Capitolo 42

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Juliet uscì dalla sua camera vestita completamente di nero, come se fosse pronta per dirigersi ad un funerale. Si fermò poi davanti allo specchio appeso nel mezzo del corridoio e si sistemò il velo sul capo, calandoselo sul volto: il suo mondo fu avvolto dal colore scuro, diventando tetro. Il velo però l'avrebbe fatta passare come un'ombra nella notte, il che le deva una sicurezza in più.
La sua immagine nello specchio le fece pensare a quelle vecchie leggende di fantasmi inquieti che infestavano i palazzi di Londra, che le avevano tolto il sonno per molte notti, e provò un certo senso di turbamento, tanto che sobbalzò quando Edward apparve accanto a lei nel riflesso.
Sollevò il velo e si scoprì il volto, incrociando lo sguardo del marito, che evidentemente notò subito la sua apprensione.
"Sei certa di voler correre un rischio come questo?" Le domandò, entrambi erano consci che c'erano probabilità nemmeno troppo basse che non finisse bene.
"Non mi tirerò indietro, un po' di adrenalina mi farà bene di certo, e anche se fossi terrorizzata lo farei, anche solo per l'amore che ho per la conoscenza. Questa potrebbe essere la scoperta del secolo, Edward."
Strinse la mano di lui con entrambe le sue, restando per un momento in silenzio, scrutando le loro immagini nello specchio. Sapeva che senza di lui non sarebbe più stata in grado di vivere.
Sospirò, lisciandosi la gonna, prima di stringere il braccio del marito.
"Andiamo," disse "Basim ci starà aspettando."
L'egiziano infatti li avrebbe aspettati acquattato vicino all'uscita secondaria della loro casa, così da non far insospettire la servitù con un'insolita visita serale: meno gente sapeva della loro piccola spedizione notturna meglio era.
Scesero le scale in punta di piedi, immobilizzandosi come animali guidati dall'istinto di sopravvivenza ogni qual volta un gradino scricchiolava troppo rumorosamente, nel terrore di aver svegliato qualche domestico.
Raggiunsero l'uscita secondaria, e subito Basim spuntò dall'oscurità in cui si era rifugiato, come se fosse un fantasma uscito allo scoperto dall'angolo scuro del castello che abitava.
Non parlarono, i loro sussurri nel silenzio della notte sarebbero risultati fin troppo forti, e con un tacito accordo si incamminarono, diventando solo un movimento appena percettibile fra le braccia delle tenebre.
Raggiunsero la moschea piuttosto in fretta, pur dovendo procedere a rilento ogni volta che notavano una luce alla finestra: la gente si sarebbe chiesta perché due uomini e una donna si aggirassero in modo sospetto fra le vie di Alessandria ad un orario tanto insolito.
Basim si mise ad armeggiare con la vecchia serratura del portone d'ingresso, mentre Edward faceva da guardia e Juliet osservava con attenzione ogni movimento dell'egiziano.
La serratura cedette velocemente, lo scatto rimbombò nella notte in un modo che fece accelerare i battiti del cuore di Juliet, convinta che tutti avessero potuto udire quel rumore.
Il portone venne spalancato con un scricchiolio sinistro, e un brivido si fece strada su per la schiena della donna. Iniziava a credere che in realtà non fosse stata una grande idea.
"Milady" disse Basim, tenendo la porta aperta per lei e facendole cenno di entrare per prima.
Juliet gli rivolse un sorriso tirato, per poi inspirare profondamente e prendere in mano la lanterna che Edward le porgeva.
Si fece coraggio ed entrò nella moschea, che illuminata solo dalla soffice luce della lanterna e con l'aspetto indurito dalle ombre che sembravano torreggiare su di lei minacciose, le ricordava terribilmente le ambientazioni dei racconti dell'orrore che Howard era solito raccontare ai più piccoli durante la notte della festa dei morti per impressionarli. A volte lei, Frederick e Daniel avevano dovuto stringersi insieme in un letto per tentare di prendere sonno, passando comunque la nottata in bianco, e Juliet aveva la netta sensazione che non sarebbe stata in grado di addormentarsi una volta tornata a casa.
I passi che rimbombarono nel grande ambiente e il cigolio inquietante del portone la fecero sobbalzare, e voltandosi si era quasi aspettata di veder apparire uno dei mostri sanguinari descritti dal fratello piuttosto che i due uomini che l'accompagnavano in quell'impresa.
"Bene, occupiamoci del nostro piccolo amico qui" disse Edward, andando ad appoggiare il piede di porco sulla propria spalla, pronto ad usare la forza bruta pur sollevare quella pietra dal pavimento.
"Dobbiamo farla girare su se stessa prima, e poi faremo leva per spostarla" spiegò Juliet.
Combinarono dunque le loro forze, e insieme iniziarono a spingere la grande pietra circolare, che rumorosamente e lentamente iniziò a muoversi, producendo il fastidioso suono di pietra che sfrega contro pietra: probabilmente avrebbero svegliato tutto il vicinato.
Quando finalmente il cerchio marmoreo fu completamente svitato, ritrovandosi sollevato di qualche centimetro riaspetto al livello del pavimento, tutti e tre avevano la fronte grondante di sudore.
Si presero un momento per riprendere fiato, ma subito dopo gli uomini si misero a fare leva, con Juliet che non poteva far altro se non aspettare in trepidazione.
La pietra sembrò non volersi muovere all'inizio, come se fosse incatenata lì, ma poi, all'improvviso, descrisse un arco di centottanta gradi, cadendo con un grande tonfo sul pavimento, scuotendo l'edificio come se fosse sopraggiunto un terremoto devastante.
Edward e Basim si asciugarono le fronti sudate, mentre Juliet timidamente si arrischiava a sbriciare nel passaggio aperto. Apparve come un buco nero, portale per l'inferno, finché la donna non lo rischiarirò con la lanterna svelando una scala a chiocciola sporca di detriti e ragnatele. La osservò per qualche istante, datandola poi circa alla metà cinquecento o all'inizio del seicento, il periodo in cui la moschea era stata costruita.
Basim si incamminò per primo, dicendo che c'era la possibilità che incontrassero serpenti o scorpioni e che lui sapeva come comportarsi in tal caso.
Juliet lo seguì, mentre Edward chiudeva la fila stringendo la mano della moglie nella discesa in quell'angusta scala in marmo.
L'aria si faceva man mano più pesante, chiusa in quell'ambiente da almeno duecento anni, e sembrava avere un sapore diverso. La testa iniziava a girarle, e credeva che presto avrebbe perso l'equilibrio su quelle scale ripide e strette. C'erano alcune nicchie nascoste nell'ombra, dall'aspetto tetro, che la lasciavano inquieta, come se si aspettasse che un vampiro, o una qualche altra creatura mistica, spuntasse fuori da lì per attaccarli.
Si era ormai convinta che quella scala non avesse fine, quando finalmente davanti a loro si aprì un ampio ambiente. L'aria a quel punto avrebbe dovuto farsi più fresca, più respirabile, ma invece sembrò soltanto diventare ancora più rarefatta, più antica.
"Fermi!" Disse Basim, sollevando la mano chiusa in un pugno.
Si udì dunque un sibilare, e a Juliet il cuore prese a battere in gola: un serpente.
Sbirciò oltre la spalla dell'egiziano, e intravide un grande cobra nero, la testa alzata in modo minaccioso, la cresta aperta e le fauci spaventose spalancate. L'animale si preparava ad attaccarli, sarebbe bastato un solo morso per ucciderli.
Juliet fece un balzo all'indietro, andando a sbattere contro il marito, ed entrambi finirono col sedere a terra sui freddi gradini di marmo.
Nel mentre Basim faceva roteare il suo bastone, prendendo la mira, e poi, con un colpo secco e preciso colpì il cobra sulla testa, uccidendolo.
Juliet, ancora scossa, non si mosse, rimase pietrificata fra le braccia del marito, che la stringeva a sé con tenerezza.
"Va tutto bene, Juliet?" Le domandò, appoggiandole le labbra sull'orecchio.
Lei non rispose, era così turbata... Non immaginava che l'incontro ravvicinato con un serpente avrebbe potuto scuoterla tanto. Doveva essere stato tutto l'insieme, non credeva di essersi mai sentita tanto suggestionata.
"Non vi preoccupate Juliet, ora è tutto apposto, non corriamo nessun pericolo posso assicurarvelo" disse Basim, porgendole la mano, che lei, tremante, accettò.
Lei ed Edward si rimisero in piedi, e Juliet si lisciò le gonne cercando di eliminare la polvere che si era su di esse depositata.
Osservò piena di orrore il cadavere del cobra, sotto il quale si ingrandiva una pozza di sangue, poi distolse lo sguardo, tentando di non badarci più, e si fece strada nel nuovo ambiente.
Era uno spazio molto semplice, in mattoni bianchi e rossi, con alcuni affreschi a motivo geometrico rovinati o anche sgretolati per terra, ai lati due file di colonne in marmo rosso, semplici ed eleganti, dividevano in tre navate la grande sala, due più piccole laterali e una più spaziosa centrale: una moschea più antica di certo.
Sollevò lo sguardo e constatò che un tempo una magnifica volta avrebbe dovuto aprirsi sopra le loro teste, distrutta di certo perché si potessero appoggiarvi sopra le fondamenta per la nuova moschea.
"Credo sia un edificio del 1400 circa, dico bene Basim?" Disse Juliet, continuando a guardarsi intorno: non poteva non esserci altro.
"Sì, credo di sì."
"Perché costruirne una nuova sopra questa in un così piccolo lasso temporale?"
"Forse questa venne danneggiata da qualche evento naturale, questa è una zona molto sismica dopotutto."
Juliet annuì, mentre lentamente si metteva ad esaminare ogni angolo di quel luogo.
"È tutto qui? Niente tomba?" Domandò Edward, e Basim gli rispose con una scrollata di spalle.
Juliet li ignorò entrambi continuando la ricerca di qualcosa che nemmeno lei conosceva. Era certa che ci fosse altro.
Percorse l'intero perimetro della sala, finché non notò, nell'angolo a sinistra, che la pavimentazione si faceva piuttosto disconnessa. Sospetto, dato che nel resto dell'ambiente le piastrelle erano posizionate così bene da sembrare quasi un'unica lastra.
Ripulì dunque l'area dai detriti, e provò poi a fare leva, sentendo la pietra sollevarsi leggermente. Per quanto si sforzasse però non aveva abbastanza forza per poterla spostare da sola.
"Credo di aver trovato qualcosa" esclamò, voltandosi verso i suoi compagni, che subito la raggiunsero.
Juliet fece spazio ai due uomini, che, combinando le forze, riuscirono a spostare la grande pietra che nascondeva un nuovo passaggio: una scala in argilla che doveva risalire anch'essa al 1400.
Basim illuminò la scalinata, e un leggero scintillio d'oro fu visibile per un attimo sotto la tremolante luce della lanterna.
Il cuore di tutti e tre iniziò a battere all'impazzata, forse finalmente avevano raggiunto il loro obbiettivo.
Iniziarono nuovamente la discesa, e l'aria ancora una volta iniziò a farsi sempre più pesante, irrespirabile, più antica.
Giunti al livello sottostante, furono colti da un misto fra delusione e stupore: non era la tomba di Alessandro Magno, ma era comunque una meravigliosa chiesa bizantina ormai dimenticata da tempo, interamente ricoperta di mosaici. Erano dappertutto, sulle pareti, sul pavimento, i disegni erano fini, raffinati, con splendenti sfondi dorati, che davano un'aria magica all'ambiente.
Assomigliavano ai mosaici di Ravenna, che una volta aveva visto illustrati su un libro che la nonna stava sfogliando, con quella specie di processione rappresentata sulla parete che si apriva davanti a loro. Di fronte a questo si trovava la raffigurazione di una battaglia, che Juliet non riusciva bene ad identificare, forse si trattava solo di un opera di fantasia, che esaltasse la forza e la potenza dell'imperatore, ritratto come un santo, con l'aureola intorno al capo.
Juliet sorrise, sentendosi talmente privilegiata per essere la prima, dopo tanto secoli, a scoprire tutta quella storia nascosta sotto le fondamenta della moschea.
"Io... credo di iniziare a capire," disse lei, girando su se stessa per ammirare al meglio la bellezza di quei mosaici "a volte un luogo di culto viene costruito sopra uno più antico: la basilica di San Pietro è stata costruita sopra un antico cimitero romano, sopra la tomba dell' apostolo, e la chiesa stessa è stata ricostruita più volte su una più antica, il pantheon era un tempio pagano, poi trasformato in una chiesa... Succede spesso, un luogo con una grande forza mistica fin dall'antichità può restare tale per sempre. Alessandro era venerato come un dio, e dunque è probabile che la misticità del luogo si sia in qualche modo conservata, ed è per questo che per secoli sono stati costruiti luoghi sacri proprio in questo punto."
"È un'ottima ipotesi, Juliet" le disse Basim, osservando con l'attenzione il grande mosaico rappresentante la battaglia.
"Credi ci possano essere altri livelli dunque?" Domandò poi Edward, che ancora non sapeva dove posare lo sguardo, che si perdeva con una tale facilità in quel mare di tessere poste a formare disegni.
"Può darsi, credo di sì."
Ma dov'era il passaggio per addentrarsi ancora più nelle profondità della terra? Non sembrava esserci un'apertura nascosta nel pavimento questa volta.
"Quanto credi dovremmo scendere ancora?" Domandò Edward, iniziando a guardarsi intorno alla ricerca del passaggio nascosto.
"Dovrebbe esserci almeno un livello romano, e poi forse quello originale greco, ma non si può escludere che ci siano state più ricostruzioni durante questi periodi" rispose Juliet, mentre con attenzione studiava ogni centimetro del pavimento, alla ricerca della botola che nascondeva la scala per la discesa.
Basim non stava badando alla discussione fra i due coniugi, che durò ancora qualche minuto, osservava il mosaico raffigurante la battaglia: n'era rimasto come folgorato, come se avesse già visto quell'immagine da qualche parte, come se avesse sentito la descrizione di quell'opera in passato.
"Non vi sembra incredibilmente familiare?" Chiese Basim, e Juliet alzò lo sguardo, osservando con più attenzione il mosaico.
Le scene di battaglia le apparivano sempre tutte uguali, le era quasi impossibile cogliere le differenze se non avendole l'una di fianco all'altra.
"Ci sono molte opere del genere da ogni periodo storico. Il soggetto è sempre lo stesso: il grande eroe a cavallo che distrugge e mette in fuga i nemici" disse quindi, tornando poi a perlustrare il pavimento.
Basim rimase per qualche momento in silenzio, studiando il mosaico ancora più a fondo. Dove aveva già visto quella scena?
"Ma la composizione, i personaggi, le loro azioni ed espressioni... Sono certo che mi ricordino qualcosa."
Juliet decise quindi di avvicinarsi così da poter osservare meglio l'opera, che ancora continuava a ad apparirle uguale ad ogni altra scena di battaglia che avesse mai visto.
Eppure, più la osservava più quella scena iniziava ad apparirle familiare. Forse era solo colpa di Basim, si era fatta di certo condizionare.
Ma quel giovane guerriero, forte e fiero, in groppa a quel destriero elegante e maestoso, che metteva in fuga un nemico, che appariva come un re, circondato dai suoi soldati che lo proteggevano nella ritirata, l'intreccio di corpi ed armi, le ricordava qualcosa che aveva studiato, di cui aveva letto molte volte. Era qualcosa di antico, qualcosa avvenuto prima della formazione dell'impero bizantino di certo.
Osservò di nuovo quella rappresentazione: il cavallo scalpitante, eccitato dall'azione, i due re in conflitto, uno giovane e potente, sicuro di sé, forte, con la spada alzata pronta a mandare un fendente, e il secondo disperato, costretto alla fuga, a rinunciare al suo onore per avere salva la vita.
Ed ecco che ogni cosa trovò il suo posto, tutto risultò chiaro:
"La battaglia di Isso..." mormorò Juliet, osservando ancora il mosaico: era ovvio! Il giovane re era Alessandro, solo rappresentato con le sembianze di un imperatore bizantino, e il re in fuga era di certo il Gran re, Dario.
"La battaglia di Isso!" Ripeté, questa volta più forte così che anche i suoi compagni potessero udirla.
Sì, doveva essere così di certo.
Lo sguardo di Basim si illuminò, e si premette poi una mano sulla fronte esclamando:
"Ma ovvio! Ecco cos'era! La battaglia di Isso, forse la più famosa della campagna di Alessandro."
"Il passaggio per proseguire deve essere dietro questa parete!"
La donna e l'egiziano presero dunque a tastare ogni centimetro del mosaico, alla ricerca di un qualcosa che potesse rivelare un'apertura.
Edward nel mentre lanciò un'occhiata preoccupata al suo orologio da taschino: era già l'una e trenta, il che significava che avevano ancora tre ore per penetrare nel sepolcro, il che, n'era certo, non sarebbe stato facile. Gli antichi non erano stupidi e avrebbero fatto ogni cosa per proteggere la sepoltura di un sovrano tanto importante, per di più sapeva che a volte lo scavo di una tomba poteva durare anni.
Come potevano loro, soltanto in tre, riuscire a completare l'impresa in poche ore?
"Credo ci sia un meccanismo a molla, la quale naturalmente è ben nascosta... Su Edward, non stare lì impalato, dacci una mano!" Esclamò sua moglie, che continuava a tastare, sempre con più insistenza le piastrelle colorate: di certo si era resa conto anche lei dello scorrere del tempo.
L'operazione sembrò disperata ad un certo punto, tutti, senza proferire parola, si erano ormai convinti che in realtà non ci fosse proprio nessuna molla, nessuna porta segreta: forse quello era il capolinea.
Stavano per rinunciare, non potevano indugiare per ore, con il rischio di essere scoperti, ma ecco che Edward, facendo pressione sull'elsa della spada impugnata dalla figura del macedone, fece scattare il meccanismo, e il pesante portale in pietra si aprì davanti ai loro occhi rivelando una maestosa scala marmorea. Come tanta bellezza poteva essere nascosta metri e metri sottoterra?
Ogni essere umano sulla terra avrebbe dovuto poter visitare quegli incredibili sotterranei in cui si susseguiva una meraviglia dopo l'altra.
Juliet stentava a crederci, le sembrava di essere stata catapultata in un romanzo d'avventura. Era certa di non star sognando?
"Scendiamo?" Domandò Edward, e Juliet annuì in risposta, ancora però persa nei suoi pensieri.
La scala in marmo candido era ampia, e sarebbe di certo stata arieggiata, se quell'aria non fosse stata bloccata in quell'ambiente per secoli.
Si ritrovarono in un antico tempio romano, dalle pareti bianche adornate da colonne e bassorilievi, il pavimento era un grande mosaico a motivo geometrico. C'erano delle statue che assomigliavano a soldati di ritorno dal fronte, con arti mozzati, che riposavano sfregiati ai loro piedi, veniva mostrata una chiara violenza nei confronti di quel luogo: si era di certo provato a distruggerlo con l'avvento del cristianesimo.
La parte alta delle pareti era decorata con bassorilievi, rappresentanti alcuni degli episodi più importanti della vita di Alessandro Magno, descritti da iscrizioni latine: la doma di Bucefalo, la battaglia di Cheronea, il nodo di Gordio che veniva sciolto, la battaglia di Isso, il consulto dell'oracolo di Siwa, la presa di Babilonia... Fino a giungere alla morte del condottiero.
Una grande piscina dominava la scena, e sopra di essa troneggiava un'imponente scritta: Alexandròs adest, Alessandro è qui.
Quello però era un tempio di epoca romana, un tempio certamente costruito sopra l'antico mausoleo del macedone, ma dov'era il passaggio segreto questa volta?
Juliet iniziò a guardarsi intorno, ma dovunque posasse lo sguardo le sue considerazioni le si paravano davanti come visioni, guardava gli sfregi subiti da una statua e si immaginava alla perfezione ciò che doveva essere accaduto, come se effettivamente fosse stata presente.
Quel luogo emanava una forte entità mistica, la affascinava, eppure in un certo senso la terrorizzava, come se percepisse qualcosa che, seppur nascosto e distante, bisognava temere. Provava la stessa sensazione quando guardava il cielo notturno, che la incantava in modo tale che sarebbe stata capace di osservarlo per ore, ma che allo stesso tempo, quando rifletteva sul fatto dei pericoli che potevano provenire da esso, o di quanto poco sapessero su quella presenza che costantemente aleggiava sopra le loro teste, le faceva provare paura.
Non seppe per quanto tempo rimase a guardarsi intorno, le sembrava di trovarsi in una dimensione sospesa nel tempo, dove le naturali leggi della fisica non avevano valore.
Edward invece non smetteva di tenere d'occhio l'orologio con la fronte corrugata, e ogni minuto trascorso era per lui un colpo al cuore: normalmente due ore e mezza gli sarebbero parse un tempo infinito, ma in quel momento gli pareva fin troppo poco. Il rischio di essere scoperti poi, sapendo che in tal caso la posizione non avrebbe di certo evitato loro di finire in una sudicia prigione egiziana, lo aveva messo in un perenne stato d'ansia.
"Non c'è niente, dovremmo tornare a casa" disse, andando a prendere la moglie per mano, col cuore a battergli all'impazzata nel petto.
"No! Non siamo arrivati fino a qui per rinunciare, deve esserci qualcosa!" Esclamò lei, strappandosi dalla presa del marito, percorrendo quindi a grandi falcate l'ambiente, fermandosi davanti alla piscina.
Il suo sguardo ricadde su quella scritta:

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora