"Quanto durerà?" Fu la prima domanda di Frederick appena messo piede nel teatro.
"Non lo so, qualche ora suppongo" rispose Juliet, guardandosi intorno alla ricerca di Edward.
Suo cugino sbuffò: odiava i concerti.
"Sapevo che dovevo darmi per malato."
"Nonna ti avrebbe comunque trascinato fino a qui probabilmente" fece Juliet rivolgendo un'occhiata eloquente verso l'anziana donna.
Risero entrambi di gusto.
"Miss Byrne" disse poi una voce alle sue spalle, facendo sfumare le risate, Juliet si voltò.
"Lord Stamford, ormai non vi aspettavo più" rispose lei.
"Così mi dipingete come se non avessi onore, vi avevo promesso che ci sarei stato."
"Io vado a prendere da bere" si intromise per un momento Frederick, dirigendosi poi, quasi correndo, verso il tavolo del buffet.
Per un momento lo sguardo della ragazza ricadde su sua nonna e i suoi genitori, che conversavano con alcuni gentiluomini, ogni tanto puntavano gli occhi verso di lei, facendole capire di essere il centro di quel discorso.
Ad ogni occhiata si sentiva soffocare.
Non riusciva a sopportare tutta quell'attenzione riversata su di lei, non che fosse una cosa cattiva, anzi, aveva molta più scelta, ma il fatto che tutti la volessero per sé le impediva di ragionare lucidamente.
Per un momento pensò di scappare via, da quel posto, da quella città e da tutte le regole della società, le sue gambe però la tennero ancorata lì dov'era.
"State bene Miss Byrne?" Le chiese Edward, di certo la sua espressione non esprimeva pura gioia.
"È solo che mi sembra già di non riuscire più a sopportare tutto questo... Ho di certo bisogno di un po' d'aria" rispose lei, guardandosi intorno alla ricerca di un posto tranquillo, dove poter sfuggire alle attenzioni almeno per qualche momento.
"Potrei accompagnarvi fuori per qualche minuto"
"No... Se qualcuno ci trovasse lì soli nascerebbe uno scandalo."
"Insisto, non vorrei vi sentiste male."
"Saremmo rovinati se qualcuno ci vedesse" ribattette Juliet con più determinazione, fissando l'altro negli occhi, e si sentì rabbrividire, che cosa l'aveva turbata tanto in quelle iridi scure come l'angolo buio di una segreta?
C'era qualcosa nello sguardo di lui... Le parve così diverso da quello che ricordava.
"Non accadrà."
La prese a braccetto, conducendola verso il tavolo del buffet, offrendole quindi dello champagne, così che nessuno sospettasse che stavano per sgattaiolare via dall'uscita secondaria che si trovava proprio lì a fianco. Finito di bere Edward si diede una veloce occhiata intorno, assicurandosi che nessuno badasse a loro, per poi trascinarla per tantissimi corridoi fino a condurla all'esterno.
Stava per chiedergli come mai conoscesse così bene quel teatro, ma poi si rispose da sola: non era inusuale che i gentiluomini avessero relazioni con donne che lavoravano nel mondo dello spettacolo.
Lei stessa aveva sorpreso il fratello con una cantante qualche mese prima, e lo stava tenendo nascosto a tutti, visto che Howard aveva promesso che avrebbe partecipato ad ogni evento mondano con lei se avesse tenuto la bocca chiusa, l'era sembrato un buon accordo.
Inspirò profondamente l'aria fresca della notte, alzando poi gli occhi verso il cielo, osservando le stelle.
Fu in quel momento che Edward la studiò realmente per la prima volta, guardandola non più come la sorellina di un caro amico, ma come la giovane donna che era: la trovava molto bella in realtà.
Juliet non corrispondeva esattamente ai canoni estetici dell'epoca: aveva la pelle olivastra, di certo ereditata dal nonno che, come la contessa usava dire sempre, aveva passato troppo tempo sotto il sole, aveva addirittura sentito qualcuno lamentarsi del fatto che il suo sguardo fosse troppo vivace, segno di un'eccessiva istruzione, che spesso dava molto fastidio ai gentiluomini.
Per Edward però era il contrario: trovava quella ragazza interessante, era certo che ne sapesse molto più di lui su certi argomenti, e la osservava incuriosito mentre esaminava attentamente la volta celeste, che si rifletteva brillante in quel suo sguardo vivido.
"Vedete quelle tre stelle?" gli chiese lei ad un tratto indicandogli un punto nel cielo "Formano la cintura di Orione... Sapete, in certi periodi dell'anno quelle tre stelle si posizionano esattamente sulla sommità di ognuna delle tre piramidi di Giza, non è incredibile? Ritengo che gli antichi, per quanto sembri assurdo, avessero una conoscenza dell'astronomia molto più approfondita della nostra."
Sì, era proprio quel suo spiccato intelletto a dare fastidio alla maggior parte degli uomini, era difficile per loro credere che una donna fosse più intelligente di loro, lui però provava esattamente l'opposto: era affascinato dalle sue parole.
Il suo sguardo si fissò poi sulle labbra di lei, rosee, che apparivano morbide come i petali di un fiore appena sbocciato, si chiese come sarebbe stato accarezzarle con le sue.
Scosse la testa, no, non era quello che voleva, doveva essere soltanto un qualche suo istinto maschile risvegliatosi al stare da solo, avvolto dal velo dell'oscurità, con quella ragazza, che doveva ammettere, era piuttosto avvenente.
Oh, se proprio hai bisogno di un bacio lascia questo stupido evento e dirigiti dalla tua amante! Pensò, parlando a se stesso, rendendosi conto che quella prospettiva non lo allettava più come una volta.
La bocca semiaperta e lo sguardo incantato di quella ragazza invece lo tentavano eccome.
"Dovremmo rientrare" si costrinse a dire mentre ancora rifletteva sulla possibilità di lasciare un veloce bacio sulle labbra di Juliet, erano però fuori già da qualche minuto e presto la loro assenza sarebbe stata notata.
"Sì, avete ragione... Scusatemi, mi sono persa nei miei pensieri" rispose l'altra.
"No, non scusatevi... Ho trovato quello che avete detto molto interessante."
"Realmente?" Chiese Juliet, mentre tornavano all'interno "Di solito la gente lo trova, come dire... fastidioso."
"Miss Byrne, di certo voi siete molte cose, ma certamente non siete fastidiosa."
Le sorrise, erano ormai giunti nuovamente il tavolo del buffet.
Proprio in quel momento Howard li raggiunse:
"Eccoti, non riuscivo a trovarti da nessuna parte sorella... Avrei dovuto sospettare che stavi conversando con Lord Stamford, sembra esserci intesa tra voi due ultimamente."
"Il fatto è che in tutta Londra lui sembra essere il solo gentiluomo con cui sia possibile avere una conversazione decente" rispose lei, impostando la voce in un modo molto teatrale.
"Lo prenderò come un complimento" intervenne il diretto interessato.
"La nonna ci invita a raggiungerla nel nostro palchetto" concluse infine Howard.
Juliet annuì, congedandosi quindi con Edward, seguendo poi il fratello fino ai loro posti.
Poco dopo il concerto iniziò e Juliet si lasciò trasportare dalla musica, e fu come se non si trovasse più in quel teatro, ma in un luogo dove aveva la piena libertà, dove non doveva sottostare alle rigide regole della società. Probabilmente era quello il motivo per cui amava Vivaldi così tanto, per il fatto che la sua musica riuscisse a farla staccare dalla realtà per un po'. Immaginava sempre di essere in un bel campo fiorito e di ballare lì, nel modo in cui voleva, a piedi nudi e magari anche sotto la pioggia.
Non sapeva se avrebbe mai provato una cosa del genere, ma le sembrava una bella sensazione.
Sorrise, osservando i violinisti, concentrati sui loro spartiti, suonare con passione, trasportati completamente dalla melodia che stavano eseguendo.
Per un istante incontrò lo sguardo di Edward, seduto da solo nel suo palchetto, le apparì talmente triste...
Forse avrebbe dovuto invitarlo a sedersi con la sua famiglia, il problema era che il loro palchetto era fin troppo affollato, era di certo strano che questo non fosse ancora crollato sotto tutto quel peso.
"Sorella, sei davvero sicura che non ci sia nulla fra voi due?" Le chiese Howard proprio mentre la sua sezione preferita dell'Inverno veniva eseguita, avrebbe voluto ignorarlo, però si sentiva anche in dovere di difendersi.
"Davvero credi non sappia quali sono i miei sentimenti? Non sono così stupida fratello... anche se probabilmente lo stesso non vale per molte delle signorine qui a Londra, non concordi?" Rispose quindi, allungando leggermente il collo in quel modo altezzoso, che utilizzava sempre quando voleva mostrarsi sicura.
"Probabilmente hai ragione, molte di loro sembrano non avere nemmeno mezzo cervello."
"Ti assicuro che lo stesso vale per i gentiluomini. Lord Stamford è tuo amico, quindi di certo saprai che non ha intenzione di sposarsi nell'immediato futuro e che, in tale eventualità, di certo non sceglierebbe me... Certamente è molto più interessante della maggior parte degli uomini che ho conosciuto fino ad ora, e mi ascolta realmente quando parlo, dà un peso alle mie parole, oltre a essere un buon amico della nostra famiglia. Mi piace passare il tempo con lui, e in questo modo non sono costretta a starmene in un angolo della sala, cercando di sfuggire alle troppe attenzioni a me riservate, ad ogni evento mondano... per di più la nonna dice sempre che dove va un corteggiatore lo seguono tutti gli altri."
"Di certo un'ottima tesi Juliet, ed esposta davvero in modo eccellente, il problema è che se gli altri gentiluomini iniziassero a pensare che le sue intenzioni siano realmente serie potrebbero lasciarti perdere, il che sarebbe un vero disastro."
"Questa parte posso gestirla da sola, stai tranquillo... Avrò un marito entro la fine della stagione, posso assicurartelo."
Chiusero lì quella conversazione.
Durante la pausa scambiò qualche parola con Lord Lewis, forse l'unico corteggiatore degno di nota sulla sua lista, colui che le appariva come la scelta migliore.
Doveva di certo far crescere il suo interesse durante quelli che sarebbero stati i prossimi eventi mondani, non che c'è ne fosse un vero bisogno in realtà.
"Juliet! Eccoti!" Esclamò Alexandra, Miss Hamilton, venendole incontro: avevano deciso di abbandonare le formalità, erano molto simili, e di certo sarebbero diventate buone amiche, ad entrambe era sembrato giusto considerarsi ormai intime, era bastato solo un pomeriggio in una sala da tè insieme per farle diventare inseparabili. Per di più di certo non capitava tutti i giorni di doversela vedere con due gentiluomini incapaci di trovare un compromesso, come era accaduto al ballo a casa Halifax.
Dopo un simile evento non si poteva considerare una persona come soltanto un conoscente.
"Che succede?" Le chiese quindi lei facendo un passo in avanti, prendendole le mani fra le sue: l'amica le sembrava davvero scioccata.
"Un disastro, un vero disastro! Oh Dio, non so nemmeno da dove iniziare..."
"Forse dovresti rilassarti un po', prendi un respiro profondo."
Alexandra fece proprio come l'amica le aveva suggerito.
"L'altro giorno stavo passando vicino all'ufficio di mio padre e senza volerlo l'ho sentito parlare con Lord Wright" raccontò quindi.
"Lord Wright? Il vecchio sdentato in disperato bisogno di una moglie?"
"Esattamente lui... Comunque li ho sentiti parlare e lui stava chiedendo la mia mano, capisci? Vuole sposarmi, e mio padre sembrava d'accordo."
Per un momento le sembrò che l'amica fosse in procinto di accasciarsi a terra.
"Oh Juliet, non so che fare" Alexandra si prese il viso tra le mani, trattenendo a stento le lacrime.
"Potresti rifiutare, sono certa che qualcun altro si farà avanti" provò quindi a rassicurarla lei.
"Non ho molti corteggiatori, sei tu il premio più ambito quest'anno, noi altre, soprattutto quelle considerate meno avvenenti, per un motivo o per l'altro, siamo invisibili, e poi potrebbe essere la mia unica possibilità: sono già alla mia seconda stagione".
Juliet per un momento rimase in silenzio, riflettendo, tentando di trovare una soluzione a quel problema, non riuscì però a venirne a capo.
"Troveremo un modo per sistemare tutto" disse infine, prendendo nuovamente le mani dell'altra fra le sue, stringendole in modo rassicurante, prima di tornare al suo posto: il concerto stava per riprendere.Rincasarono piuttosto tardi, Juliet non aveva idea di come facesse a tenere ancora gli occhi aperti.
"Credo che dovremmo concederci qualche ora di sonno in più questa notte, essere assonnati non ci porterà di certo a risultati questa stagione" affermò la nonna.
Tutti sembrarono felici di quella scelta, e lei sperava anche di evitare la solita visita mattutina di quella schiera infinita di gentiluomini.
"Potremmo partecipare alla corse domani pomeriggio, se passiamo la mattina a rilassarci" suggerì poi suo padre.
"Mi sembra un'ottima idea Peter... potrebbe aiutarci ad avere successo questa stagione, Juliet, cara, potresti scegliere un accompagnatore."
"Credo che Lord Lewis possa essere una buona scelta" rispose lei: aveva capito che forse quello era il suo unico modo di fare un matrimonio che si potesse considerare quantomeno decente.
"Lord Lewis?" Le domandò la contessa poco convinta "Credevo che la tua scelta sarebbe ricaduta su..." lasciò la frase a metà, cosa del tutto inusuale per lei "Fa niente, Lord Lewis è un buon partito dopotutto, gli farò inviare un messaggio."
Il viaggio poi proseguì in silenzio.
Una moltitudine di pensieri le ronzavano in testa, e all'improvviso si chiese se avesse davvero fatto la scelta giusta con Lord Lewis, se fosse davvero giusto puntare su di lui, forse stava agendo troppo in fretta, ma le sembrava non ci fossero altre soluzioni: doveva trovarsi un marito.
Provò ad immaginarsi il futuro con quell'uomo: sarebbe di certo stato gradevole passare il tempo con lui, avevano gli stessi interessi e avrebbero avuto conversazioni molto interessanti, avrebbero viaggiato molto, avrebbe visitato dei posti meravigliosi, eppure qualcosa in quella visione non le piaceva, tutto le appariva come spento.
Forse perché mancava la fiamma dell'amore ad illuminare quella stanza buia, ma l'amore, o qualcosa di simile, poteva nascere anche successivamente, giusto?
Era certa che se si fosse concessa qualche altra settimana per conoscerlo meglio lo avrebbe apprezzato fino in fondo, e una volta giunta all'altare sarebbe stata felice per ciò che il futuro le avrebbe riservato.
Cercò quindi di mettere cuore e mente in pace.
Quando giunsero a casa la situazione tra i domestici, di cui la maggior parte avrebbe già dovuto trovarsi a letto, era piuttosto caotica.
Tutti poi notarono una cosa piuttosto insolita: le luci nella camera del conte erano accese, e, visto che un'improvvisa voglia di pulizia notturna era da escludere, c'era una sola spiegazione: lo zio Michael era tornato.
Increduli si affrettarono quindi ad entrare in casa, trovando il salotto colmo di bagagli, effettivamente il nuovo conte non tornava a Londra da almeno un paio d'anni.
"Wilson!" Chiamò la contessa a gran voce "Che diavolo sta succedendo qui?" Continuò poi appena il maggiordomo le comparve davanti.
"Lady Halifax, bentornata, spero che il concerto sia stato di vostro gradimento" l'uomo si stava perdendo troppo in convenevoli, forse non avendo pieno coraggio per darle quella notizia.
"Wilson, rispondi alla mia domanda" l'anziana gli scoccò quindi una di quelle sue occhiatacce gelanti.
"Milady, vostro figlio, il conte, è appena rientrato a casa, e vi informa tutti che non vede l'ora di rivedervi, ma che essendo molto stanco dopo il lungo viaggio vi incontrerà domani mattina a colazione."
Il maggiordomo deglutì quindi rumorosamente, preoccupato, aspettando la reazione certamente devastante della donna, la quale per un momento sembrò sul punto di esplodere, per poi, con grande sorpresa di tutti, ritirarsi nelle sue stanze senza nemmeno dire una parola.
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Fiori di Luna (in revisione)
Historical FictionNon riuscì a ribattere, la sua bocca rimase semiaperta, ed Edward non riusciva a staccare lo sguardo da quel viso angelico, da quelle labbra rosse che imploravano di essere baciate. Non potè trattenersi, gli fu impossibile, annullò la distanza fra i...