Capitolo 41

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Alessandria era diversa dal Cairo: il vento proveniente dal mare portava un'aria diversa nella città, la salsedine rovinava le facciate dei palazzi, il caldo era meno intenso e si percepiva molto di più l'antica influenza greca.
A Juliet piaceva passeggiare sul lungomare, respirare il profumo tipico della costa e ascoltare lo scrosciare delle onde contro gli scogli. All'improvviso c'era solo la natura, potente e meravigliosa, e nient'altro.
Quel pomeriggio camminavano fra le strette viuzze della città, su strade che avevano centinaia d'anni, guidati da Basim, il quale conosceva alla perfezione ogni angolo di Alessandria, e che era stato informato sulla possibile scoperta proprio dietro l'angolo durante il viaggio dal Cairo.
Per giorni avevano discusso sui vari scenari che avrebbero potuto verificarsi una volta giunti sul luogo della probabile sepoltura, e solo in quel momento si erano decisi a mettersi in moto, quando finalmente il caldo era scemato lasciando spazio ad una temperatura che dava piacere sulla pelle.
"Non ho ancora capito perché dobbiamo seguire l'intero percorso, sappiamo già qual è la posizione della tomba" si lamentò Edward, che non apprezzava molto le camminate sotto al sole, mentre si lasciavano il mare alle spalle.
"Perché potremmo trovare degli indizi nei luoghi indicati dalla traccia, forse oggetti chiave per accedere alla sepoltura" rispose Juliet, prendendolo a braccetto amorevolmente, appoggiando il capo contro il braccio del marito.
"Anche ammesso che fosse così dopo tutti questi secoli saranno andati perduti."
"Non dimenticare che abbiamo scovato un tesoro valente milioni di sterline rimasto sepolto sotto queste sabbie per millenni, tutto è possibile Edward. Non ho forse ragione Basim?"
L'egiziano sorrise, e i suoi occhi come di vetro brillarono, mentre rivolgeva un'occhiata affettuosa a quella giovane che ormai era per lui come una figlia.
"Ci sono tanti segreti sepolti sotto le sabbie di questo paese, eppure possono essere svelati: basta solo essere disposti ad osservare" disse dunque, tornando poi a concentrarsi sulla mappa.
Si fermarono soltanto un paio di volte, per studiare le poche rovine degli edifici indicati sul papiro, sperando di trovare un qualche indizio, ma la ricerca purtroppo non diede i frutti desiderati.
Procedettero, seguendo il percorso che Juliet era riuscita a decifrare.
"Il posto dovrebbe essere questo" annunciò Basim, fermandosi poco dopo l'imbocco di una strada laterale, porgendo la mappa a Juliet, così che potesse constatare lei stessa che il punto appariva essere proprio quello.
La donna si guardò intorno e quello che vide fu soltanto palazzi appiccicati l'uno all'altro e niente che assomigliasse ad un imponente mausoleo. Non poteva però pensare che sarebbe stato così semplice, anche ammesso che nell'antichità la tomba fosse stata ben visibile, un monumento glorioso che esaltasse le imprese di Alessandro, in quel momento avrebbe anche potuto trovarsi metri sotto terra.
Juliet decise che non si sarebbe arresa così in fretta, studiò meglio l'ambiente circostante e il suo sguardo fu catturato da una bellissima moschea, che spiccava in mezzo agli altri edifici per via dell'elegante cupola.
Si sentì attratta da quel luogo, come se un magnete l'attirasse verso di esso, come se delle voci la invitassero ad entrare: decise di seguire l'istinto, ed indicò il luogo sacro ai due uomini, che subito la seguirono verso l'ingresso.
Si sfilarono le scarpe, e Juliet si coprì il capo con lo scialle che portava drappeggiato sulle spalle.
L'interno dell'edifico lasciò Juliet senza fiato: il soffitto era decorato da bellissimi mosaici geometrici, file di colonne rendevano l'ambiente elegante e sprizzi dorati qua e là donavano luce, i lampadari imponenti rendevano l'atmosfera suggestiva.
Juliet si diede un'occhiata intorno: vide alcuni fedeli pregare, in ginocchio su di un colorato tappeto, mentre dei visitatori come loro osservavano la bellezza della moschea in religioso silenzio.
Non riuscì ad individuare nulla che potesse essere un indizio.
Iniziò a pensare che forse avevano seguito male le indicazioni, o che forse non le avessero mai comprese realmente, o forse ancora che la tomba fosse stata demolita secoli prima per la costruzione di quell'edificio, e ciò che ne rimaneva giaceva distrutto sotto metri di terra.
Fu in quel momento che un fascio di luce guidò il suo sguardo fino ad un angolo a cui nessuno sembrava prestare attenzione, seminascosto nell'oscurità. A Juliet parve un segno, e decise dunque di avvicinarsi, e subito si rese conto di come il pavimento in quel punto fosse discontinuo, di uno stile completamente diverso, in contrasto con i colori vivaci del resto della moschea: era un mosaico greco, o forse romano, in cui dominavano il bianco, il nero, e qualche sprizzo di rosso.
La donna proseguì fino a raggiungere il centro, da dove poté osservare come una specie di cornice, da un motivo molto elaborato e regale, circondasse un cerchio fatto in marmo rosso, proprio questo lei calpestava coi piedi.
Fissò per un momento i due uomini, che a loro volta la scrutavano in cerca di una risposta. Allora Juliet spostò il peso da una gamba all'altra, come guidata da un istinto che le partiva più dal cuore che dalla mente, un istinto molto antico, e sentì la lastra di pietra muoversi, ondeggiare sotto il suo peso come una vite mal fissata.
Si spostò quindi al lato del cerchio marmoreo, tentando di farlo girare su se stesso, come se fosse stato il tappo di una bottiglia, e dopo un leggero sforzo che le fece contrarre ogni muscolo della gamba lo sentì muoversi di qualche centimetro.
Sollevò quindi lo sguardo verso Basim e il marito, con una luce di trionfo negli occhi, e un sorriso sulle labbra, che la rendeva meravigliosa e faceva venire voglia ad Edward si stringerla a sé e baciarla con ardore.
Juliet applicò nuovamente quella pressione e di nuovo la lastra di marmo si mosse: era ormai certa che qualcosa si nascondesse lì sotto.
"Che cosa fate voi lì? Spostatevi subito!" Esclamò una voce in arabo, il che pose fine al momento di trionfo della donna, che sobbalzò allontanandosi immediatamente dall'antico mosaico.
"Ma perché? Sempre se mi è concesso chiedere signore" ribatté Basim, scrutando con un lampo negli occhi, che fu l'unico dettaglio a tradire le sue emozioni, l'uomo che portava alla cintura un grande mazzo di chiavi bronzee, e che doveva essere dunque il guardiano.
"Be' perché..." l'altro si interruppe un momento, facendo vagare lo sguardo per la stanza, all'evidente ricerca di una scusa "Perché il pavimento non è stabile in quel punto, deve essere riparato. Quindi allontanatevi, non vogliamo che nessuno si faccia del male."
Basim annuì rassegnato, ma il fuoco nei suoi occhi non si spense. Fece segno ai due coniugi che lì non potevano più fare nulla e uscirono dunque dalla moschea.
Camminarono in silenzio, e solo dopo che si furono allontanati a sufficienza Juliet si decise a parlare:
"C'è qualcosa lì sotto, qualcosa che vogliono tenere segreto."
"Be' se la tomba è davvero lì è probabile che chi vi lavora ne sia a conoscenza, ma non lo sapremo mai davvero: non ci lasceranno mai entrare" replicò Basim, frugando nella tasca alla ricerca di una sigaretta.
"La tomba è lì, è il punto esatto indicatoci da qualche antico sovrano."
"Non credo sia importante ormai, è ovvio che torneremo a casa senza il titolo di scopritori della tomba di Alessandro Magno" sospirò Edward, un po' sconsolato: non era un archeologo sfegatato come la moglie o l'egiziano, ma l'avventura dell' introdursi nella tomba di una simile figura storica lo allettava parecchio.
"Oh, ma noi la scopriremo, Edward."
Il marito osservò la moglie, con quel suo sorrisetto malizioso e gli occhi colmi di determinazione, come lo erano stati il giorno in cui era venuta a chiedergli di prenderla come sua sposa.
"Che hai intenzione di fare?" Domandò quindi, fermandosi per poter osservare meglio la sua espressione.
Un'occhiata espressiva e carica di risolutezza fu la risposta, e fu più che sufficiente.
Basim sorrise: apprezzava lo spirito di quella ragazza, che gli ricordava così tanto Joseph, che era stato esattamente come lei.

Nei giorni successivi Juliet inviò Basim nuovamente alla moschea, così che potesse crearne una mappa dettagliata e studiare i movimenti del custode.
Lei ed Edward invece cercavano di figurarsi un modo per aprire l'apparente ingresso alla tomba, che avrebbe di certo rappresentato una bella sfida.
"Credo ci servirà qualcosa per fare leva, un piede di porco o qualcosa del genere" disse al marito, appuntando nel mentre ogni suo pensiero nel suo taccuino, già immaginando cosa li avrebbe attesi una volta varcato quel portale.
"Sì, suppongo sia la nostra sola possibilità, non potendo naturalmente contare su una squadra di scavatori" disse lui, lanciandole un'occhiata accusatrice.
"Te l'ho detto: non voglio nessun altro oltre a noi, siamo in tre e già mi paiono fin troppe persone in un caso come questo: quello che faremo non è di certo legale. È come se un giorno ci svegliassimo e decidessimo di scavare un buco nel pavimento di Westminster Abbey, ci arresterebbero all'istante."
Sospirarono entrambi: quando erano partiti per l'Egitto non si aspettavano di cacciarsi una situazione del genere, ovviamente Juliet aveva sperato di scoprire una tomba, magari di qualche sovrano, ma era convinta che l'avrebbe fatto in possesso di un permesso di scavo.
Bastet le saltò il grembo, e lei sorrise mentre la gatta prendeva a fare le fusa, svuotandole la testa da tutti quei pensieri.
Nelle ultime settimane Bastet aveva messo su peso, e ora aveva una forma sempre più rotonda e iniziava a fare la difficile col cibo, preferendo quello di più alta qualità: spesso disdegnava gli avanzi ormai, e si doveva preparare un pasto intero per lei, come se fosse un'imperatrice. Tutto ciò però rallegrava il cuore di Juliet, che provava un'estrema tenerezza ogni volta che scorgeva quei grandi occhi verdi così puri e sinceri. Sapeva che dell'amore del felino poteva fidarsi, non l'avrebbe mai tradita: è questo il bello dell'amore donato dagli animali.
Sollevò lo sguardo, e il modo in cui Edward la osservava... Oh, non avrebbe mai smesso di farle battere il cuore, di arrossarle le guance e farla sentire come se fosse la donna più amata al mondo.
"Ti amo," sussurrò "mi sembra di non dirtelo mai abbastanza."
"Lo so, e ti amo anch'io, immensamente, ma non m'importa quante volte tu me lo ripeta, le parole contano per un solo momento, tu dimostri di amarmi ogni singolo giorno, ed è questo che conta."
Lei sorrise, e si allungò così da poter stringere le sue mani.
Ci fu solo silenzio per qualche istante, e perdersi l'uno negli occhi dell'altra fu meraviglioso, come se una sirena li stesse trascinando con dolcezza nelle profondità blu del mare.
"Credo che quando sposteremo il cerchio di marmo troveremo una scala, una scala molto stretta seguita da un cunicolo simile a quello della altre tombe che abbiamo esplorato. Poi suppongo che incontreremo uno spazio dove chi voleva poteva lasciare offerte al defunto, una specie di tempietto, e di certo poi troveremo l'ingresso alla tomba vera e propria, probabilmente celato in qualche modo, e credo che a quel punto potremmo incontrare molti ostacoli, stiamo parlando di un sovrano che regnava su quasi tutto il mondo conosciuto." Riprese poi Juliet, tornando all'argomento che solo per poco aveva smesso di ossessionarla.
"Intendi che troveremo trappole mortali o ci perderemo in un elaborato labirinto in cui periremo a causa della fame" Edward parlava in tono ironico, ma Juliet era più seria che mai.
"Potrebbe essere" rispose, e allora l'espressione del marito cambiò "Insomma, Alessandro era piuttosto amato e, cosa più importante, veniva divinizzato: sono certa che la sua sepoltura fosse ben protetta. E poi gli storici antichi ci descrivono la sua tomba come magnifica."
Capì che avrebbero dovuto essere pronti per ogni evenienza, e l'espressione così determinata di Juliet gli fece capire che lei non sarebbe stata disposta a tirarsi indietro nemmeno di fronte all'ostacolo più insidioso, e sapeva che lui, qualsiasi cosa fosse successa, l'avrebbe seguita.

Basim si presentò a casa loro tre giorni dopo con una pila di fogli in mano, su cui aveva raccolto tutte le informazioni utili per la loro piccola gita notturna alla moschea.
"Ho osservato i movimenti del guardiano, ogni giorno entra dalla porta principale alle 4.30, si occupa della manutenzione e sorveglia che nulla all'interno venga vandalizzato, poi ogni sera esce sempre dalla porta principale alle 23, chiudendo accuratamente l'ingresso" spiegò dunque, per poi andare a stendere sul tavolo una piantina della moschea realizzata a mano da lui stesso.
"Le strade non sono molto trafficate a quell'ora e la serratura della porta principale è molto antica e semplice, ci vorrà un secondo a farla scattare, come avessimo la chiave, quindi entreremo da lì, poi il resto del percorso sarà un'avventura... In ogni caso sul retro ci sono altre due porte, e sulla parete sud una piccola finestra facilmente raggiungibile da terra, tenetele a mente: potrebbe servirci una via di fuga."
La coppia annuì, tentando di memorizzare quella pianta disegnata dall' egiziano.
"Allora ci muoveremo questa sera alle 23.30, il che ci lascia circa cinque ore per tentare di accedere alla tomba, e mi raccomando Basim, indossate abiti scuri" disse Juliet con una luce di estrema decisione negli occhi, congedando quindi tutti con quell'ultima frase.

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