PDV Briga
La notte non riesco a dormire bene, mi torna continuamente in mente l'incubo che ho fatto precedentemente. Mi tremano le mani e le infermiere continuano a pensare che sia colpa di qualche botta che ho preso in testa durante l'incidente. Sono nervosissimo e quando entra in camera alle tre di notte l'ennesima infermiera non ci vedo più dalla rabbia. Lei blatera qualcosa su qualche sonnifero, tisana stupefacente. -L'unica cosa stupefacente ora sarebbe che te ne andassi, per favore. La saluto con la manina mentre lei stizzita se ne va. Non riesco più a stare sdraiato su questo letto tremendo, rivoglio il mio letto, rivoglio il corpo di Emma a contatto con il mio a notte fonda, rivoglio le sue mani e i suoi occhi su di me. Scuoto la testa, non sono pensieri che dovrei fare in questo momento, mi alzo e mi tiro appresso la flebo che non mi concede la libertà tanto desiderata. Passeggio a piedi nudi per il corridoio, l'ospedale è silenzioso e calmo, mi giungono alle orecchie solo i risolini soffocati delle infermiere pettegole rinchiuse in un'ufficio. Scuoto la testa stanco di tutto ed esco nel terrazzo principale. Mi appoggio alla ringhiera e mi accendo una sigaretta, ma l'ansia non passa. -Non dovresti, sai? Sobbalzo al suono di quelle parole, mi giro e noto nell' angolino più buio del terrazzo una figura minuta. Indica con lo sguardo la sigaretta. -C'ho perso mezz' anno della mia carriera scolastica per colpa di quelle, mi hanno rinchiusa qua. Fa spallucce e si avvicina mostrandosi. È una ragazza di sicuro più giovane di me, ha gli occhi e le labbra grandi, i capelli lisci lunghi e scuri. Nei suoi tratti delicati e femminili mi ricorda quasi Ludovica.. -Che vuoi, ragazzina? Le chiedo con la faccia da sbruffone, stasera non è aria. Lei non si scompone, sembra abituata a quel tipo di risposte. Velocemente afferra il pacchetto delle mie malboro sfilandomele di mano e se ne accende una senza chiedere il permesso. Resto quasi senza parole, ha carattere la ragazza. Mi riconsegna il pacchetto e guarda verso l'orizzonte mentre io ancora sono imbambolato a fissarla. -Una ragazza, vero? Io alzo un sopracciglio non capendo cosa intenda. -Stai così per una ragazza, si vede lontano un miglio. Io nemmeno le rispondo, faccio un altro tiro della mia sigaretta. -Sei 'na piccola filosofa? Lei contorce l'angolo della bocca in un sorriso espirando il fumo e guardando sempre dritto davanti a se. -Smettitela di chiamarmi piccola, ho 18 anni, non 10. Butto la sigaretta in strada senza spegnerla e borbotto -Bhe stiamo lì. Questa volta lei ride, ha una risata limpida e cristallina. Anche lei finisce la sigaretta e gira il viso guardandomi negli occhi. La vedo bene per la prima volta, le linee delicate del viso, le avrei dato molti meno anni di quelli che ha realmente. -Non andare contro il tuo cuore, non fare il duro quando si tratta d'amore. E così dicendo si volta e se ne va. Una ragazzina diciottenne che mi lascia solo in una frasca serata di inizio maggio con uno dei più bei insegnamenti che io abbia mai ricevuto nella vita.PDV Emma
Ho avuto il coraggio di richiamare l'ospedale e di informarmi. Sono arrivate alcune analisi ma non tutte ed il dottore ancora non vuole allarmarmi con notizie di cui non è sicuro al cento per cento. Sono circa le tre di notte e non riesco a prendere sonno, è strano. Mi sento vicina a Mattia, come se ci fosse un collegamento diretto tra di noi. Sento una vibrazione interiore che scorre in me quando penso a lui ed è come se sapessi che anche in lui scorre il sangue carico dello stesso amore che provo io. Sono abbastanza preoccupata, il dottore mi nasconde qualcosa ne sono sicura, ma non ho voluto indagare troppo. Tra pochi giorni usciranno le risposte a tutte le analisi e sarò sicura di ciò che mi sta accadendo. Già che c'ero ho chiesto in un sussurro al telefono di lui, di Mattia. Ho potuto sentire il sorriso gentile del dottore nel rispondermi, anche attraverso la cornetta. "Fisicamente sta molto meglio, si sta riprendendo a tempo record ma lo vedo un po giù di morale. Non mangia tanto, è sempre nervoso e non parla con nessuno." Ho sorriso sentendo quelle parole, abbiamo gli stessi sintomi di mal d'amore. Non riesco a capacitarmi di quanto velocemente tutto sia iniziato e finito, mentre cambio canale in tv noto un dettaglio di cui mi ero scordata precedentemente. Sul mio dito, il suo anello. Quello a cui tiene più della tua stessa vita, ce l'ho io e mi sento in colpa, devo restituirglielo. Afferro il cellulare per scrivergli, potrebbe essere anche una semplice scusa solo per poterci parlare, sentirlo ancora una volta, ma devo farlo. Sblocco lo schermo e noto un messaggio che apro subito. "Só le quattro de notte e te sto pensando". Ho un tuffo al cuore, non ho nemmeno bisogno di leggere il mittente, so già che è Mattia. Mi tremano le mani ed il cuore e non so cosa rispondere. Scrivo di getto una risposta, l'unica che mi viene in mente ora. Rileggo il messaggio e senza pensarci troppo, invio. "Ci vediamo? Ora". Cerco invano di distrarmi mentre aspetto una risposta, mi sciacquo il viso, controllo il telefono, risposta "Alle 4.30, fuori dall' ospedale". Sorrido.