12 aprile 1810
Ore 7.30
Gli ultimi giorni sono stati molto pesanti e hanno portato ben pochi risultati, qualche antico coccio è tutto ciò che le sabbie dell'antica terra dei faraoni ci hanno donato.
Ho quindi deciso di spostare la squadra in quella che ho contrassegnato come area 2, la più vicina alla grande piramide, credo che lì sia possibile rinvenire qualche sepoltura.
Mi sento fiducioso, spero che finalmente riusciremo a fare una scoperta che possa lasciare il mondo a bocca aperta.Ore 10.15
Dopo alcune ore di scavo, e il ritrovamento di altri pezzi di antico vasellame, finalmente dalle sabbie del deserto è emerso qualcosa degno di nota: una meravigliosa statua rappresentante quello che ritengo essere il faraone Cheope, dato il luogo del rinvenimento. La sua espressione è serena, ma anche forte e decisa, in grado di incutere un certo timore.
Spero che questo sia un segno di buon auspicio, che oggi sia una buona giornata.Ore 15.40
La giornata di scavo è ormai quasi giunta al termine e wow!
Semplicemente wow!
Forse non è esattamente la parola più adatta, ma non trovo altro modo per descrivere la grande euforia che mi sta facendo battere forte il cuore nel petto: una scoperta fantastica!
Ciò che aspettavo da settimane ha appena fatto capolino dalle dorate sabbie di questo deserto.
Non posso ancora esserne completamente certo, ma quasi sicuramente abbiamo trovato una tomba.
Quello che momentaneamente rivede dopo millenni la luce del sole sono tre gradini, consumati dallo scorrere del tempo, che vanno a formare una scala che, con tutte le probabilità, condurrà molto in profondità.
Ho brindato con dell'ottimo brandy, che avevo portato con me nella speranza di stapparlo proprio in un caso come questo.
Spero che nel giro di poche settimane riusciremo a raggiungere l'ingresso, e spero di trovarvi cose meravigliose.
Voglio riuscire a riportare alla luce lo splendore di questa antica civiltà, voglio che la gente ricordi nuovamente queste persone vissute millenni fa, voglio rendere onore a questi antichi che, sono certo, ci hanno aiutati a essere ciò che oggi siamo.
Credo che scriverò una lettera da inviare a casa, sono certo che Juliet non veda l'ora di sapere come gli scavi stanno procedendo e che sarà più entusiasta di me quando saprà di questa scoperta.20 aprile 1810
Finalmente dopo otto giorni di lavoro ininterrotto siamo riusciti a liberare le scale e a raggiungere l'entrata: un meraviglioso corridoio con colonne a forma di palma e pareti piene di iscrizioni si è aperto davanti a me.
Sono entrato e ho fatto degli schizzi, per documentare il tutto.
Quello che mi ritrovo davanti agli occhi è una meraviglia, qualcosa che mai mi sarei aspettato di trovare.
Mi sento piccolo difronte a tale grandezza, a una tale sapienza posseduta dagli antichi che costruirono questo luogo.
Ora procederemo lentamente: potrebbe esserci qualche trappola, come documentato da altri archeologi.
Che scoperta!"Juliet, eccoti" disse Howard, entrando nella biblioteca e tirandola fuori di forza dai suoi pensieri.
"Già, eccomi" mormorò lei, richiudendo il diario del nonno di scatto, e stringendolo forte al petto: a volte le sembrava di poter riabbracciare Joseph in quel modo.
Il fratello la osservò per un momento incuriosito, per poi avvicinarsi a lei e appoggiarsi con scioltezza alla poltrona su cui era seduta.
"C'è una visita per te, dovresti scendere" le disse quindi, cercando di sbriciare il volume che la sorella stringeva al petto: quella protezione nei confronti degli scritti del nonno lo divertiva.
"Una visita?" Chiese lei, alzando gli occhi al cielo: credeva di averne già avuto abbastanza per quel giorno, non erano bastati tutti i noiosi gentiluomini di quella mattina?
"É Lord Lewis, il favorito mi pare sorella, il quale si strugge di non poter essere passato questa mattina" disse Howard con tono teatrale, portandosi una mano al petto e una sulla fronte in modo addolorato.
Lei gli diede una botta sulla spalla per farlo smettere, ma non riuscì a trattenere un risolino.
"Ebbene scenderò," disse, allungando il collo nella sua solita maniera altezzosa "ma bada bene è solo perché so che in caso contrario la nonna verrebbe a trascinarmi giù in soggiorno personalmente e voglio evitare sceneggiate."
Quindi, con tutta la compostezza e l'aria angelica che possedeva, si alzò, dirigendosi al piano inferiore.
"Lord Lewis" disse, fermandosi sulla soglia della porta del salottino e inchinandosi in segno di saluto, l'uomo fece lo stesso.
"Miss Byrne, siete assolutamente raggiante, mi ricresce non essere riuscito a passare questa mattina, ma spero che questi fiori possano essere per voi un segno di scuse sufficiente."
Le labbra di Juliet si piegarono in un sorriso divertito, ripensando all'imitazione di Howard, che ora le appariva piuttosto accurata, sperò comunque che quel sorriso apparisse come riconoscente al gentiluomo.
"Grazie mio signore, sono molto belli" disse Juliet, facendo quindi segno a Lord Lewis di accomodarsi.
"Giacinti" mormorò poi annusando i piccoli fiori bianchi "i fiori che Apollo creò per ricordare Giacinto."
Li ripose quindi con delicatezza sul tavolo, di fianco alle margherite di Edward, perché quel semplice e piccolo mazzo continuava ad apparirle come il più bello? E i giacinti erano fra i suoi fiori preferiti. Ma quelle margherite, candide ed eleganti, erano state scelte con cura, apposta per lei, era evidente.
"Conoscete il mito dunque."
La voce di Lord Lewis la riscosse, e lei alzò lo sguardo sorridendogli.
"Oh, sì, lo conosco molto bene in verità. È una storia molto dolce seppur triste."
Osservò dunque il viso dell'uomo, la pelle arrossata dal sole, gli occhi color ambra e i capelli di un biondo rossastro, aveva delle piccole rughe intorno agli occhi e alla bocca: doveva ridere tanto. Lo sguardo era bisognoso di conoscenza, e le ricordava in qualcosa quello del nonno e anche il suo.
Rammentò dunque a se stessa che con ogni probabilità quell'uomo sarebbe diventato suo marito, credeva fosse giusto puntare su di lui dopotutto: la loro sarebbe di certo stata un'unione piuttosto felice, avevano punti in comune e poi sarebbe stato un matrimonio molto vantaggioso per lei: tutti sapevano che Lord Lewis avrebbe ereditato il titolo dello zio, che non aveva avuto figli, passando così da umile barone a marchese.
Sarebbe potuta essere quella più in alto in famiglia, più in alto persino della nonna.
Eppure quella visione non l'allettava...
Forse si stava solo facendo condizionare dagli eventi, sì, doveva essere così.
"So che avete viaggiato tanto mio signore," proruppe quindi Juliet "potreste rendermi davvero felice raccontandomi di qualcuno dei paesi che avete visitato."
Sbatté dunque le ciglia cercando di mettere su il suo miglior sguardo da cerbiatta, sapeva di avere dei begli occhi dopotutto, erano la parte che più apprezzava in se stessa.
"Provvederò subito allora, c'è un posto di cui vorreste sentire in particolare?" Domandò lui, muovendosi imbarazzato sulla sedia per via di quegli occhi attraenti come la luna che sembravano avergli lanciato addosso un incantesimo.
"Italia, Grecia o Cipro, mi andrebbe bene qualsiasi luogo, ma se poteste raccontarmi qualcosa sull'Egitto mi rendereste la donna più felice sulla terra."
"Posso farlo, e con immenso piacere" disse quindi, schiarendosi la voce prima d'iniziare:
"Dunque, giunsi ad Alessandria dopo una traversata lunga e faticosa, dominata da mare mosso e temporali..."
Juliet mise su un bel sorriso e si sforzò di mantenerlo per tutto il resto della conservazione.Edward si chiuse la porta alle spalle, sospirando, felice di essere riuscito a sfuggire dalle grinfie della terribile duchessa di Glastonbury, la quale in ogni modo aveva cercato di trascinarlo in quella ridicola sala da tè così che potesse fare la conoscenza di sua nipote, che, poveretta, ormai alla sua terza stagione sarebbe probabilmente rimasta zitella.
Quella sua soddisfazione però durò ben poco, si rabbuiò non appena si accorse del silenzio che regnava nella casa: era rientrato dall'ingresso sul retro per non incrociare il maggiordomo, ma fino a pochi mesi prima rientrando, da un qualunque ingresso, sarebbe stato accolto dalla voce del padre che parlava con un domestico o che borbottava fra sé e sé, mentre stava dietro ai propri affari.
Quel silenzio invece non faceva che ricordargli il fatto che lui non ci fosse più.
Quanto appariva vuota e fredda la casa senza quella presenza amata, gelida come una tomba e come il corpo che in essa giaceva.
Albert Knight aveva sempre cercato di crescere il figlio nel miglior modo possibile, tentando di riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa precoce di sua moglie.
Edward ricordava bene le ore passate insieme, le passeggiate a cavallo, i finti duelli con la spada e le discussioni infinite a proposito di letteratura. Non poteva credere che tutto quello fosse finito.
Sapeva che prima o poi sarebbe dovuto andare avanti da solo, quella era la vita dopotutto, ed era strettamente legata alla morte, eppure suo padre c'era sempre stato, e gli era stato impossibile immaginare un'esistenza senza averlo al suo fianco finché non era accaduto.
Il dolore era stato più straziante di quando avrebbe mai potuto immaginare, e credeva che il suo cuore ferito così profondamente mai sarebbe riuscito a guarire.
Infilò le mani nelle tasche della giacca, e con passo pesante si diresse verso la sua camera, la camera del conte, la camera di suo padre. Non gli sembrava giusto che ora fosse sua.
Nulla in quella faccenda gli appariva giusto in verità.
Si fermò sulla soglia della porta, sospirando, muovendo poi qualche passo verso il letto, intenzionato a stendersi cercando di non pensare.
Si sentì però nauseato da quella stanza e dunque decise di raggiungere la sua vecchia camera, che si trovava in fondo al corridoio. Le sue cose, che non aveva trovato il coraggio di spostare, si trovavano ancora lì, e quella familiarità pareva calmarlo.
Si lasciò cadere sul letto, sentendosi stanco, con le membra indolenzite, come se fosse stato molto più vecchio: continuare a fingere che tutto andasse bene lo stava sfinendo.
Non andava tutto bene, eppure non poteva ammetterlo, non poteva calarsi un velo nero sul viso e piangere per due anni interi come una vedova addolorata. Lui era un uomo, il capofamiglia, e doveva tenere le redini della situazione in mano, non poteva lasciarsi andare a stupidi sentimentalismi.
A lui non parevano stupidi però, non capiva perché non potesse piangere l'unica persona che avesse mai amato al mondo.
Era brutto essere solo, completamente, senza qualcuno in cui riconoscersi, su cui fare affidamento, gli sembrava di non essere assolutamente nulla.
Affondò il viso nel cuscino, tentando di prendere sonno così da non abbandonarsi all'ennesima bevuta di troppo di quei giorni, non voleva diventare dipendente dall'alcol, però era uno dei pochi modi per dimenticare, almeno per un po'.
Si ritrovò invece a piangere, fu solo un istante, ma le lacrime gli scesero copiose sulle guance, prima che lui si affrettasse ad asciugarle.
Andò dunque a spalancare la finestra, sperando che un po' d'aria gli facesse bene, che riuscisse a calmarlo, a salvarlo da quella confusione che dominava nella sua testa da troppo.
Aveva le mani gelate e il cuore gli batteva più veloce del normale, ma perché era talmente terrorizzato?
Perché gli sembrava di starsi trasformando a sua volta in un morto?
Fu una risata cristallina a distoglierlo dai suoi cupi pensieri, abbassò lo sguardo sulla strada e riconobbe subito Juliet, avvolta nel suo fluttuante abito color blu fiordaliso.
Camminava con passo saltellante e ridendo mentre raccontava alla cameriera personale l'incontro avvenuto poco prima con un certo gentiluomo, il cui comportamento l'aveva particolarmente divertita.
Le due puntavano verso casa Hamilton, in fondo alla via, e passarono soltanto per un momento sotto la sua finestra, ma quella risata continuò risuonare nell'aria, contagiosa, tanto che Edward si ritrovò a sorridere nonostante tutto.
Juliet Byrne avrebbe dovuto insegnargli a vivere, pensò.Spazio autore 🌙
Ciao ragazzi!
Spero che questa storia vi stia piacendo, fatemi sapere che cosa ne pensate.
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Buona lettura!
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Fiori di Luna (in revisione)
Historical FictionNon riuscì a ribattere, la sua bocca rimase semiaperta, ed Edward non riusciva a staccare lo sguardo da quel viso angelico, da quelle labbra rosse che imploravano di essere baciate. Non potè trattenersi, gli fu impossibile, annullò la distanza fra i...