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— ESME —

Trascorse una settimana dal funerale di mio padre e...quel piacevole incontro con Torres.

E ora che ero tornata alla mia solita routine, mi trovavo a casa; davanti al computer a lavorare con noia su un nuovo articolo. Riguardava un altro evento motoristico nel nord del Paese.

Scrivevo una frase e la cancellavo. Ne digitavo un'altra e cambiavo mille termini. Non riuscivo a decidermi e la mia mente era occupata da una sola persona. Andres Riva.

Dopo esser tornata a casa quel giorno, chiamai May per avere un consiglio a riguardo. «Tu senti qualcosa per lui?» mi chiese.

Io non risposi. Come potevo?

Le emozioni che provavo in sua presenza erano vere, ma non sapevo fino a che punto e ammettere di sentirle nel modo in cui intendeva la mia amica...beh, mi sembrava un po' esagerato, ecco.

Comunque, prima di uscire quella mattina, per la prima volta in tutta la mia vita, mi permisi di entrare nella stanza di Felipe.

Venni travolta da un placido gelo e tutto mi parve in bianco e nero. Il suo letto era disfatto, le lenzuola da cambiare. Gli stendardi blu notte che incorniciavano la finestra, lunghi fino a terra, avevano chiaramente un dito abbondante di polvere addosso.

Il pavimento non era da meno: in alcuni punti era macchiato.

Respirai a fondo. Lui non voleva che entrassi là dentro. "Come io non entro in camera tua, neanche tu ne hai diritto" era la sua giustificazione.

Lo ribadiva sempre, specie quando mi occupavo delle faccende casalinghe. Tuttavia, non avrei mai pensato che l'avesse tenuta così male per tutti quegli anni.

Per poco infatti non ebbi un tuffo al cuore nel rendermi conto che la colpa per quella misera vita che sembrava circondarlo fosse -sebbene solo in parte- mia.

Gli volevo bene, mi prendevo cura di lui, ma forse su alcune cose avevo lasciato troppo correre. Lasciato che la passasse lista anche quando avrei dovuto impuntarmi. Infondo, non era mai a casa e una semplice spazzata non poteva certo svelare chissà quali oscuri segreti.

Sempre che ne avesse.

Felipe a quanto ne sapevo, era una persona onesta e buona. Varie volte mi era stato descritto come un uomo di maestria e saggezza...quanto avrei voluto assistere a tale versione di lui.

Mi addentrai, arrivando all'armadio così da sistemare gli ultimi scatoloni da dare ai meni fortunati e tra uno e l'altro, arrivai allo scaffale più in alto.

Individuai un cofanetto piuttosto piccolo e di forma cubica di legno scuro, intagliato con sopra un motivo a fiori con al centro un giglio; con una "E" incisa sopra. Incuriosita, lo aprii senza esitazioni.

Avvolto in un cuscino bianco, svelai un un bracciale fatto da una striscia sottilissima di quello che sembrò essere vero oro.

Ebbi un leggero sussulto, poi lo tirai fuori indietreggiando fino al materasso. Mi accomodai, provando ad agganciare la cinghia.

Non faticai, nonostante fosse un po' corta. Il polso era così magro da esser ugualmente della misura giusta.

Lo guardai allontanando la mano. Alla luce del sola che filtrava dall'esterno, brillò.

Sorrisi appena tra me.

Quindi, curiosai dentro la scatola trovando un biglietto allegato. Sopra vi era scritto: "Esmeralda: splendente come la nostra bambina"

Restai di stucco, sinceramente.

Non avevo mai conosciuto approfonditamente la parte paterna di Felipe, ma in quel istante avrei dato qualunque cosa pur di poter parlare con lui.

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora