27. Lo schiaffo e la pistola

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28 ottobre (venerdì)
L'ultima uscita la tredicesima

Ormai poche ore mancavano al nostro trasferimento notturno. Dovevo incontrare il maggiore nel pomeriggio per l'ultima volta e la notte scappare nel nuovo nascondiglio. Non so spiegare come mi sentissi, felice e triste allo stesso tempo come se stessi assistendo ad un' opera che Dio stava costruendo e mi fosse negato di vederne la conclusione. Ero certa che il maggiore fosse cambiato perché i suoi modi arroganti delle prime uscite erano scomparsi, era gentile e premuroso e riusciva quasi a indovinare i miei piccoli desideri e prevenirli. Tuttavia sopra ogni mia emozione prevaleva un senso di incertezza, un timore che qualcosa poteva ancora succedere e distruggere tutto.

Mancava una manciata di minuti all'ora dell'appuntamento. Ero in ansia e pregai. Più che mai avevo bisogno di un aiuto divino per non tradirmi. Affidai a Gesù la mia vita. Gli confidai le mie paure. Ma gli parlai anche dell' attrazione che cominciavo involontariamente a sentire per quel nazista. Sapevo che tra noi non poteva esserci nessuna relazione ma la cosa incredibile era il dispiacere che ne provavo. Confidai a Gesù il forte desiderio di rivelargli la verità, che mi faceva soffrire. E anche l'assurdo pensiero che non l' avrei più rivisto. Eppure sapevo che se avesse scoperto la mia identità mi avrebbe ucciso. O forse no, non lo sapevo per certo ma speravo che l'amore avrebbe prevalso sul pregiudizio della razza. Mentre pregavo sentii un'angoscia che non so spiegare, come un presagio ... come se qualcosa di terribile stesse per accadere. Forse si trattava solo dell'ansia della fuga, ... forse.

Quella sera decidemmo di passeggiare fino all'ora di cena. Il maggiore a un certo punto intrecciò le dita della mano alle mie e si fermò. Io sollevai gli occhi a guardarlo. Aveva una dolce espressione nel volto.

- La vostra bellezza mi stupisce ogni volta, Giulia. Amo il colore cangiante dei vostri occhi, le vostre labbra sono così dolci nel parlare che mi trattengo con grande fatica dal baciarle.

- Oggi siete molto ardito, Erich. Mi mettete in imbarazzo.

- Davvero? Mi piace quando chinate gli occhi, ma preferisco di più quando piantate le vostre iridi ribelli nelle mie. Resterei a guardarvi per ore.

- Perché mi dite tutte queste cose? Vi prego, non continuate.

- Sono obbligato. È ora che parli e vi riveli i miei sentimenti. So che i vostri sono cambiati, non posso ingannarmi. Non più. Non mentitemi.

- Non l'ho mai fatto e non voglio farlo.

- Dunque?

- È vero, mi siete quasi ... caro.

- Ecco, l'avete detto! Io vi amo, Giulia. Non ho mai amato una donna, voi siete la prima e temo sarete anche l'ultima poiché non riesco a pensare a nient'altro che a voi. Credevo d'essere ormai appagato di tutto, della mia posizione, della mia vita intera e ora ... non posso pensare di continuare a vivere senza la vostra presenza al mio fianco. Volete sposarmi, Giulia?

- Sposarvi? Sposarvi! Oh Dio mio, voi non capite ... voi dite di amarmi, ma non è vero. L'amore è ben altro.

- Cos'è l'amore? Non so pensare cos'altro potrebbe essere al di là del sentimento intenso che provo per voi. Perché dubitate delle mie parole? Non vi ho già dato prova d'essere disposto anche a passar sopra al mio dovere di fedeltà al Führer per voi? Ho liberato padre Aldo, correndo il rischio d'esser contestato e arrestato io stesso. Cosa volete di più come prova del mio amore?

- Continuate a non capire ... non potete.

- Ditemi che altra prova dovrei darvi, Giulia, perché crediate all'autenticità dei miei sentimenti.

- Mi amereste ancora se io fossi Ebrea?

- Ebrea! Ma cosa dite? Volete provocarmi? Sapete che su questo argomento non possiamo concordare. Voi pensate sempre alla vostra compagna di scuola ma non dovete. La razza è importante, Giulia. Non occorre spingervi a questo punto per mettere alla prova il mio amore.

GIUDITTA E OLOFERNEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora