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— ANDRES —

Avevo un po' di tregua in quei giorni prima della prossima corsa, quindi andai al mio negozio di antiquariato.

Ero un amante del genere, compravo e rivedevo mobili di valore e da qualunque provenienza da persone che non ci volevano più avere a che fare e una parte del guadagno la davo sempre in donazione alla ricerca per le malattie genetiche, per dare un futuro ai bambini come Milo che avevano bisogno di un appoggio.

Gestivo il tutto da solo dal momento che mi organizzavo su appuntamento. Quando arrivai, schiusi la porta ed entrai senza accendere la luce. Qualcuno avrebbe potuto fraintende. Ero venuto per un controllo, non per fare il mercante.

L'ambiente era semplice: pareli e pavimenti bianchi, uno scrittoio in fondo alla stanza e le cianfrusaglie ai lati in esposizione. Là dentro avevo di tutto: comò del '800, cassapanche intagliate da legno pregiato, quadri e cornici piuttosto sontuose e anche qualche vecchia lampada ad olio. Persino qualche giocattolo del primo dopo guerra.

Alcuni però li creavo io...mi piaceva dilettarmi in quell'arte di tanto in tanto. Era un modo per estraniarmi al mondo e dar sfogo all'energia accumulata dallo stress.

Mi diressi al banco e dal cassetto a destra tirai fuori l'agenda degli impegni. Andai sul giorno (il 19 agosto 2023) e vidi che avevo solo una persona alle 14:00.

Controllai allora che fosse tutto in ordine e dopo aver preso una scatola di cartone di media grandezza, uscii chiudendo a chiave.

Mi incamminai verso il quartiere di El Poble-sec, una zona di Barcellona che personalmente amavo molto. Era compatto e presentava varie piazzette ombreggiate e deliziose dove di solito stavano gli innamorati, intenti a sussurrarsi parole di miele. A me, onestamente, facevano venire il vomito.

Comunque, le case erano all'interno di antichi palazzi dall'aria elegante, almeno quanto l'architettura ottocentesca. C'era poi Carrer de Blai che era una via molto nota per i tapas bar, creativi e vivaci. Uno di questi, per esempio, era l'Azul.

Nel pensarci, la mia mente tornò alla bella Esmeralda, ma la rimossi quasi immediatamente perché attirato da qualcos'altro.

Arrivai sull'Avinguda del Paral lel dove si affacciano teatri tradizionali che organizzavano occasionalmente musical e spettacoli di cabaret. Lontano dal trambusto invece, qualche abitante della zona, stava nei suggestivi caffè all'aperto di Plaça de las Navas e Plaça del Sortidor.

Tutti posti incantevoli, ma che non facevano per me. Io preferivo le quattro mura di casa mia e non perché non mi entusiasmava uscire. Semplicemente, mi aiutavano a non combinare casini...senza contare che in quei locali non erano fatti per i sex symbol.

Aumentai il passo e giunsi davanti a un palazzo dal muri di pietra beige. Mi avvicinai e cercai il nome "Martinez" sul campanello. Pigiai quel pulsante poi e attesi dondolandomi un poco sui talloni.

<<¿Quién es?>>
<<Soy Riva, Andres.>>

La madre di Milo pochi secondi dopo mi aprì il portane e io salii le scale di pietra fredda e grigia fino al quarto piano per raggiungere l'appartamento.

Una volta in cima, la signora Martinez mi accolse con un gran sorriso sulle labbra sottile e di un rosa cipria abbastanza spento. Gli occhi color oceano le scintillavano.

Io non la calcolai. Era una bella donna e mamma single sulla quarantina che però aveva un debole per me a dir poco eccessivo forse.

Ogni volta che andavo a trovare Milo a casa, faceva di tutto per attirare la mia attenzione con pose e frasi velate di davvero pessimo gusto. Io la capivo perché in fondo non doveva esser facile crescere da sola un figlio di sei anni, ma non per questo il suo comportamento era giustificabile. Dai!

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora