7. Arroganza

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Nel pomeriggio mi accorsi di stare peggio

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Nel pomeriggio mi accorsi di stare peggio. Non riuscivo a sopportare l'idea di ciò che mi attendeva e l'ignoto che vi era associato ingrandiva a dismisura i miei incubi peggiori. Immaginavo la scena decine di volte e in mille finali diversi ma nessuno di essi terminava con il classico lieto fine. Indossai la divisa blu del ristorante e indugiai davanti allo specchio per controllare se nei miei occhi fosse rimasta qualche traccia di pianto. Purtroppo la tensione mi causò un terribile mal di pancia e dopo poco più di un'ora dovetti abbandonare il lavoro e risalire in camera a svuotare lo stomaco. Stavo malissimo. Vomitai due volte e Rocco mi ordinò di riposarmi fino all'ora in cui i due tedeschi erano soliti arrivare. La voce del capitano mi arrivò alle orecchie mentre scendevo le scale.

-Rocco! ... Rocco! Qui! Venite qui!

-Eccomi capitano Müller ... buongiorno a lei, maggiore.

-Dov'è la ragazza?

-Scenderà subito, capitano. È molto nervosa e ha rigettato poco fa il pranzo. L'ho mandata a cambiarsi d'abito e sciacquarsi il viso ma presto sarà qui.

-Il maggiore non aspetterà a lungo.

-Non si preoccupi capitano, ho parlato con lei e si è convinta d'aver torto. È decisa a rimediare.

-Cosa vi avevo detto, Erich? Giulia si è pentita del suo atteggiamento scortese... è una brava ragazza ... vi prego di non infierire contro di lei. Eccola! Si avvicina ... uh, è pallida ... spero non le capiti di vomitare qui sul tavolo. Erich! Non trattenetela troppo.

-Lasciate che sia io a decidere, Franz.

-Come volete.

Mi stupii di me stessa appena cominciai a parlare. La mia voce non tremava.

-Buongiorno capitano, ... maggiore Jӓger? Sono molto dispiaciuta che abbiate male interpretato le mie parole nel nostro precedente incontro. Vi assicuro che non avevo nessuna intenzione di urtare i vostri sentimenti e sono dolente che sia accaduto. Ve ne prego, perdonatemi.

-Con questo, cosa volete dire? Siete pentita d'aver risposto con un rifiuto alla mia proposta d'incontrarvi al di fuori del lavoro?

-Il mio rifiuto non aveva l'intenzione di offendervi, maggiore.

-Quindi non sareste pentita.

-Sì, maggiore, sì! Lo sono. Dicevo che il mio rifiuto ...

-Non avete capito nulla, fraülein! Siete solo una stupida ragazza presuntuosa e ottusa!

-Maggiore Jӓger, vi chiedo perdono, e per mostrarvi il mio sincero rincrescimento, uscirò con voi, se ancora lo desiderate.

-Io dovrei desiderare uscire con voi?! Io non desidero uscire con voi! Forse voi desiderate uscire con me, dummes Mädchen[1]? Lo desiderate? Lo desiderate molto?

-Si signore, sarei molto onorata di uscire con voi. Se lo volete.

-Il vostro desiderio non è molto convincente, a mio parere. Forse se vi inginocchiaste qui e adesso potrei decidere di accontentarvi e degnarmi di uscire con voi.

-Maggiore, io vi assicuro ...

-Inginocchiatevi, fraülein Giulia! Adesso!

-Erich, non credete che ...

-Adesso! Qui, di fronte a tutti! Ecco, così, brava... e ora potreste riformulare la vostra proposta. Che cosa volete da me, dummes Mädchen? Su, parlate! Vi hanno mangiato la lingua? Parla, stupida ragazza!

-Vo... vo ... volete u ... uscire c...con me maggiore Jӓger? Io ... ne sarei ... lieta.

-Non sento la vostra brama! Pregate!

-Per favore maggiore ...

-Pregate!

-Vi supplico, maggiore!

-Bene, così ... dummes Mädchen, adesso cominciate a ragionare! Avrò modo di valutare domani sera quanto siano sincere queste parole. Verrò a prendervi alle sette. Alzatevi in piedi!

-Sì, signore ... per quell'ora ... per quell'ora sarò pronta.

Mi alzai e subito mi rifugiai in cucina. Laura mi raggiunse e mi abbracciò con affetto rivelandomi che molti commensali si erano voltati a guardarmi, ma si erano subito rimessi a mangiare con apparente indifferenza per la scena inedita. Nessuno aveva osato alzarsi per cercare di difendermi. Tutti temevano ritorsioni dalla Gestapo.

***


Quella notte feci qualcosa che non avrei mai immaginato di fare: pregai e mi rivolsi a Gesù. Io ebrea disperata pregai Gesù. Non so perché, non era mai successo e non l'avrei potuto pensare prima. Successe e basta. Forse fu la fede di padre Aldo o forse la paura. Non avevo mai avuto una paura così incontrollabile.

Pregai con cuore aperto e sanguinante. Pregai con disperazione. Raccontai a voce alta le mie paure fuori controllo, la mia inutile rabbia per la malvagità e arroganza di quell'uomo, per la mia libertà rubata, per l'umiliazione bruciante.

Chiesi forza.

Chiesi consolazione.

Chiesi aiuto per non tradirmi davanti a quell'ufficiale.

Non so spiegare cosa accadde, ma appena terminai di pregare mi accorsi che dentro di me qualcosa era cambiato. Il tumulto interiore era sparito e una pace profonda invadeva il mio cuore e la mente. Dunque il Gesù dei cristiani esisteva davvero e mi aveva ascoltato? Sentivo che avrei avuto il coraggio di uscire con quell'uomo per salvare i miei genitori e concedere a Rocco il tempo per organizzare la nostra fuga. Mi riproposi di parlare poco per non rischiare d'irritarlo o di tradirmi.

GIUDITTA E OLOFERNEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora