Capitolo 29

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Quel giorno era da sola in casa: Edward doveva partecipare ad una seduta del parlamento e sarebbe rientrato nel pomeriggio.
Aveva gironzolato un po' per l'abitazione, esplorandone ogni angolo, cercando di conoscerla al meglio, quando infine si era stancata aveva deciso di rintanarsi in biblioteca. Aveva preso in mano il primo volume che l'era capitato, un libro di un qualche autore greco, scritto in lingua originale, ma non vi aveva prestato troppa attenzione, dato che il suo sguardo rimaneva fisso sulle prime tre parole, per poi spostarsi sulle lancette dell'orologio, tentando di capire tra quanto tempo il marito sarebbe rientrato.
Non aveva immaginato di potersi sentire così sola.
Aveva pensato di invitare qualcuno a prendere il tè, ma Alexandra le aveva già detto che quel giorno sarebbe stata impegnata e non aveva voglia di rispondere alle incessanti domande che la mamma e la nonna le avrebbero di certo posto. Aveva quindi preferito la solitudine, ma non era certa che fosse stata la scelta adeguata.
Juliet chiuse il libro, producendo un rumore sordo, e andò a riporlo sullo scaffale, annoiata e con la vista scombussola dal cercare di guardare il testo e l'orologio allo stesso tempo.
Forse sarebbe potuta uscire a fare una passeggiata con Camille, ma il cielo era nuvoloso e minacciava di piovere: non ci teneva a ritrovarsi sotto una tempesta.
Sbuffò, andando quindi a sprofondare nuovamente nella morbida poltrona in velluto rosso, picchiettando con le dita su un bracciolo, alla ricerca di un'attività che potesse tenerla impegnata.
Pensò ai papiri che raccontavano le avventure di Alessandro Magno, avrebbe potuto continuare la traduzione, ma non se la sentiva in quel momento, le avrebbero dato troppo a cui pensare, il suo cervello avrebbe preso a formulare teorie e teorie che alla fine le avrebbero anche rubato il sonno.
Scosse la testa: a risolvere il mistero custodito tra quelle righe ci avrebbe pensato un altro giorno.
Le sembrava di non avere proprio nulla da fare.
Dopo qualche minuto passato a contemplare il nulla si alzò e si mise a vagare per la casa, spalancando la porta di ogni stanza, alla ricerca di uno svago.
Capitò per caso nella sala della musica: non ne aveva mai avuta una, nessuno nella sua famiglia era mai stato una cima musicale, lei sembrava l'unica ad aver ricevuto quel dono, e quindi nessuno aveva mai visto la necessità di dedicare una sala intera a quell'attività.
C'era un meraviglioso pianoforte a coda, un'elegante arpa e anche un piccolo clavicembalo, e poi strumenti a fiato di vario genere, viole e violini.
Juliet fissò incantata per qualche momento l'ambiente, per poi chiudersi la porta alle spalle. Pizzicò le corde dell'arpa, godendosi quel suono melodioso, peccato non avesse idea di come suonare quello strumento: la sua istruzione musicale si basava solo su pianoforte e canto.
Andò quindi a sedersi sullo sgabello foderato in velluto verde, sfiorando i tasti bianchi, andando a posizionare le mani, pronta a suonare.
La musica l'avrebbe di certo distratta, e in quel modo il tempo sarebbe passato più in fretta. Premette quindi i tasti, andando a comporre la melodia che tanto amava, pronunciando sorridente le bellissime parole della canzone che il nonno le aveva insegnato.

L'impegni di Edward si erano conclusi prima del previsto, erano riusciti a sbrogliare questioni che apparivano complicate in un batter d'occhio, e si era quindi ritrovato a lasciare il parlamento poco prima dell'ora di pranzo.
Aveva gentilmente declinato l'invito a pranzo fuori dei suoi amici, impaziente di tornare a casa dalla moglie. Voleva soltanto stringerla tra le braccia ancora e ancora, si sorprendeva sempre di quanto gli mancasse anche quando l'aveva lontana per solo poche ore.
Qualcuno avrebbe detto che si era rammollito, ed effettivamente Harry e Thomas ridacchiavano spesso del suo improvviso cambiamento, ma l'amore faceva quell'effetto e non poteva farci nulla, non che gli dispiacesse in verità. Amava avere Juliet nella sua vita, e sapeva che certamente non avrebbe potuto più vivere senza di lei. Era incredibile come la sua presenza fosse diventata così fondamentale.
Scosse la testa sorridendo una volta giunto davanti alla sua abitazione, salì i quattro gradini che portavano al pianerottolo e bussò, ma senza ottenere risposta. Strano... Jefferson era sempre piuttosto preciso.
Scrollò le spalle, cercando di non badarci, probabilmente Juliet lo aveva chiamato da lei per qualche motivo e il maggiordomo si trovava quindi dall'altro lato della casa.
Fortunatamente aveva portato con sé le chiavi, altrimenti sarebbe restato chiuso fuori casa per chissà quanto tempo, e forse sotto la pioggia, dato che il cielo andava ad oscurarsi sempre di più. Non restava neanche più uno spruzzo di azzurro, tutto era coperto da grandi nuvole nere.
Fu sorpreso nel sentire la musica riecheggiare fra i corridoi e per le stanze in modo armonico, perfetto. Si tolse il cappello, passandolo a Jefferson, che solo in quel momento sembrò notare la sua presenza, sobbalzando per poi aggiungere balbettando:
"Milord, non vi aspettavamo così presto."
Solo allora Edward si accorse che la servitù era immobile, non proseguiva nelle sue attività, incantata quanto lui da quella melodia suonata così bene, che sembrava far sognare. Si riscossero soltanto nel vedere il loro padrone, tornando al lavoro, alcune delle cameriere arrossirono imbarazzate.
Non ci badò troppo, e quando udì quella voce cantare, così piena, colorata di ogni sfumatura, sentì i battiti del cuore accelerare. Davvero Juliet aveva quella voce da angelo, era realmente sua moglie a cantare?
Come colpito da un incantesimo si mosse verso alle scale, iniziando a salirle in fretta, saltando alcuni scalini due alla volta, e raggiunse il primo piano, andando a spalancare la porta della sala della musica.
A quel punto la voce di Juliet gli arrivò così chiara da fargli salire un brivido su per la schiena, era una voce così cristallina, perfetta, la più bella che avesse mai udito, nemmeno all'opera aveva mai sentito cantare qualcuno come lei, e Howard che osannava tanto Ottavia Ricci... la sua voce risultava stridula al confronto.
Aveva sposato un angelo, non c'era altra spiegazione, una voce come quella, una donna come Juliet, non poteva che arrivare dal paradiso, ed era arrivata per lui, per salvarlo. Cosa aveva fatto per meritarla? Non gli pareva di avere meriti, tutt'altro, era di certo un peccatore e non si avvicinava minimamente ad un santo, ma Dio non aveva forse detto che avrebbe perdonato ogni peccato, che chiunque era meritevole del suo amore e sarebbe stato salvato?
Come mai era diventato così religioso all'improvviso? Aveva sempre evitato la chiesa, e le vecchiette terrorizzata a morte anche di saltare una sola messa gli erano sempre parse stupide. Be', se quello era un piano del Signore per riavvicinarlo stava di certo funzionando.
Juliet terminò quindi di cantare l'ultima strofa, senza dare segno di essersi accorta di lui.
Rimase con le mani immobili sulla tastiera, mentre le ultime note, ancora udibili, andavano a disperdersi, tramutandosi in silenzio.
Poi si voltò, percependo uno sguardo addosso, e nel vederlo gli sorrise. Edward le si avvicinò, andandosi ad inginocchiare davanti a lei, come se stesse pregando una santa, prendendole le mani.
"Se credete che io profani con la mano più indegna questa sacra reliquia (peccato degli umili, del resto), le mie labbra rosse come due timidi pellegrini cercheranno di rendere morbido l'aspro contatto con un tenero bacio." Edward citò quelle meravigliose parole dall'opera di Shakespeare da cui lei prendeva il nome, facendola sorridere, ed invitandola con lo sguardo a proseguire, nel ruolo di Giulietta.
Juliet rise, andando a mettersi in ginocchio a sua volta, ritrovandosi quindi alla stessa altezza del marito.
"Buon pellegrino, voi fate un grave torto alla vostra mano, che non ha fatto altro che dimostrare un'umile devozione. Anche i santi hanno le mani, e le mani dei pellegrini le toccano; palma contro palma: infatti è questo il bacio sacro dei palmieri." Continuò quindi lei, andando ad appoggiare la sua mano su quella di Edward, toccando il palmo di lui con il suo, incrociando quindi teneramente le dita con quelle di lui.
Fu il marito a sorridere questa volta.
"Ma i santi e i palmieri non hanno labbra?"
"Sì, pellegrino, labbra che servono per la preghiera."
Edward si sporse dunque qualche centimetro verso di lei, non staccando mai lo sguardo dagli occhi splendenti di lei.
"Oh, allora, dolce santa, lascia che le tue labbra facciano come le tue mani; esse pregano, tu esaudiscile, in modo che la fede non si muti in disperazione." Proseguì lui, sporgendosi ancora un po', arrivando a sfiorarle le labbra.
"I santi non si muovono, eppure esaudiscono coloro che li pregano." Disse Juliet, rimanendo immobile, con la bocca che le formicolava in attesa di quel bacio.
"Allora non muoverti, così la mia preghiera sarà esaudita." Sussurrò appena quelle parole, prima di adagiare con dolcezza le sue labbra sue quelle di lei, godendosene il buon sapore, le loro linee perfette.
Continuò solo dopo qualche istante, quando trovò la forza di allontanarsi dalla moglie:
"Ecco le tue labbra hanno tolto il peccato dalle mie."
"Allora le mie labbra portano il peccato che hanno tolto." Questa volta fu Juliet a sporgersi verso di lui, sussurrando con ardore quelle parole.
"Il peccato dalle mie labbra? O colpa dolcemente rimproverata! Rendimi il mio peccato!" La baciò nuovamente, e Juliet pensò che quel momento fosse stato meraviglioso quanto strano, non immaginava che quelle parole, che non appartenevano a loro, potessero colpire così nel profondo, far palpitare il cuore se pronunciate nel giusto modo, con amore.
Quando fu costretta a staccarsi da Edward, a dover rinunciare al calore che le sue labbra sulle sue le davano, rise, felice come forse non lo era mai stata prima: si sentiva amata, per la prima volta.
Questa volta era reale, lo sentiva e non ne aveva dubbi.
Le ore passate ad ascoltare Howard recitare l'opera completa di Shakespeare non erano state inutili dopotutto, non pensava che Romeo e Giulietta potesse avere un simile riscontro nella sua vita, non aveva mai immaginato che ad un certo punto le sarebbe tornato utile conoscere il testo riga per riga.
"Vedo che hai studiato" commentò lui sorridendo, stringendo un po' di più la donna a sé, non potendo far a meno di quel contatto.
"L'ossessione di mio fratello sembra avere qualche tornaconto positivo" replicò lei, passando una mano tra i capelli di lui, rendendosi conto di quanto le piacesse essere avvinghiata così strettamente al marito.
"Non dirmi che anche tu hai imparato questi versi per quel motivo!"
"Vuoi dire che Howard ti tormentava con Shakespeare ai tempi di Cambridge?"
Lui annuì freneticamente, iniziando a ridere, seguito a ruota da lei: appurare quanto le loro vite fossero effettivamente intrecciate era così assurdo, ma di certo ciò nascondeva anche un pizzico di comicità.
Sembravano essere una persona sola, e Juliet pensò che sarebbe stato bello tornare ad essere una cosa sola, com'era successo quella notte ad Hathor House, bramava di sentire quel contatto incendiarle nuovamente la pelle. Il pensiero la fece arrossire: era dannatamente scandaloso!
Caddero distesi sul pavimento, ancora avvinghiati in quell'intreccio di corpi, e, dopo essere riuscito a calmare le risate, Edward notò all'istante il rossore sulle guance della moglie: non gli sembrava causato dal troppo ridere.
"Che succede?" Le domandò, accarezzandole il viso, studiandone ogni piccolo dettaglio, alla ricerca di una risposta.
Lei scosse la testa: per quanto il suo livello di intimità con suo marito fosse più alto di quanto mai si sarebbe potuta aspettare, non aveva il coraggio di rivelargli quei pensieri, erano così scabrosi... Sarebbero stati definiti inadeguati per una nobildonna. Non che lei fosse esattamente come tutte le altre, aveva fatto cose peggiori, il solo aver fatto l'amore con Edward prima di essere sposata avrebbe dovuto farla sentire mille volte più sporca rispetto al solo volere che ciò si ripetesse, e ora erano anche sposati, avrebbe dovuto essere la normalità.
Eppure era convinta che non avrebbe mai dovuto avere un pensiero del genere, così esplicito, per quanto fosse stato solo un pensiero e niente più.
Lui le portò due dita sotto il mento, costringendola ad incontrare il suo sguardo, e fu allora che capì, gli fu impossibile non notare il desiderio negli occhi di lei, era così ben celato eppure così visibile. Sentì il corpo come scosso da un fremito.
Si rese conto all'improvviso di desiderarla a sua volta.
Avrebbero già dovuto trovarsi a tavola a quell'ora, a consumare il pasto, ma ad Edward parve che in quel momento ci fosse qualcos'altro molto più importante da consumare, nel senso da riferire al matrimonio di quella parola.
"Andiamo in camera" le disse quindi, alzandosi e tirando in piedi Juliet, sentendo che non sarebbe riuscito a resistere un momento di più.
Lei annuì, ritrovandosi quasi a correre per stare dietro al marito.
Incrociarono una domestica lungo il percorso, ed Edward le diede l'ordine di far portare il pranzo in camera tra circa un'ora, e di bussare prima di entrare.
Una volta che la porta fu chiusa alle loro spalle lui la baciò con passione, con crescente ardore e sempre più a fondo. Cercava nel mentre di sfilarle le forcine dai capelli, nel tentativo di scioglierli: trovava che Juliet fosse meravigliosa quando questi le cadevano sbarazzini sulle spalle, le davano un'aria eterea.
Lei gli portò le mani sulle spalle, sfilandogli la giacca, lasciandola cadere sul pavimento.
La fece quindi voltare di spalle, lasciandole una scia di baci su tutta la linea del collo, mettendosi ad armeggiare con tutta quella fila di bottoncini, che gli apparve fin troppo lunga.
"Oh Juliet" mormorò quando finalmente riuscì a far scivolare via quell'abito dal corpo di lei.
Le portò quindi le braccia intorno alla vita, annullando la distanza fra loro, percependo ogni minimo dettaglio di lei.
Juliet dal canto suo percepì perfettamente il desiderio di lui premerle contro, era impossibile non accorgersene, e il respiro di Edward che andava ad infrangersi contro il suo collo non fece che far diventare irregolare il suo, facendo accumulare un formicolio nel suo basso ventre.
Quando le sue labbra presero nuovamente a torturarle la delicata pelle del collo non riuscì a trattenere un gemito.
Edward lanciò un'occhiataccia al corsetto di lei.
"Dovevi proprio indossarlo?" Le domandò quindi, cercando di sciogliere i lacci più velocemente possibile, per sfilarle via quel dannato capo di abbigliamento.
"È ciò che la moda impone" replicò lei a fatica, quasi le sembrava impossibile poter mettere insieme una frase nel turbinio della passione. Si voltò dunque verso di lui, schiudendo leggermente le labbra, desiderosa di un altro bacio. Subito lui premette le sue labbra su quelle di lei, riuscendo finalmente ad allargare abbastanza quel maledetto corsetto così che anche questo andasse ad aggiungersi ai vestiti sparsi per terra.
La fece quindi voltare nuovamente verso di sé, e il volto di Juliet gli sembrò più bello che mai.
Continuò ad esplorare ogni centimetro del suo corpo, a lasciare che le mani vagassero dappertutto.
Quando lei gli sbottonò la camicia, e percepì sul petto il calore delle sue mani seppe di non poter attendere un minuto di più: voleva sprofondare in lei, all'istante.
Si morse il labbro inferiore, lasciando che Juliet gli sfilasse la camicia, prima di sollevarla e andare ad adagiarla sul letto.
Le tolse quindi la camiciola, lasciandola completamente nuda. La osservò e la trovò perfetta, come una statua in marmo perfettamente rifinita, non riusciva a trovare nemmeno un difetto in lei.
Le accarezzò quindi il seno, e lei fremette, convinta di star andando a fuoco, scendendo quindi per tutto il busto fino a raggiungere le cosce con una lentezza estenuante.
"Sei meravigliosa" sussurrò lui, andando a lasciarle baci umidi ovunque sul corpo "perfetta di certo" continuò, prendendo in bocca uno dei capezzoli rosei, accarezzandolo con la lingua.
Sentiva Juliet dimenarsi sotto di lui, travolta completamente dalla passione.
Ogni suo muscolo le pareva contrarsi e rilassarsi convulsamente, ed era come se non riuscisse più a sopportare ma allo stesso tempo volesse di più. Quelle sensazioni, che non credeva nemmeno possibili, la sorpresero e la disorientarono anche quella volta. Eppure si ritrovò a pensare che di certo non esisteva cosa più magnifica.
Sentiva le sue mani e la sua bocca ovunque, con brividi di piacere che andavano a scuoterle l'intero corpo.
"Edward" lo chiamò ad un certo punto, con voce estremamente languida, ormai certa di volere di più e di non voler più aspettare.
Lui seppe leggere subito quella velata richiesta, e per un momento fu tentato di torturarla finché lei non gli avesse rivelato esplicitamente ciò che desiderava, sarebbe stato estremamente seducente sentire quelle parole uscire dalla bocca di lei, allo stesso tempo però si rese conto di non voler perdere tempo con un giochetto simile.
Si sfilò quindi i calzoni, con il respiro sempre più irregolare, prima di andare a toccarla nel suo punto più intimo, sentendola perfettamente bagnata, pronta ad accoglierlo. Non esitò un istante di più e sprofondò in lei, cercando di essere delicato: era soltanto la seconda volta per lei dopotutto, e anche se non avrebbe dovuto sentire male voleva andarci piano.
Rimase fermo, posando poi lo sguardo sul volto di lei, che lo attirò a sé con dolcezza, sfiorandogli con mano incerta la schiena: Edward ebbe la sensazione che quel tocco gli avesse marchiato a fuoco la pelle. Le sue labbra sfiorarono con passione quelle di lei, e a quel punto iniziò a dare le prime spinte.
Juliet ansimò, e questa volta non si trattenne, i suoi gridolini di piacere andarono a riempire la stanza, si abbandonò completamente a quelle sensazioni. Quando giunse all'apice, seguita subito dopo dal marito, le sembrò di aver volato fino al sole e averlo sfiorato per un momento, prima di precipitare nuovamente sulla terra.
Edward andò ad appoggiare il viso nell'incavo del collo di lei, inspirando profondamente il suo profumo mentre riprendeva lentamente fiato.
Lei lo strinse dolcemente, certa che avere quell'uomo al suo fianco fosse quanto di meglio avrebbe mai potuto desiderare.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora