Prologo

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25 dicembre 1948

<Caro papà, tu e la mamma mi mancate molto, ma sono super felice che abbiate realizzato il sogno di raggiungere la "terra promessa".

Mi chiedi papà se ho superato la brutta esperienza di Auschwitz.

Credo che da sola non avrei potuto, il soggiorno nel campo per quanto breve, mi ha segnato duramente.

Ma Gesù mi ha guarito.

Sì, lo ha fatto e adesso i ricordi dolorosi non hanno più l'effetto di uccidermi l'anima.

Prego per i nostri fratelli morti e per i sopravvissuti che non hanno avuto la mia stessa grazia e hanno rinchiuso nel cuore l'orrore che hanno vissuto, come se fosse qualcosa da nascondere per sempre sotto cumuli di terra bruciata.

Sento il dolore del nostro popolo come un lugubre lamento senza fine.

Poi la mente si accende e il fumo dei camini si dirada nel cielo: ragiono che adesso noi abbiamo una patria: lo Stato di Israele.

Forse senza quella sofferenza immensa, senza quei mucchi di corpi scheletrici e violati, senza quei bimbi innocenti strappati alle mamme e uccisi saremo ancora un popolo senza terra.

È orribile, lo so.

Ma Adonai, il Signore dei Signori, costruisce vita anche dove l'essere umano ha annientato ogni briciola di umanità. E da Auschwitz e da tutte le altre zone di morte ha rigenerato Israele.>

Vi abbraccio.

Giuditta



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GIUDITTA E OLOFERNEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora