziano, avviandosi verso il timone.
"Come?" La ragazza si voltò verso di lui, attendendo una risposta.
"A vostro nonno, che Dio l'abbia in gloria. Ero un sottufficiale sulla nave di cui lui era capitano, una vita fa ormai, era probabilmente il miglior marinaio che avessi conosciuto, e molti erano convinti che sarebbe presto stato nominato ammiraglio, ma purtroppo fu costretto a tornare coi piedi sulla terra ferma per prendere possesso delle sue proprietà in quanto nuovo conte di Halifax. Voi gli somigliate molto Lady Stamford, avete il suo stesso sguardo, lo sguardo di chi non può essere rinchiuso in gabbia, anche se questa fosse dorata. Siete nata per l'avventura, come lui."
Lord Morris appoggiò saldamente le mani sul timone, discutendo poi per qualche momento con il primo ufficiale per assicurarsi che fossero effettivamente pronti a levare l'ancora.
"Bene, allora portiamola in mare" disse sorridendo, una volta ricevute tutte le conferme, le vele vennero spiegate e tutto l'equipaggio si mise al lavoro: in poche elaborate manovre furono fuori dal porto, con la distesa d'acqua salata ad aprirsi davanti a loro, perdendosi oltre l'orizzonte.
Negli occhi del capitano si leggeva chiaramente tutto il suo amore per il mare, mentre l'aria salmastra gli scompigliava i capelli bianchi raccolti in una coda e sul viso abbronzato gli si dipingeva un'espressione puramente appagata.
Juliet inspirò, e a passi leggermente instabili a causa delle onde si avviò verso la prua della nave, appoggiandosi poi con attenzione al parapetto, osservando l'acqua blu come uno zaffiro, che si apriva spumeggiante sotto il veliero.
Il vento leggero le accarezzava il viso, le arruffava i capelli, e Juliet si rese conto che quello era tutto ciò che aveva sempre sognato, che quello era il sapore della libertà ed era anche più dolce di quanto avesse immaginato.
Aveva lasciato la sua gabbia e preso il volo, e la sensazione era semplicemente magnifica, come se avesse potuto fare qualsiasi cosa.
Il mare si apriva davanti a lei, mentre la costa dell'Inghilterra spariva alle loro spalle, ormai quasi del tutto invisibile, e al di là di quella infinita distesa azzurra che andava a fondersi col cielo c'era un intero nuovo mondo da scoprire.
"Non è meraviglioso?" Chiese voltandosi, una volta resasi conto della presenza del marito alle sue spalle."Non sono mai stata più in là della Scozia, non ho mai messo piede sul continente, e guardami ora: attraverso un mare intero per approdare in una terra lontana e in un certo senso misteriosa."
Edward le cinse la vita, attirandola a sé con dolcezza, lasciando che il suo odore, che andava già a mischiarsi con quello frizzante dell'aria di mare, gli invadesse le narici.
"Questo renderà il viaggio un'avventura ancora più grande, ne sono certo" replicò quindi, godendosi a sua volta quella sensazione di libertà, che stava andando ad impossessarsi di ogni fibra del suo essere.
Al calare del sole la loro andatura dovette rallentare per procedere in tutta sicurezza, e i due furono invitati a cenare con il capitano. Una cosa informale, riferì loro il membro dell'equipaggio incaricato di recapitare il messaggio.
Juliet decise di cambiarsi, indossando un abito in seta blu, semplice, ma comunque molto elegante, che le dava un'aria raffinata e decisamente più matura rispetto a quel suo solito aspetto sbarazzino che ricordava molto di più quello di una ragazzina.
Edward invece pensò che non valesse la pena scomodare il suo valletto per un cambio d'abito: la vita in mare era spartana dopotutto, ed era sicuro che Lord Morris non si sarebbe offeso. In ogni caso era comunque troppo occupato nell'assicurarsi che tutte le carte che probabilmente sarebbero tornate utili una volta giunti a destinazione fossero in ordine, non voleva avere sorprese poco gradite all'ultimo momento.
Camille, che aveva deciso di seguire i due in quel viaggio, finí di vestire la sua padrona, congedandosi poi in fretta, lasciando la cabina.
Edward lasciò dunque perdere tutte quelle scartoffie e portò lo sguardo sulla moglie, che era meravigliosa, spendente come una pietra preziosa accarezzata dai raggi del sole. Era davvero felice, si riusciva a leggerlo perfettamente sul suo viso, e quella felicità sembrava avvolgerla in una specie di aurea, come quella che si forma intorno alla luna, facendola somigliare a una dea.
Si alzò e le prese le mani, baciandole poi entrambe.
"Sei bellissima" le disse, posando poi le labbra su quelle di lei, rubandole un bacio.
Juliet sorrise.
"Spero solo non sia troppo, ma non avevo idea di che indossare, il galateo non dice nulla su come ci si dovrebbe vestire per una cena informale su una nave. Voglio dire, questo abbigliamento sarebbe considerato informale a Londra, ma qui..."
Edward fu costretto ad appoggiarle un dito sulla bocca per farla tacere, non voleva che la moglie si facesse troppe paranoie, rischiando per di più che decidesse di cambiarsi di nuovo.
"Sei perfetta, credimi" aggiunse poi, prendendola quindi sottobraccio, e conducendola dunque a una piccola stanza, facente parte della cabina del capitano, che era adibita a sala da pranzo.
Le pareti erano decorate da pannelli in legno intagliato e da alcuni dipinti a tema marino opera dello stesso Lord Morris, la tavola in legno pregiato e apparecchiata con eleganza utilizzando un raffinato servizio in argento. Infine un candelabro in uno stile che appariva orientale, scolpito finemente, dominava la scena, illuminando con un bagliore rossastro la tavola imbandita.
Il capitano accolse i due con grande calore, e riuscì ad intrattenerli per tutta la cena raccontando vecchie storie di pirati o aneddoti di quando ancora serviva nella marina di Sua Maestà, parlando di navi leggendarie, arrivando poi a parlare di alcuni dettagli del viaggio più specifici e di cui Juliet non era a conoscenza.
"Oh, quindi potremmo vedere anche Roma" disse Juliet, tentando di controllare l'entusiasmo e di restare composta.
"Credo che potreste Milady, fermeremo in un porto non troppo distante per un paio di giorni per fare rifornimento" rispose il capitano, mentre si affaccendava a pulire per bene il pesce che stava mangiando.
Lo sguardo della donna si illuminò, e subito si rivolse sorridente al marito, che la guardò pieno d'amore, pronto a concederle qualsiasi cosa gli avesse chiesto.
"Edward, dobbiamo assolutamente visitare le antiche rovine romane, ti prego, quelle nelle vicinanze dell'anfiteatro magari... Sarebbe assolutamente meraviglioso," continuò poi, parlando questa volta anche al loro ospite "mio zio portò un meraviglioso dipinto realizzato da un artista locale al ritorno dal suo grand tour, lo conserva all'entrata della sua abitazione a Londra, sapete Lord Morris, l'ho sempre trovato davvero meraviglioso, quasi magico."
Lui appoggiò quindi la sua mano su quella di lei, certo che l'unica cosa di cui realmente aveva bisogno fosse quello splendore negli occhi della moglie, sorridendole poi con dolcezza.
"Ci andremo," disse, stringendole con calore le dita "so che ti renderà felice."

Qualche giorno più tardi Juliet non riusciva a stare ferma nella carrozza che stava conducendo lei ed Edward dal porto a Roma, la meravigliosa ed eterna Roma.
Continuava a sporgersi dal finestrino, inquieta, volendo osservare le rovine apparirle davanti agli occhi, decisa a non perdersi il minimo dettaglio.
"Quei monumenti non crolleranno proprio ora, sono lì da quanto?" Disse Edward, poggiandole una mano sul braccio, e lei tornò per un momento a stare seduta in modo composto e tranquillo.
"Quasi duemila anni direi..." rispose di botta "e comunque potrei avere una grande sfiga: potrebbe arrivare un terremoto e buttare tutto giù."
"Quante probabilità sarebbero?"
Juliet fece le spallucce e si morse il labbro inferiore.
"C'è pur sempre una percentuale, anche se minima."
La donna tornò quindi a scrutare fuori dal finestrino, ad osservare i palazzi bianchi che si susseguivano l'uno dopo l'altro. In un momento poi il paesaggio cambiò, si ritrovarono avvolto dal verde rilassante degli alberi, e notò alcune rovine fare capolino fra la natura. Infine lo vide, stagliarsi imponente, stabile, davanti a sé, e Juliet si ritrovò a trattenere il fiato: il Colosseo era lì davanti a lei, ancora maestoso nella sua decadenza, il simbolo di un impero, della sua potenza, che mai sarebbe stata dimenticata.
"Fermate vi prego!" Esclamò rivolgendosi al cocchiere, sapendo che non avrebbe sopportato di starsene chiusa in quella carrozza un momento di più.
Si sbrigò quindi a spalancare la portiera e a balzare giù dalla vettura mentre questa non era ancora del tutto ferma.
Edward scosse la testa sorridendo, aspettò che la carrozza frenasse, si sistemò il cappello in testa e dunque corse dietro alla moglie, che si era appena bloccata per osservare nella sua interezza l'antico anfiteatro.
Quando la raggiunse lei si voltò verso di lui, andando a prendergli il braccio, stringendosi quindi leggermente al marito.
"Non è fantastico?" Domandò, iniziando a camminare seguendo il perimetro del monumento.
"Camminiamo sulla stessa strada su cui gli antichi romani camminarono secoli prima di noi, vediamo ciò che loro vedevano, provando di certo le loro stesse emozioni, questo senso di... stupore, di meraviglia davanti ad un simile capolavoro."
Juliet faceva scorrere lo sguardo sulla sinuosa struttura ad archi dell'anfiteatro, tentando di immaginarlo in epoca imperiale, prima che venisse sfregiato, quando ancora era ricoperto dai bei marmi e parte della struttura più esterna non era ancora crollata: doveva apparire come una perla nel centro della città.
Allo stesso tempo le vennero in mente le rappresentazioni mostruose che erano avvenute in quel luogo, immaginò le urla, il sangue, il dolore, di cui tanto aveva letto negli scritti latini, e rabbrividì, scuotendo poi la testa per scacciare quelle immagini. Non avrebbe dovuto scordarsi che dopotutto ogni rosa aveva le sue spine, che dietro i bei petali rossi ed eleganti si nascondevano spine che facevano sanguinare, così come dietro quella facciata marmorea e meravigliosa si nascondeva tanta sofferenza.
Camminarono molto, passando sotto le arcate del Colosseo raggiungendo quella che una volta era stata l'arena, e Juliet poté ammirare ogni singolo dettaglio dell'anfiteatro da una nuova prospettiva. Passarono sotto l'arco di Costantino, e poi per quello di Tito, e al tramonto avevano raggiunto dei bei giardini situati sul Palatino.
Erano circondati da storia, da antichi resti romani, e Juliet era convinta che sotto i loro piedi ci fossero altrettanti tesori che aspettavano solo di essere riportati alla luce, che avevano molto da raccontare.
Inspirò sedendosi su una panchina in pietra, chiudendo gli occhi e lasciandosi accarezzare la pelle dalla luce rossastra del sole, voltandosi poi osservando nuovamente il simbolo della potenza romana colorarsi di arancione sotto i raggi del giorno che andava a spegnersi. Appoggiò quindi il capo sulla spalla di Edward, guardando davanti a sé: il profilo della città di Roma, con le cupole delle chiese ad accarezzare il cielo, si apriva davanti ai suoi occhi in un insieme di sublime bellezza.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora