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— ESME —

Ci addormentammo sfiniti. E nel cuore della notte, Andres se ne andò senza che io me ne accorgessi.
O meglio, ciò accede quando al mattino ritrovai il letto vuoto e freddo.

Quello che era successo tra noi fu oggettivamente assurdo, sotto ogni punto di vista, ma non ci feci caso. Per una e prima volta nella mia vita, mi sentii ben voluta e constatare che i modi di Andres  erano ad anni luci di distanza da quelli di Torre, fu un vero sollievo.

Dunque quel giorno m'alzai col piede giusto, cosa che non succedeva da un bel po'. Nella mia intera esistenza, le cose per cui potevo esser contenta erano talmente poche da poter esser contante sulle dita dei una mano – anche se stavano aumentando ultimamente.

Afferrai il cellulare allora e senza muovermi dal letto, chiamai la mia migliore amica. Erano appena le nove quindi mi rispose subito, al secondo squillo.

«Ehi, carissima!» salutò esuberante.
«Como éstas?»
«Bene dai. Tu?»

Esitai un minuto. Prima pensai di raccontarle della notte scorsa, poi rinunciai rimanendo sul vago. «Si, si. Ho dovuto per licenziarmi. Nunez ha truccato il mio articolo su Riva e dopo tante cose, il vaso è traboccato.»
Sentii Mayling sospirare. «Mi dispiace tanto.»
«Già...»

«Ma raccontami, dai. Qualche baldo giovane all'orizzonte?»
Negai con la testa anche se consapevole che non potesse vedermi. «No» mentii.

Non mi spiegai il motivo per cui lo feci, ma probabilmente perché nemmeno io ero pronta ad affrontare come di dovere ciò che era successo.

«Asher si è fatto vivo?»
«Secondo te? No, ovvio. Ma non importa più ormai...»
Arricciai il naso, non convinta. «May, sai che non è così. Lui ti manca, a me puoi dirlo.»
«Ok...si.»

Serrai la mascella e per un paio di minuti nessuna delle due disse più nulla.
«Beh, Esmy. Devo andare, ho una visita.»
Incassai. «Oh, ok. Ci sentiamo.»

Mi liquidò e la conversazione finì. Io mandai giù con un po' di delusione e misi giù il cellulare, vestendomi per andare in soggiorno.

Micky mi saltò in braccio e io l'accarezzai con affetto. Quindi andai in cucina a prendere un bricco di latte e una ciotola di cereali.

Posai il gattino sul piano e lo servii, facendo poi lo stesso con me prendendo un cucchiaio. E proprio lì, tra un boccone e l'altro ebbi un'illuminazione.

Scattai in piedi e andai a recuperare il cellulare, cercando un preciso numero nella rubrica. Lo cliccai posandomi il dispositivo all'orecchio e attesi.
«Pronto?» rispose la voce dall'altra parte.
«Ciao Asher. Come va?»

Un sospiro sorpreso arrivò fino a me. «Esme..oh, sei tu...» Pausa, muto.
Presi allora parola. «Ash. Dimmi che è successo con May.»
«Ti ha detto lei di chiamare?» chiese speranzoso.
«No, ma odio vederla in questo stato e voglio capire.»
«Come biasimarti..»

E di nuovo silenzio. «Allora?» insistetti.
Asher Cambell era un uomo ragionevole, fine ed educato, ma quando faceva quel tipo di cazzate senza un vero motivo onestamente mi dava sui nervi.

Quello era il suo difetto e in quel momento avrebbe fatto meglio a evitarlo. Non lo stavo mangiando, avevo solo chiesto una spiegazione. La stessa che avrebbe poi dovuto dare a Mayling.

«Lei ha frainteso» iniziò amareggiato. «Quando mi ha detto di esser incita mi ha preso del tutto alla sprovvista. Non volevo dire che non le sarei stata accanto per affrontare la cosa, ma mi è uscito male e... lei ha mi odia vero?»

Sospirai con un palmo contro la fronte, esasperata. «No. È solo arrabbiata, credeva fossi stato contento di diventare padre.»

«Infatti. Solo, non ho trovato le parole giuste» si difese, il tono dispiaciuto e onesto. «Capisci?»
«Posso immaginare...» dissi ondeggiando la testa da una parte all'altra. «Ma perché non l'hai più sentita poi?»

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora