Capitolo 26

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"Avevo detto a Mrs. O' Brien che avrebbe potuto accompagnarmi a fare un giro della casa oggi" disse Juliet, quando Edward suonò per far portare il pranzo direttamente in camera, senza però sembrare intenzionata a lasciare le braccia del marito.
Non avrebbe mai potuto immaginare che avrebbero passato la giornata ad oziare, a parlare e a ridere, non per come era stato il giorno precedente, ma lo trovò comunque meraviglioso.
Avrebbe voluto fosse così per sempre, eppure sotto sentiva di star fingendo, solo per non far crollare quel matrimonio senza nemmeno averci provato: il vero perdono non era ancora giunto, ma, probabilmente, se Edward avesse continuato in quella direzione questo non avrebbe tardato ad arrivare.
"Sono certo che tu preferisca restare qui con me" rispose lui, passando le dita fra i morbidi capelli di lei, che le aveva sciolto poco prima.
"Credo di sì," sospirò lei sorridendo, andando a sistemarsi meglio fra le braccia di lui "ma non mi farò odiare dalla servitù così? Una padrona di casa dovrebbe aver un buon rapporto con i domestici, specialmente con la governante..." ribattette, cercando lo sguardo di lui, piuttosto seria.
"Non importarti di loro, non per oggi quantomeno... Ci siamo sposati appena ieri, nessuno ti farà critiche per il fatto di aver passato la prima giornata da Lady Stamford con tuo marito."
La baciò, ma subito lei si ritrasse, quasi soffocata dalle risate.
"Lady Stamford..." disse quindi, assaporando per bene il modo in cui quelle due parole le scorrevano sulla lingua "non ci avevo ancora pensato, sai quanto solo mi sembri assurdo? Non ho ancora realizzato probabilmente."
Lui le rivolse un sorriso, spostandole dietro l'orecchio un ciuffo di capelli che l'era ricaduto in modo sbarazzino sul viso.
Non poteva credere che quella donna fosse davvero sua moglie, era stato il desiderio che aveva dominato i suoi sogni per molte notti, ed era finalmente realizzato. Si sentiva così fortunato.
E pensare che aveva quasi perso quell'opportunità...
Ma non voleva più badare al passato, soltanto al futuro, e si prospettava che in un futuro piuttosto vicino il loro si sarebbe trasformato in un effettivo matrimonio d'amore.
"Comunque," continuò poi lei, tirandosi a sedere, liberandosi quindi dalla dolce stretta delle sue braccia "rispondimi seriamente adesso, Edward, non pensi che dovrei andarmi a presentare per bene alla servitù? Suppongo vorranno conoscermi meglio."
"E in tutta serietà ti rispondo, mia cara, che dovresti restare" disse, attirandola nuovamente a sé: non voleva averla mai più lontana.
Le accarezzò una guancia, perdendosi nei suoi meravigliosi occhi color zaffiro, che avrebbe sempre riconosciuto anche in mezzo ad altri mille: erano gli occhi più belli che avesse mai visto. Quegli occhi così dolci ed innocenti, così seducenti a volte, ma anche intelligenti e pieni di vita. Forse non lo avrebbe mai ammesso ma erano stati gli occhi di lei il dettaglio che subito l'aveva fatto innamorare, quegli occhi a cui non avrebbe mai potuto negare nulla, quegli occhi che aveva visto pieni di lacrime a causa sua, che gli avevano mostrato l'esatto momento in cui aveva dilaniato il cuore di lei, ma che non avevano mai perso la loro sicurezza.
"Voglio che le cose si sistemino..." aggiunse poi, come costretto ad esternare i propri pensieri "lasciami soltanto provare Juliet, ti prego."
Lei annuì.
"Lo voglio anch'io."
"Allora resta, resta e vedrai che pian piano tutto si sistemerà."
La strinse quindi nuovamente fra le braccia, e Juliet abbandonò morbidamente il capo sul suo petto: dopotutto si sentiva bene avvolta in quell'abbraccio.
Era di certo un inizio.
Si rese conto che non avrebbe cambiato ciò che aveva in quel momento per nient'altro al mondo.
"Forse potremmo andare a passare qualche giorno in campagna, ci farà bene lasciare Londra, per fare finalmente mente locale senza il peso delle critiche dell'alta società addosso" propose quindi Juliet, che sperava che in quel modo la pace fra loro sarebbe giunta molto più in fretta, per di più avrebbe potuto recuperare da Hathor House alcuni suoi averi, e magari prendere in prestito qualche diario del nonno.
Non poteva di certo continuare a leggere all'infinito l'unico che aveva con sé in quel momento.
Edward era sul punto di rispondere quando il maggiordomo fece il suo ingresso nella stanza.
"Avete suonato Milord?" Domandò quindi, attendendo una risposta stando ben ritto, e cercando di non posare lo sguardo sulla coppia.
"Sì Jefferson, gradirei che il pranzo fosse portato qui" rispose lui.
"Certamente."
"Se possibile gradirei qualcosa di leggero" si intromise Juliet prima che Jefferson lasciasse la stanza.
"Sarà fatto mia signora" si congedò quindi con un frettoloso inchino, lasciando la stanza.
Edward la squadrò per un momento, prima di aggiungere:
"Credo tu non mangi abbastanza."
"Oh, ti prego..." sospirò lei alzando gli occhi al cielo "Assomigli a mia nonna dicendomi così!"
Lui scosse la testa divertito da quel paragone,
"Non hai quasi toccato cibo ieri sera, non mi spiego come tu non stia morendo di fame."
"Ieri il mio stomaco era chiuso, ed evidentemente lo è anche oggi... per di più non ti sembra di avermi imboccato fin troppo questa mattina? Spero non ti venga in mente di ripetere."
"Io credo ti sia piaciuto" mise su un sorrisetto.
"Forse."
Ad un tratto una considerazione colpì senza preavviso Juliet, facendola sbiancare: aveva sentito di donne che in gravidanza non toccavano cibo, che la sola vista dava loro nausea, e se fosse stata...?
No, non era possibile! Non così in fretta!
Eppure era perfettamente possibile, era proprio quello il motivo che l'aveva spinta a proporsi ad Edward.
Cercò di fare un veloce calcolo mentalmente e si accorse che effettivamente le mestruazioni erano in ritardo di un paio di giorni, non che queste fossero mai state perfettamente regolari, ma in quel caso...
"Buon Dio" le sfuggì quindi dalle labbra.
"Juliet, va tutto bene?" Le domandò lui preoccupato dal suo improvviso cambio d'espressione.
Lo fissò per un momento, cercando di capire se avesse senso rivelargli le sue supposizioni, non era per niente certo dopotutto, e all'improvviso sentì il bisogno di alzarsi e prendere a camminare in giro per la stanza nel tentativo di schiarirsi le idee.
Edward si tirò a sedere ed iniziò a seguirla con lo sguardo.
Juliet si fermò per un secondo, portandosi una mano alla bocca, mordicchiandosi l'unghia del pollice, prima di riprendere a muoversi avanti e indietro.
Edward quindi si alzò per bloccarla, prendendole con dolcezza le mani nelle sue, incrociando il suo sguardo, attirandola leggermente a sé nel tentativo di farla sentire sicura.
"Mi dici che succede?" Chiese, accarezzandole i dorsi delle mani.
Lei esitò prima di rispondere, non sapeva nemmeno se volesse rivelargli i suoi dubbi, e se fosse anche soltanto sensato averceli quei dubbi.
"E se fossi incinta Edward?" Disse, abbassando lo sguardo preoccupata.
Lui le sorrise, facendole alzare il viso, perché voleva che lo guardasse mentre pronunciava quelle parole, così da vedere che era completamente sincero.
"Ti direi che sono l'uomo più felice al mondo."

Lasciarono la stanza soltanto per andare a consumare la cena nell'elegante sala da pranzo.
Juliet disse di porgere i suoi complimenti alla cuoca per l'ottimo cibo.
Si trattennero quindi per un po' nel salottino giallo, lessero qualcosa finché non fu ora di ritirarsi. Edward aveva alcuni documenti da controllare immediatamente nel suo studio, e le disse quindi da avviarsi in camera e che lui l'avrebbe raggiunta subito dopo. Così fece: si preparò per la notte e si infilò sotto le coperte. Suo marito però tardava a raggiungerla, e aspettare lì in quel modo iniziava ad annoiarla.
Fu a quel punto che si ricordò della bella terrazza che aveva intravisto gironzolando per la casa poco prima di cena.
Indossò la vestaglia, stringendola al petto con una mano quando aprì la portafinestra venendo investita da una leggera ventata di aria fresca.
Rabbrividì per un'istante, ma fece comunque un passo avanti, uscendo sul terrazzo. Alzò quindi lo sguardo, il cielo si riflesse nei suoi occhi e Juliet non poté che sorridere. La volta celeste era sempre uno spettacolo meraviglioso, vi si scovava qualcosa di nuovo ogni volta.
In città le stelle non erano visibili tanto quanto in campagna, dove il nonno le aveva insegnato ad individuare le più importanti costellazioni, ma comunque qualcosa era riconoscibile anche in quel cielo nuvoloso che si stagliava sopra Londra.
Era felice che Joseph le avesse insegnato a vedere del bello in ogni cosa, in quelle cose visibili a tutti, tanto comuni e senza prezzo, facendole notare quei particolari che in pochi avrebbero considerato, facendola fermare ogni tanto, dicendole di non correre troppo in fretta in quel viaggio che era la vita, perché avrebbe perso piccoli dettagli meravigliosi e quei momenti non sarebbero mai più tornati. Gli occhi le divennero lucidi: se non le fosse stato impartito quell'insegnamento dal nonno non avrebbe mai potuto ricordare piccole cose, come il calore della sua stretta, quella risata cristallina sempre preceduta da una specie di sospiro o i suoi occhi pieni di vita.
Forse ora il nonno era una di quelle stelle, la guardava dal cielo, Juliet era convinta che ne sarebbe stato più che felice. Quel pensiero le fece tornare il sorriso sul volto: era di certo contento, ovunque fosse un quel momento.
Non si accorse di Edward, non udì i suoi passi, finché le mani di lui non furono sulle sue spalle, facendola sobbalzare per la sorpresa.
"Che fai qui Juliet? Dovremmo rientrare, potresti ammalarti" disse, prendendole la mano, tentando di ricondurla in casa.
Lei però si sottrasse alla presa, riportando lo sguardo sul cielo. Allora Edward aspettò, aspettò che sua moglie esternasse i suoi pensieri, certo che avesse qualcosa da dire e che stesse soltanto cercando le parole più adatte.
"Non trovi sia meraviglioso?" Chiese infine Juliet, senza però aspettarsi una risposta "Il cielo, le stelle intendo, o forse meglio l'intero insieme di tutti gli astri del firmamento... È sempre lo stesso dall'inizio dell'umanità, così invariabile, così costante, è rilassante, non trovi?" Solo a quel punto tornò a guardare suo marito.
"Che intendi?"
"Noi umani ci sentiamo sempre il centro di tutto, ma non esistiamo che per un momento, siamo polvere che viene spazzata via dal vento, il cielo invece è sempre lì, lo è stato secoli prima di noi e lo sarà anche per millenni dopo di noi, invariabile come sempre. È rilassante sapere di non portare il peso di tutto questo sulle spalle, che non si frantumerà ad un nostro inciampare. Sembra più semplice accettare di aver commesso un errore in quest'ottica."
Edward sorrise, chiedendosi quando precisamente Juliet avesse elaborato quel pensiero, così simile a quello di un filosofo. Non poteva credere che tanta gente l'avrebbe zittita all'istante soltanto perché credeva che le donne non potessero avere alte opinioni, per lui era un piacere ascoltare sua moglie, accorgersi ogni volta di sapere meno di lei.
Le prese le mani, lasciandole un bacio sulla fronte.
"Rientriamo ora, non voglio tu prenda freddo" disse quindi con apprensione, avvolgendo un braccio intorno alle spalle di lei, riconducendola in casa.

Fiori di Luna (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora