Quella mattina fu svegliata da una folata di vento freddo che entrò nella stanza dalla finestra rimasta aperta: aveva iniziato a piovere, e la calura della notte precedente aveva lasciato spazio ad un clima molto più fresco.
Si alzò quindi per richiuderla, un po' dispiaciuta del fatto di non essersi risvegliata con Edward al suo fianco, pur capendo perfettamente perché avesse dovuto tornare nella sua stanza, quel fatto però la faceva sentire come se ciò che era accaduto la sera precedente fosse stato soltanto un sogno.
Notò il nastro che le aveva tenuto legati i capelli sul pavimento e lo raccolse, pensando che di certo Camille avrebbe trovato sospetto ritrovarlo lì e vedere lei con i capelli sciolti. Si sistemò davanti alla specchiera, dandosi un paio di colpi di spazzola, prima di intrecciare nuovamente la lunga chioma.
A quel punto non potevano più esserci segni evidenti di ciò che era avvenuto, tranne...
Si accigliò leggermente, avvicinandosi quindi al suo letto, scostando completamente le coperte, ed eccole lì: due piccole macchioline di sangue ad attestare la perdita della sua verginità.
Qualcuno se ne sarebbe di certo accorto prima o poi, nel cambiare le lenzuola, e lei che cosa avrebbe detto?
Doveva inventarsi qualcosa al più presto, avere pronta una risposta credibile quando le avrebbero fatto domande.
Avrebbe potuto dire di essersi tagliata con la carta delle pagine di un libro, ma quello era fin troppo sangue per un piccolo taglio superficiale.
Forse sarebbe stato meglio dire che quel mese le mestruazioni le erano giunte in anticipo, pregando allo stesso tempo che iniziassero il giorno successivo, perché sarebbe di certo parso strano che queste le durassero per settimane, e a quel punto la nonna avrebbe chiamato il medico per farla visitare e tutti avrebbero potuto scoprire per caso che era stata compromessa.
Sospirò: avrebbe detto di essersi tagliata in qualche modo.
Nel mentre avrebbe cercato di nascondere quelle macchie, se le fosse andata bene nessuno avrebbe notato nulla fino al ritorno a Londra, e a quel punto nessuno avrebbe più fatto domande.
Si rimise quindi a letto, facendo finta di dormire fino al momento in cui Camille venne a svegliarla, accendendo il caminetto nella sua stanza.
"È una mattinata piuttosto fredda" le disse, accertandosi che la legna iniziare ad ardere.
"Di certo..." rispose lei, tirandosi a sedere "Gradirei consumare la mia colazione in camera oggi."
La domestica annuì, dirigendosi fuori dalla camera di Juliet, la quale approfittò di quel momento per alzarsi dal letto sistemando le lenzuola in modo che le macchie di sangue fossero coperte.
Si sciolse poi la treccia, iniziando a spazzolarsi i capelli.
Camille tornò poco dopo con la sua colazione, mettendosi poi a sistemare il letto mentre Juliet mangiava, senza però smettere di parlare con la domestica, nel tentativo di distrarla abbastanza da fare in modo che non prestasse completamente attenzione alle coperte.
Quel suo piano parve funzionare: Camille non fece domande, il che le fece presumere che questa non ci fosse accorta di niente.
Indossò il primo vestito che le capitò davanti nell'armadio, facendosi poi acconciare i capelli in un semplice chignon, con un unico pensiero: incontrare subito Edward.
Scese quindi le scale iniziando a cercarlo per i vari salottini e poi nella sala da pranzo, forse stava ancora facendo colazione, ma ottenne scarsi risultati.
Si affacciò dunque nel salottino da lettura, dove però si trovava soltanto suo cugino intento a leggere qualcosa senza però prestarci troppa attenzione, o almeno così le parve.
"Daniel, hai visto Lord Stamford? Credo di starlo cercando da una buona mezz'ora ormai..." disse quindi, avvicinandosi a lui.
"Credo sia appena uscito" rispose Daniel, chiudendo il libro tenendo però un dito fra le pagine, usandolo come segnalibro.
"Per andare dove?"
"Sta partendo."
"Partendo? Per tornare a Londra?"
"Hanno detto che è stato richiamato in città per affari, non lo sapevi?"
"Stai scherzando?"
"Ti sembro forse Frederick? È lui quello che non parla mai seriamente, non di certo io cugina."
Lo fissò quindi per un momento con gli occhi spalancati, prima di raggiungere l'ingresso in tutta fretta, riuscendo ad intercettare Edward poco prima che salisse sulla sua carrozza.
"Edward!" Lo chiamò, scendendo di corsa i gradini collegati al pianerottolo di ingresso.
"Miss Byrne" disse lui, in modo fin troppo formale, come se quasi non la conoscesse, il che preoccupò leggermente Juliet.
"Non sapevo saresti ripartito in anticipo."
"È stata una decisione improvvisa signorina, presa giusto questa mattina."
"Ma... noi dovremmo parlare."
"E riguardo a che cosa?"
Juliet si accigliò, che cosa cercava di fare?
Perché faceva come se nulla fosse?
"Riguardo a quello che è successo la notte scorsa" rispose lei in tono duro, non poteva di certo considerare quello una cosa da niente.
Non era stata una cosa da niente, di certo non per lei santo cielo!
Aveva lasciato che prendesse la sua verginità, che le strappasse via ogni rimanenza di purezza, gli aveva dato il diritto di prendere una cosa che nessuno avrebbe mai dovuto nemmeno tentare di toccare ad eccezione del suo futuro marito.
Lo vide esitare un momento, per poi replicare:
"Quello che è accaduto la notte scorsa era... niente, non significava nulla."
"Edward, non fare così ti prego" disse lei, scuotendo la testa, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi.
"Ma questa è la verità, Miss Byrne."
"Perché mentire? Perché farmi sentire come una stupida, Edward? Non possiamo cancellare ciò che abbiamo fatto, non possiamo far finta di niente... Non cercare di negarlo, non mentirmi... Tu... tu avevi giurato che mi avresti detto la verità."
"Devo andare."
"Avevi promesso che saresti rimasto al mio fianco..."
Lui fece un passo verso la carrozza, ma Juliet lo afferrò per un polso, costringendolo a guardarla nuovamente, a guardarla mentre il suo cuore si spezzava.
"L'avevi promesso!"
"Io..."
"Avevi detto che non saresti mai scappato da me eppure è ciò che stai facendo!"
"Mi dispiace..." e Juliet seppe che alla fine di quella frase ci sarebbe dovuto essere il suo nome, che però rimase bloccato nella gola di Edward "Mi dispiace" ripetè dunque, strappandosi dalla sua presa, salendo in carrozza: non se la meritava, era soltanto un codardo, incapace di prendersi la responsabilità delle conseguenze delle sue azioni.
Aveva appena spezzato il cuore della donna che amava.
Le lacrime presero a scorrerle sul viso prima ancora che si rendesse conto di star iniziando a piangere, il cuore prese a farle male, come se stesse venendo dilaniato, spezzettato in mille parti, si portò una mano sul petto, ancora incapace di accettare ciò che accadeva proprio davanti ai suoi occhi come reale.
Fu il rendersi conto che quello non era un incubo a farle cedere le ginocchia, a farla cadere rovinosamente a terra.
"Juliet!" Esclamò Alexandra, che passava di lì per caso, correndo verso di lei preoccupata.
"Cosa è successo?" Le appoggiò le mani sulle braccia.
"Sono rovinata..." mormorò quindi in risposta Juliet, senza nemmeno trovare il coraggio di incrociare lo sguardo dell'amica "rovinata..."
Si scostò di dosso le mani dell'altra, rialzandosi in piedi, dirigendosi a passo spedito verso l'interno, quasi bloccandosi nell'udire la voce del fratello chiamarla, ma poi aumentò il passo: non voleva dare spiegazioni ad Howard.
Ma di certo lui non avrebbe mollato la presa, la seguì infatti fino in camera.
"Sorella, che cosa è successo?" Domandò con tono preoccupato e allo stesso tempo autoritario.
"Howard esci da qui, vattene!" Gridò lei, senza smettere di camminare agitata in giro per la stanza.
"Devi dirmi cosa è accaduto."
"Howard!"
"Sorella" disse, fermandola, prendendola per le spalle "dimmi la verità, ti ha compromessa?"
Juliet non replicò, ma Howard lesse la risposta chiaramente negli occhi di lei, e a quel punto non ci vide più dalla rabbia.
"Lo sfiderò a duello, lo sfiderò e lo ammazzerò! Quel figlio di puttana, come ha solo osato!"
"Howard..."
"Ti farò giustizia sorella."
"Howard no... non in questo modo, non risolveremmo un bel niente, potrei essere..." incinta, non ebbe il coraggio di aggiungere.
Suo fratello si fermò per un momento, sembrando intento a riflettere, togliendole per un momento lo sguardo di dosso.
"Dovrà sposarti allora, se non vorrà vedersi puntare una pistola contro..."
Ma Juliet non era del tutto d'accordo: non era certa dei voler passare il resto della vita con un uomo che continuava a farla soffrire, ma sapeva anche di non avere molte altre opzioni.
"Non puoi di certo corrergli dietro ora, sarebbe troppo evidente che tentiamo di nascondere uno scandalo, ho ancora del tempo... troverò un marito, un marito che mi ami realmente Howard, che mi apprezzi abbastanza da non scappare via..."
"Juliet!" Troppe voci che all'unisono gridarono il suo nome la fecero voltare.
"Stai di nuovo male tesoro mio? Ti gira la testa?" Chiese sua madre, cercando di avvicinarsi a lei, mente lei scuoteva il capo, facendo qualche passo indietro.
"No, deve entrarci Lord Stamford" disse Daniel, con tono di voce ben udibile.
Juliet l'avrebbe volentieri ucciso se solo fosse stata più lucida in quel momento.
"Lord Stamford?" Domandarono sua nonna e Frederick nello stesso momento, il secondo percependo odore di scandalo e volendo sapere ogni cosa all'istante.
"Cosa c'entra Lord Stamford?" Continuò quindi l'anziana.
"Lei stava giusto parlando con lui prima di..."
"Ora basta!" Esclamò Juliet con la testa che ora prendeva a girarle sul serio a causa dei suoi parenti "Fuori di qui, ora! Voglio stare sola, via! Via tutti!"
La sua famiglia lasciò quindi la stanza, con Howard che mormorava alla nonna delle spiegazioni sullo stato di Juliet inventate sul momento, e solo quando la porta fu chiusa lei si lasciò cadere sul letto, lasciandosi andare al pianto per qualche lunghissimo minuto.
Si riprese dopo un po', cercando di asciugarsi le lacrime, di stabilizzare il respiro, e fu a quel punto che iniziò a pensare a tutto ciò che era successo, tentando di trovare una risposta a quella fuga improvvisa del conte di Stamford.
Le aveva fatto credere che sarebbe stato suo, e lei se n'era convinta, le aveva detto di essere suo, che non l'avrebbe mai abbandonata, allo stesso tempo Howard l'aveva avvertita, le aveva detto di prestare attenzione, ma non aveva voluto dargli ascolto, aveva deciso di credere alla parole di Edward, senza più ragione lucidamente.
L'aveva fatta sentire desiderata, amata come non mai, in un modo che lei non avrebbe mai potuto immaginare, era stato come se avesse costruito una reggia soltanto per lei, e in quel momento rianalizzava ogni conversazione, cercando anche un solo brandello di verità nelle parole di lui.
Ripensò ai momenti in cui si era convinta che lui l'amasse: il mondo sembrava bruciare, invece ora tutto era finito, le bellissime fiamme rosse avevano lasciato soltanto un paesaggio incenerito, scolorito.
Era scappato, l'aveva abbandonata, dopo aver superato un punto da cui non si poteva tornare indietro, che avrebbe lasciato segni indelebili.
E ancora ripensò alle parole di Edward, alle sue parole della sera precedente, quelle parole così belle, poetiche e... vuote, completamente insensate!
Non avrebbe più fatto parte di quella storia, non ne aveva intenzione, e non avrebbe dato spiegazioni a nessuno, perché nessuno aveva diritti sul suo cuore, su i suoi sentimenti.
Non c'era bisogno di spiegazioni, la società non aveva diritto a spiegazioni.
Avrebbe lasciato la gente immaginare, immaginare ciò che era successo in quel preciso istante, nel momento in cui Edward aveva rotto il suo cuore, dilaniandolo senza pietà, quel cuore che lei gli aveva affidato piena di fiducia, fiducia che ogni parola da lui detta fosse vera, fiducia in un amore puro.
Si alzò di scatto, sentendosi come una lettera che veniva bruciata, perdendo tutto ciò che era stato scritto sulla carta, trasformandosi in qualcosa di completamente diverso, sentendosi come la quiete che tramuta in tempesta.
Lo sguardo le ricadde su quei mazzi di fiori essiccati che aveva portato ad Hathor House pensando che avrebbero fatto un bel effetto in camera sua, i fiori che Edward le aveva regalato.
Guardò poi il caminetto, le fiamme ardere potenti, e prese in mano le margherite regalatole soltanto qualche giorno prima, e senza pensarci due volte le gettò fra le fauci danzanti del fuoco, guardandole bruciare, trasformarsi in cenere.
Si sentì meglio, staccandosi sempre di più dalla persona che l'aveva usata come un gioco, che l'aveva tradita e rinnegata.
Fece lo stesso con un altro mazzo, e quello dopo ancora, finché dei fiori che lui le aveva regalato, dei loro significati senza senso, non rimase che cenere: Edward aveva perso ogni diritto sul suo cuore, aveva perso il posto al suo fianco, e non lo avrebbe mai più riconquistato, avrebbe conservato soltanto i ricordi, non ci sarebbe mai più stato altro.
Le sembrò di sentirsi bene nell' osservare le ceneri dei bei fiori, ma poi si accorse di sentirsi vuota: non avrebbe mai più avuto qualcuno al suo fianco, non lo voleva più, a costo di tirarsi da sola fuori da quella situazione, di gettare al vento la sua reputazione.
Una lacrima solitaria le scese sulla guancia: non aveva mai calcolato quell'aspetto dell'amore, non realmente almeno, non aveva mai creduto che avere il cuore spezzato potesse essere tanto brutto.
Almeno però si era finalmente svegliata da quel sogno che mai avrebbe potuto essere realtà, quell'illusione del vero amore, aveva capito come funzionava il mondo: c'erano solo inganni, e una volta ottenuto ciò che si voleva si scappava senza guardarsi indietro.
Non poteva fidarsi di nessuno, ormai l'aveva capito.
Sperò che Edward provasse almeno una parte del dolore che provava lei, che si pentisse quantomeno, che il pentimento gli pesasse sulla coscienza ogni momento di più, diventando un pensiero fisso, come se avesse commesso un enorme peccato, un peccato che lo avrebbe avvicinato sempre di più all'inferno.Edward nel mentre viaggiava nella sua carrozza, con Hathor House ormai invisibile alla vista, con Juliet che ormai era persa per sempre...
Guardava fuori dal finestrino, tentando di distrarsi, ma continuava a domandarsi se avesse realmente fatto la scelta giusta.
Forse non avrebbe mai dovuto andarsene, ma non aveva visto altra soluzione: non poteva sposarla, non sapendo che l'avrebbe delusa, lo faceva in continuazione.
Le aveva di certo spezzato il cuore, non sapeva nemmeno come avesse fatto ad essere così freddo, così meschino. Ma era stata la cosa giusta, Juliet si meritava di meglio, non di certo uno come lui, si meritava qualcuno che l'amasse e che non la tradisse mai, qualcuno di cui avrebbe potuto fidarsi, qualcuno come Howard, un vero uomo d'onore, non uno che era stato marcio dentro fin dall'inizio.
Cercò di mettersi l'anima in pace: lei sarebbe stata bene, avrebbe trovato qualcuno degno di lei, sarebbe stata felice, con un magnifico lieto fine... senza avere lui nella sua vita.Spazio autore 🥀
Ciao ragazzi!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Volevo scusarmi per l'assenza, da oggi i capitoli usciranno regolarmente, uno al giorno.
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Fiori di Luna (in revisione)
Historical FictionNon riuscì a ribattere, la sua bocca rimase semiaperta, ed Edward non riusciva a staccare lo sguardo da quel viso angelico, da quelle labbra rosse che imploravano di essere baciate. Non potè trattenersi, gli fu impossibile, annullò la distanza fra i...