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"Non c'è passione nel vivere in piccolo, nel progettare una vita che è inferiore alla vita che potresti vivere."
[Nelson Mandela]PDV Emma
Fanculo, non lo sento più. Non sento più niente , Mattia avvicinati salvami! Non c'è più niente attorno a me, assolutamente niente. Voglio tornare eppure sono così lontana, sono sola. Voglio gridare eppure non esce niente, voglio alzarmi e dare un bacio anche uno solo, l'ultimo, a Mattia. Invece non succede niente, assolutamente niente, vedo una luce, è questo il segno?! Ce ne stiamo andando sia io che il nostro piccolo oppure lui si è salvato? Le domande mi tormentano mentre la luce si fa sempre più intensa, qualcuno mi afferra la mano. È una bambina di più o meno tre anni dai capelli lunghi e biondo scuro, gli occhi verdi. Sussulto mentre la sua dolce voce sussurra -Non avere paura mamma...PDV Briga
Cosa ho sbagliato. Cosa cazzo ho sbagliato ora?! Mi sono avvicinato a Emma, le ho aperto il mio cuore e l'ho baciata, un bacio bello come la prima volta. Quella volta lei era arrabbiata con me, eppure era così bella.. I pensieri mi volano in testa mentre il silenzio regna sovrano nella stanza, il ticchettio ripetitivo, il battito accelerato del mio cuore che mi pulsa nelle orecchie. Improvvisamente il ticchettio aumenta, comincia a suonare velocemente e non ci metto molto a capire che qualcosa non va. Corro a chiamare aiuto ma vengo travolto da un dottore assistito da due infermiere che hanno già sentito l'allarme e stanno correndo in soccorso ad Emma. Una delle due infermiere mi viene incontro e mi spinge delicatamente fuori, ciarla ma non riesco a interpretare le sue parole, sono troppo preoccupato. Mi affaccio alla vetrata ma lei mi chiude le tendine davanti alla faccia, l'ultima cosa che riesco a vedere non mi piace affatto, il dottore sta cercando di rianimare Emma, è andata. Le lacrime mi premono gli occhi gonfi già da prima, stringo forte la mascella e comincio a ridere dal nervosismo. L'ho persi entrambi. I miei piedi non rispondono più ai miei comandi, ora capisco perché Emma sia scappata quel giorno, pensava che nostro figlio fosse morto mentre io ora li sto perdendo entrambi. Mi infilo il cappuccio della felpa e mi dirigo correndo verso l'uscita, mi prendo qualche sgridata ma poco importa ora mai. Sono fuori e l'aria fredda mi punge il viso, è l'alba oramai ed ho passato la nottata più brutta della mia vita. Corro senza alcuna destinazione, entro dentro un negozio e strappo un pezzo di giornale e prendo una penna che mi infilo nella tasca dei jeans, esco senza pagare. I prati sono ancora impregnati della pioggia precedente, il tempo rispecchia il mio stato d'animo. Mi siedo su una panchina senza pensarci troppo e butto giù delle barre sul momento, il foglio si bagna di lacrime. Devo riprendermi anche se l'unica cosa che vorrei fare ora è morire, non dovrei dirlo o pensarlo ma è la pura verità, senza Emma io non sono niente. Rientro dentro il negozio e stavolta compro una bottiglia di whiskey, forte e amaro, duro come la vita. Riprendo posto sulla panchina e apro la bottiglia preso dalla disperazione, ne scolo un quarto e mentre scende la gola mi brucia, lo stomaco urla e la mia mente si zittisce un po'. -Sei un coglione, un fottuto coglione! Urla una voce alle mie spalle. Mi volto e non riesco a distinguere bene i contorni della ragazza arrabbiata ma chi se ne frega, ormai è tutto andato. Nemmeno mi prendo la briga di risponderle, che importanza ha ora. -Parlo con te, cretino! Sibila lei vicino al mio orecchio dandomi una forte pacca su una spalla facendomi piegare in avanti sulla panchina, l'alcool mi si rivolta in bocca e lo ingoio ma mi va di traverso, tossisco forte incazzato nero. Mi alzo in piedi e mi avvicino alla piccola figura che ho dinanzi, ha il volto arrossato dalla rabbia e stringe forte i suoi piccoli pugni, come ho fatto a non riconoscerla, la ragazza dell'ospedale. Scuoto la testa e nemmeno perdo tempo con lei, mi allontano ma lei mi afferra per un braccio. -Se può sapè cosa cazzo cuoi da me?! Urlo improvvisamente a pochi centimetri dal suo piccolo volto, noto che è ancora scalza ma emana un piacevole tepore nonostante l'aria gelida. -Voglio che tu faccia la cosa giusta per una volta nella tua vita! Grida lei ancora più forte di me mentre le sue guance si arrossano dallo sforzo e la giugulare le si ingrossa sul collo. -E quale sarebbe la cosa giusta da fare, sentiamo! Sibilo a denti stretti incrociando le braccia al petto ed allontanandomi di un passo da lei. Lei alza le spalle e sussurra -Non puoi scappare, torna da loro. Si stringe le braccia al petto e incurva le spalle, sembra che abbia freddo così le porgo la mia felpa. Scuote la testa e la rifiuta bisbigliando -Non ho freddo ma promettimi di pensarci.. Io roteo gli occhi e annuisco, chissà chi si crede di essere. Mi volto per risedermi sulla panchina e quando torno a fissare la stradina non vedo più nessuno, le cose sono due: o se ne è andata molto velocemente oppure l'alcool ha uno strano effetto su di me. Forse però ha ragione, sto scappando inutilmente dai miei problemi e devo smetterla. Questo è il momento giusto per affrontare la vita, me stesso e questa storia di merda. -Che cazzo de problemi c'hai co me, tu?! Chiedo rivolto verso il cielo, magari un illuminazione divina mi aiuterà, ma nulla. L'unica cosa che mi colpisce è una gocciolina d'acqua che cade dalle foglie del pioppo vicino al quale sono seduto. Sbuffo e mi alzo -E va bene, lo farò. Dico ad alta voce a me stesso, prendo un grande respiro e riprendo a correre rivolto verso l'ospedale e verso Emma, la mia vita. Appena spalanco le porte con il fiatone non faccio caso alle persone che mi guardano storto ma sono diretto verso un' unica porta, sperando di sentire ancora il ticchettio che monitora il battito del cuore di Emma. Appena sono dinanzi alla porta resto fermo impalato, le gambe non rispondono più ai miei comandi e le mie mani sembrano pesantissime mentre mi avvicino alla maniglia. Appena apro la porta mi appare una scena a cui non posso credere, proprio non posso credere.