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Cerco di chiamare immediatamente Apo, non appena esco dall'edificio, sperando che mi risponda al più presto, ma non sembra rispondere però non mi arrendo.

Riprovo e riprovo fino a che finalmente non sento il segno che sta squillando. Sono due, tre... mentre tutto questo sembra testare i miei limiti di pazienza.

«Apo!» finalmente sento il respiro dall'altra parte e comincio ad urlare, ma non è lui a rispondermi. «Andrea, sono Jackson.» la sua voce sembra essere abbastanza calma, ma io no «Dove siete? Dov'è Apo?» gli chiedo subito, così subito cerca di calmarmi «Aspetta, devo dirti una cosa. Stiamo accompagnando Tonia a casa, ci vediamo lì».

«Jackson dimmi subito dove siete. Dov'è Apo? Perché hai risposto tu?» gli chiedo con tono irritato, cercando di trattenermi nell'urlare a pieni polmoni.

Sento solo un respiro profondo e poi replica con calma «È stato colpito, lo sto portando all'ospedale, ma tu torna a casa.» dopodiché aggiungo «Vienimi a prendere, vengo anche io».

«Andrea è meglio...» cerca di farmi ragionare ma non voglio sentire altro e mi impunto sul mio pensiero «Accompagnami all'ospedale, sennò verrò a piedi».

Lo sento sospirare e mi dice «D'accordo, lo accompagnerò e poi ti porterò all'ospedale. Aspettami a casa tua.» finalmente riesco a convincerlo e gli faccio «Va bene allora. Ci vediamo a casa.» dopodiché chiudiamo la chiamata.

[…]

«L'hanno trovata?» mi chiede subito Marianna che sembrava essersi calmata, ma subito si agita nel non vederla con noi.

Nemmeno il tempo di risponderle e spiegarle la situazione, mi arriva una chiamata e rispondo subito.

«Pronto?» chiedo ma non appena sento rispondere «Andrea... sono Tonia. Sto arrivando a casa.» dopodiché metto in vivavoce in modo che possano sentire tutti.

«Tonia dove sei? Cosa ti è successo?» Marianna subito le chiede in panico, mentre l'altra si lascia ad una leggera risata, giusto per non piangere, per alleggerire la tensione e replica «Sto tornando a casa. Non appena arrivo, vi spiego tutto».

Chiudiamo finalmente la chiamata mentre mi arriva il messaggio da Jackson, che mi scrive "Sono fuori." guardo gli altri ed esordisco «Io vado un attimo da una parte, subito torno».

Esco ed entro subito nella macchina di Jackson che non sembra accogliermi con il sorriso. Mette in moto e subito sfreccia verso la destinazione, mentre il silenzio imbarazzante sembra pesare sulla situazione.

«Allora? Come stai?» rompo il silenzioso ghiacciato che sembrava quasi soffocarmi. Guarda in giro come se cercasse una via di scampo, poi replica «Tutto bene. A te invece? Com'è andata la fioritura dei ciliegi?».

Annuisco mentre continuo a guardare il panorama dal finestrino e gli dico «Se escludiamo il fatto che non si sia presentato nessuno, allora è andato bene.» guardo lo stesso movimento delle dita che battono sulla pelle del manubrio.

«Per quanto riguarda quello che è successo al compleanno di Marianna...» cerco di ricordargli, così da poter mettere in chiaro la situazione. «Non volevo farlo. Volevo scusarmi.» mette subito in chiaro le cose mentre la mia testa sembra quasi volermi far crollare.

Annuisco e gli faccio «Non ti preoccupare, va tutto bene.» finendo col tranquillizzarlo, dopodiché rimango a guardare il panorama mentre il silenzio rientra nella macchina.

[…]

Entriamo in ospedale e mi fiondo subito nella camera di Apo. Non appena apro la porta, lo vedo sul letto, medicato e senza forze.

«Apo!» gli corro incontro e subito lo abbraccio, non appena lo stringo di più a me, emette un gemito di dolore per la ferita.

«Come stai? Cosa ti è successo?» continuo a riempirlo di domande, in cerca di qualche risposta. Lui mi guarda e mi sorride, limitandosi col rispondermi «Sto bene, ora sto bene».

«Io vado un attimo fuori.» esordisce Jackson prima di uscire fuori, chiudendosi la porta e lasciandoci soli. Gli do un leggero colpo sulla mano e lo rimprovero «Prova ancora a farmi spaventare e vedi che succede. Non permetterti più di fare una cosa del genere».

«Cos'è successo?» gli chiedo ancora una volta, così replica subito dopo «Mi hanno ferito tutto qui, l'importante è che sono riuscito a contribuire al salvataggio di Tonia.» riservandomi un sorriso con gli occhi leggermente socchiusi.

«Posso fare qualcosa per aiutarti?» gli chiedo controllando che stia comodo, che i cuscini non siano troppo duri, che non faccia troppo caldo ma nemmeno troppo freddo.

Lo sento ridere e mi tranquillizza «Non devi preoccuparti, davvero. Sto molto meglio ora che ci sei tu.» facendomi arrossire dall'imbarazzo, esordiendo con una leggera risata.

«Volevo anche scusarmi per quella volta, non volevo essere così frettoloso.» comincia a scusarmi mentre mi stringe la mano, accarezzandone la pelle. Alzo gli occhi al cielo e con un sorriso calmo, gli dico «Non devi scusarti, lascia che ti dica una cosa».

Mi avvicino al suo orecchio in modo da potergli sussurrare «Non faccio nulla se non voglio.» non appena mi allontano leggermente, lo guardo negli occhi e rimango così.

Sembrano quasi parlarmi, senza nemmeno avere il bisogno di parole o altre cose, senza cenni, senza nulla... inaspettatamente riesco a percepire più di mille parole.

«Dobbiamo andare via, altrimenti ci cacceranno.» Jackson ci mette al corrente, rimanendo sullo stipite della porta, portando in avanti in corpo verso la stanza.

Lo saluto con un sorriso, poi seguo Jackson verso l'uscita, dopodiché entro nella sua macchina e mi riaccompagna a casa.

«Siete una bella coppia.» esordisce Jackson guardando fisso oltre il parabrezza, senza nemmeno dare cenno di guardare altrove.

«Grazie ma non siamo una coppia, o almeno non ancora.» rispondo alla sua frase correggendolo e continuando ad osservare il panorama dal finestrino.

Sento il suo sguardo, una volta fermatosi al semaforo, e mi chiede «Quindi vi state frequentando?» ci penso e replico poco dopo «In realtà ci stiamo conoscendo, tutto qui».

Riparte subito dopo e in men che non si dica arriviamo a casa. Si ferma davanti al cancello e rimane quasi immobile, senza guardarmi.

«Grazie Jackson. Per tutto.» gli faccio prima di uscire dalla macchina, lo guardo ma lui non ricambia molto lo scambio, abbassando leggermente la testa e sorridendo.

«Comunque è un ragazzo fortunato ad averti.» esordisce non appena chiudo la portiera, continuando a sorridermi ma con un tono di malinconia.

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