5. La chiesa del SS Salvatore

65 5 5
                                    

Il maggiore si era faticosamente drizzato a sedere

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il maggiore si era faticosamente drizzato a sedere. La ragazza si accosciò per terra di fronte a lui.

-Mia cara Giuditta, amore mio, non riesco ancora a credere che tu voglia condividere la mia vita.

-Condivido la vita di un uomo che so profondamente cambiato.

-Sì, cambiato. Hai saputo che è venuto padre Aldo a trovarmi?

-No! Oh Hashem sia lodato! Raccontami tutto!

Erich spiegò che credendosi prossimo alla morte aveva chiesto al dottor Muntoni di cercare un sacerdote per poter confessare i propri peccati. Ma questi gli aveva riferito che nessun prete aveva voluto accogliere la sua richiesta. Disperato aveva supplicato il medico di rivolgersi a padre Aldo. Aveva così scoperto che il sacerdote da diversi mesi era malato di cuore. Tuttavia quando ormai si era rassegnato a morire senza il conforto di un religioso, padre Aldo si era presentato in ospedale chiedendo di lui. Era sofferente in viso e si sosteneva con un bastone, ma aveva accettato di ascoltare la sua confessione. Erich spiegò che nonostante la febbre era riuscito a rimanere lucido per più di 2 ore e anche padre Aldo era rimasto attento e silenzioso. Alla fine del racconto gli aveva dato l'assoluzione dicendogli: la sua conversione, maggiore, è opera dello Spirito Santo. Dio ha risposto alle preghiere di Giuditta e non solo.

-Anche voi avete pregato per me?- gli aveva domandato senza ironia.

-Parecchio- aveva risposto il sacerdote.

Erich aggiunse che padre Aldo l'aveva osservato durante la confessione mentre corrugava il viso per le fitte allo stomaco. Al termine del sacramento gli aveva chiesto dove avesse dolore e subito aveva poggiato la sua mano rotondetta sopra le lenzuola in corrispondenza del suo addome.

-Coraggio, maggiore,-gli aveva detto con un sorriso angelico- Dio le ha dato un'altra possibilità. Sono sicuro che ne farà buon uso.

Subito dopo la partenza di padre Aldo, Erich disse d'aver cominciato a sentirsi meglio.

-La febbre è calata quasi d'improvviso e il medico si è stupito di come anche l'emorragia si fosse riassorbita. Non sentivo più dolore e, a parte una grande debolezza, la mia mente era lucida. Miglioravo a vista d'occhio e dopo un paio d'ore sono riuscito ad alzarmi dal letto. Il dottore ha dovuto telefonare al comandante per sapere cosa fare di me poiché ero in grado di essere dimesso. Mi aspettava la fucilazione.

-Allora è un miracolo.

-Sì, è tutto un miracolo. Dio esiste e mi ha dato un'occasione di ricominciare. Voglio raccontare anche a te ciò che mi è successo, che è inspiegabile, se non con un intervento divino.

-Di che si tratta?- domandò Giuditta incuriosita.

-Di qualcosa che è successo nei pochi giorni in cui riflettevo su cosa fare di te.
Dopo la tua rivelazione, come ti ho già detto, ero furibondo. Avevo preso la decisione di non denunciarti e subito dopo ho ripreso il lavoro, ma stavo male, ricordavo il tuo volto, le tue parole coraggiose. Ti odiavo, volevo ucciderti e allo stesso tempo ti amavo e l'idea di non rivederti mi riempiva d'angoscia.
Favorivo il mio odio contro di te poiché era l'unico modo per impedirmi di desiderarti. Avevo smesso di frequentare anche il locale di Rocco per non incontrarti ed evitavo di rispondere alle telefonate del capitano Müller che non si capacitava della mia sparizione. Dopo tre settimane, mi avviavo al comando delle SS. Quando mi ero dichiarato malato avevo chiesto al mio autista Heinz di restare al servizio del tenente Schmidt fino al momento in cui non mi fossi rimesso del tutto e perciò avevo preso l'abitudine di uscire a piedi. Durante il percorso come al solito ero in preda a pensieri contrastanti su di te, meditavo se avessi fatto bene a non denunciarti alla Gestapo. Mi ripetevo che solo in questo modo potevi uscire per sempre dalla mia vita. Ricordo che quel giorno c'era molto freddo e avevo le mani gelate. Mentre camminavo e mi avvicinavo alla caserma rallentavo il passo o proseguivo spedito cambiando il mio proposito decine di volte.
Poi lo sguardo, non so come, si è fermato su una chiesa. Ne sono rimasto in qualche modo attratto; forse, anzi sicuramente, rammentavo il discorso che facemmo sull'esistenza di Gesù Cristo in uno dei nostri incontri. Non so perché ma mi avvicinai alla porta e l'attenzione mi cadde sul nome della chiesa scritto su un foglio attaccato su una delle due ante di legno: chiesa del SS Salvatore.
Entrai. Forse cercavo un momento di sollievo da quel gelo pungente poiché il cappotto leggero che indossavo non riusciva a proteggere il mio corpo intirizzito.
C'era un profondo silenzio all'interno e l'ambiente era immerso nella penombra tranne l'altare che appariva illuminato da una luce quasi sovrannaturale che proveniva da alcune vetrate. Nel mezzo dell'altare c'era qualcosa che sbirciai distrattamente all'inizio, più impegnato a guardarmi attorno per capire se fossi solo o qualche altro fosse già presente in chiesa. Eppure quel qualcosa sembrava attirare tutta la luce esterna e rimbalzarla verso di me come raggi di sole accecanti.
D'improvviso mi accorsi che la battaglia furibonda all'interno del mio spirito era sparita e quel silenzio profondo era come penetrato dentro di me. Al di fuori "sentivo" uno strano "digrignare di denti" che però non poteva avvicinarsi al centro della mia anima.
Mi inginocchiai sul primo banco che trovai vicino senza nemmeno accorgermi di averlo fatto. Era incredibile. Percepivo che il mio essere si era acquietato e non poteva riprendere le armi perché una potenza benefica più forte di me mi teneva prigioniero, ma senza violenza. Nella mia mente rividi un episodio della mia infanzia: mia madre che mi avvolgeva tra le braccia con energia e decisione per impedirmi di cadere in un fosso. Poi scorsi l'ostensorio sull'altare, a forma di sole, con al centro la particola bianca che brillava di luce propria.
Sapevo che era successo qualcosa, ma non riuscivo a comprenderne la portata.
Quando sono uscito da quella chiesa mi sono accorto che dovevo rivederti e subito. Sono tornato indietro e ho telefonato ad Heinz di accompagnarmi al locale di Rocco. Il capitano Müller era sorpreso di vedermi e subito mi ha chiesto se potevo fare qualcosa per salvarti: aveva cercato di rintracciarmi da giorni ma io rifiutavo sempre di rispondere alle sue chiamate. Come potevo immaginare che mi chiamasse per sapere di te, Giuditta! Ero disperato! Così appena il tenente Schmidt mi ha raccontato tutto, ho organizzato subito un piano per liberare te e la tua famiglia.

GIUDITTA E OLOFERNEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora