4. Due donne

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Il soldato sussultò e arricciò le sopracciglia incuriosito. Due donne s'affrettavano verso di lui, con aria concitata. La prima sopraggiungeva dalla via di fronte, avvolta in un pastrano grigio, a suo giudizio immediato più grande di due taglie, i capelli fini tirati in una coda, il volto bianco smagrito ma ancora giovane; l'altra arrivava dalla via alla sua sinistra ed era alta e graziosa, occhi ansiosi e scuri, un basco marrone imboccato sulla chioma corvina. Il tempo di sollevarsi la visiera sulla fronte e le due donne affrontavano il primo gradino della scalinata, dirette all'ingresso della caserma che lui sorvegliava.
Vi giunsero insieme.
Lo stesso istante egli si parò dinnanzi al portone per bloccare loro l'accesso.
-Alt!
-Sono Eva Diena!- annunciò eccitata la donna esile -Ho urgente bisogno di parlare con il vostro comandante! È una questione di vita o di morte!
Con la stessa ansia, la bella ragazza comunicò la medesima richiesta.
Il soldato le scortò all'interno dove altri militari si agitavano e scompigliavano da una stanza all'altra, impegnati in chissà quali mansioni e s'infilò in un corridoio al termine del quale s'intravvedeva un'unica porta socchiusa.
Giuditta scorse un uomo biondo in divisa in piedi che conversava con un altro, invisibile dietro l'anta, che rispondeva con autorità.
Il soldato bussò, poi infilò la testa e mezzo busto nel vano della porta.
-Signore ...
-Che cosa succede, Mario? Non vedi che sono occupato?
-Ci sono due donne, signore, che chiedono di lei ... entrambe dicono si tratti di una questione molto urgente.
Il comandante si alzò e comparve nella cornice della porta: era alto e massiccio, con occhi e baffi neri e privo di capelli.
-Comandante Stanzani!- esclamò Eva con un piccolo grido.
-Chi siete signora?
-Non vi ricordate di me? Il processo! Il maggiore Jӓger! ... Ho testimoniato contro di lui!
Giuditta tese le orecchie. Quella donna conosceva Erich? aveva contribuito alla sua condanna? Appena prima che aprisse bocca per chiedere spiegazioni, il comandante rispose:
-Sì... sì, mi ricordo di lei ... la faccenda del bambino ebreo ...
-Mio figlio!
-Sì, signora, qual è il problema?
-Mio figlio è vivo! Il maggiore Jӓger non l'ha ucciso!
Il comandante corrugò le sopracciglia.
-Non capisco. Lei ha dichiarato che l'ufficiale nazista lo uccise nel magazzino.
-Sì, sì ... così credevo, come avrei potuto pensare altrimenti? Ho visto il maggiore entrare là dentro, ho sentito lo sparo ... ma è stata una messa in scena! Jӓger voleva salvare mio figlio ... lo sparo ... un trucco, capisce? Mio figlio è vivo! Ho avuto un biglietto dal maggiore con l'indirizzo di una famiglia bolognese. È pazzesco, lo so, ma lì ho ritrovato mio figlio Samuel, vivo!
Il comandante la fissò perplesso. Ricordava bene quanto la donna si fosse accanita nella testimonianza contro il nazista. E non solo lei.
-Sono molto contento per lei, signora. Ma certo il suo è un caso isolato. Quell'ufficiale nazista è stato accusato da vari testimoni d'aver deportato centinaia di Ebrei a Auschwitz.
-Il maggiore Jӓger ha salvato anche me!- esclamò Giuditta -e i miei genitori! E un nostro amico siciliano ... il maggiore l'ha liberato dalle prigioni fasciste! Ha salvato me e la mia famiglia dal "camino" di Auschwitz, comandante! Il mio nome è Giuditta Naussbaum e sono ebrea.
L'uomo annuì perplesso.
-Certo, queste testimonianze avrebbero potuto influire sulla gravità della condanna ... ma ormai è troppo tardi, signore. Il maggiore Jӓger è stato fucilato qualche giorno fa.
Si rivolse all'ufficiale che era rimasto dietro di lui nella stanza e ascoltava in silenzio.
-Hai sentito, Sandro? Sembra che abbiamo avuto troppa fretta nell'eseguire la condanna. Mi dispiace per entrambe, signore. Non fatevene un cruccio, non è colpa vostra.
-Allora è vero- mormorò Giuditta a fior di labbra -è morto! Non lo rivedrò mai più!
-È terribile!- le fece eco Eva -Io ho odiato per anni l'uomo che ha salvato la vita di mio figlio! E sono stata causa della sua condanna a morte!
-Suvvia signora ... quell'uomo era un ufficiale della Gestapo ... responsabile di crimini di guerra. Forse si è riscattato alla fine e questa è una bella notizia. Voi non avete nessuna responsabilità della sua morte ... non tormentatevi, signora. Doveva finire così.
L'uomo chiamato Sandro aveva un'espressione perplessa mentre bisbigliava qualcosa all'orecchio del comandante.
-Davvero? Ne sei certo? Chiama il tenente Corsini ... sarà bene accertare la situazione. Signore...pare che alcune esecuzioni siano state rimandate a causa del caso di tifo che abbiamo avuto in caserma ... il medico ha chiesto di visitare tutti i soldati e i detenuti. Io non ero presente. Adesso verificherò con il tenente Corsini se i prigionieri sono stati giustiziati in seguito alla visita del medico. Vai Sandro!- ordinò -Porta qua il tenente ... era lui di turno in quei giorni, voglio capire cosa è successo. Voi, signore, attendete fuori. Mario vi farà vedere dove potete accomodarvi; vi farò chiamare appena ho notizie certe.
Le due donne seguirono il giovane soldato che ripercorse al contrario il corridoio e ritornò nel locale adiacente all'ingresso, dove spalancò una porta e fece cenno alle sue ospiti di entrare. Eva e Giuditta obbedirono subito ringraziando con semplicità. La stanza era vuota tranne poche sedie accostate alle pareti. Una finestra dischiusa lasciava passare una lieve corrente d'aria tiepida che stemperava con troppa modestia l'arsura del sole, che prorompeva con irruenza attraverso i vetri. Eva si sfilò il cappotto e lo posò sul bracciolo della sedia. Con la borsetta sul grembo nascose una piccola macchia nella gonna marrone.
Per qualche minuto nessuno parlò.
Le due donne si limitarono ad osservare i soldati al di là della cornice della porta, in attesa dell'arrivo del tenente Corsini, alla cui presenza si attaccava l'ultima speranza. Poiché né il tenente né il soldato chiamato Sandro davano segno di voler comparire a breve, Eva cessò di ignorare la sua compagna di stanza e disse:
-Voi conoscete bene il maggiore Jӓger?
Giuditta trasalì. Fissò il viso pallido e teso della sua interlocutrice e scosse il capo.
-L'ho ... frequentato per circa due mesi, signora.
-Frequentato? Non siete ebrea, come me?
-Si, signora, sono ebrea. Il mio nome è Giuditta Naussbaum. Ho conosciuto il maggiore nel locale di Rocco Scalisi, dove lavoravo come cameriera.
-Ditemi di lui, Giuditta, ditemi ciò che sapete ... voglio conoscere il più possibile dell'uomo che ha salvato mio figlio.
-Chi siete, signora? Ho udito che parlavate di un processo.
-Chiamatemi Eva, Giuditta, è il mio nome ... Eva Diena. Sì purtroppo, ho testimoniato contro di lui. Non sapevo ... vi prego, parlatemi del maggiore.
Giuditta corrugò le ciglia.
-Posso chiedervi di parlarmi prima di vostro figlio?
Eva sospirò e annuì. Raccontò concisamente ciò che le era successo e come avesse creduto che Jӓger avesse sparato al bambino.
-Dopo il processo, si avvicinò a me un giornalista. Pensavo volesse un'intervista e non ero disposta a parlare con lui. Invece mi porse un foglietto, mi disse che il maggiore lo aveva pregato di darmelo e lo indicò col volto mentre due soldati lo tiravano in piedi. Io presi quel foglio e lo feci in tre pezzi, poi lo buttai per terra e lo calpestai col piede. Fissai quel nazista negli occhi mentre lo spingevano via e mi apparve più che dispiaciuto. Quanto lo odiavo! Volevo che capisse che non l'avrei mai perdonato.
-Credevate che nel biglietto ci fossero delle scuse?
-Non lo so. Forse.
-Ma non lo sapete.
-Oh sì. La curiosità ha avuto il sopravvento e ho raccolto quei pezzi di carta.
-Eh ...?
-C'era un indirizzo e un messaggio: cercate Giuseppe!
-Giuseppe è il nome di vostro figlio?
-No! Mio figlio si chiama Samuel. Non potevo immaginare che il maggiore si riferisse a lui.
-Cosa avete pensato allora?
-Pensato? Nulla! Una burla? Forse voleva prendersi gioco di me ... questo ho pensato. Mai avrei creduto ... mai!
-Però siete andata a quell'indirizzo.
-Non subito. Il mio odio mi ha impedito di farlo. Ma non ho buttato il biglietto, e la curiosità ha prevalso. Se fossi andata quello stesso giorno! Adesso Jӓger sarebbe ancora vivo!
Si coprì la bocca con le dita e abbassò il capo come schiacciata dal peso del rimorso. Poi d'improvviso rialzò gli occhi ardenti e fissò Giuditta.
-Adesso a voi! Raccontatemi tutto!
Giuditta annuì.
-Sì, Eva, vi racconterò ciò che so sul maggiore ... chi è stato e soprattutto chi è diventato ...il maggiore tedesco Erich Jӓger, ufficiale della Gestapo.

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GIUDITTA E OLOFERNEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora