- 26 - (Parte 1)

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— ESME —

Un giorno e fu ora di partire, di nuovo, verso l'Italia. Questa volta, per un rally pur sempre in Veneto, ma nella zona della Valpolicella famosa per i suoi vini pregiati.

Avvisai mio padre, per correttezza, ma lui neanche mi ascoltò. Scrollò semplicemente le spalle, come sempre e mi lascio andare senza dire una parola.

Quindi, mi avviai e trovai Ramon ai piedi del palazzo ad aspettarmi – proprio come c'eravamo accordati. Lo salutai con un cenno e lui in risposta mi passò il casco. Lo indossai per poi saltare in sella. Mise in moto, verso lo stadio.

Durante il tragitto mi sembrò andasse ai venti all'ora rispetto al passaggio che m'aveva offerto Riva. Chissà a quanto andava. Di sicuro, più di Herrera che sembrava temere per la mia incolumità e facesse apposta per farmi arrivare in ritardo.

Dovetti dirgli di muoversi. E per fortuna lui si arrese con un solo sbuffo.

Quando arrivammo, i tre erano già sul posto.

Il mio amico parcheggiò e tolse il casco, nervoso. Era visibilmente infastidito dalla presenza di Riva e non cercava neanche di nasconderlo. Neanche per me.

Per questo aveva deciso di accompagnarmi, per assicurarsi che non facessi scherzi.

«Non preoccuparti. Tornerò intera» gli dissi incoraggiante con un piccolo sorriso tirato.

Rey guardò dritto verso Andres, la mascella serrata. «Lo spero per lui, altrimenti lo uccido» affermò incastrando le dita per scrocchiarle.

«Ehi, calma. Non credo ci sarà bisogno di arrivare a tanto.»
«Cos'è? Lo difendi, ora?» Mi guardò inorridito.

«No!» mi difesi prontamente. «Solo, non ti si addice quest'aria da aspirante killer, mio caro Ramon Herrera.»

Gli misi a posto la giacca blu notte, facendola aderire perfettamente alle sue spalle possenti anche se non troppo atletiche e lui si calmò leggermente. La rigidità però non lo abbandonò.

«Eh, giornalista! Quanto tempo.» Mi voltai verso Andres che diversamente dal solito sembrava più allegro.

Lo salutai con un cenno e tirai fuori la mia piccola valigia dal bagagliaio della moto – con un po' di difficoltà perché non era proprio il posto adatto a lei.

Ma dovetti adattarmi, Ramon aveva insistito nell'accompagnarmi con la sua moto nonostante gli avessi fatto notare il problema più di una volta. Fu irremovibile.

Come ora che stava davanti all'altro. Non arretrava di un movimento, continuava a fissarlo con sincero disgusto.

«Te lo prometto, ok?»
Si volse verso di me e guardò negli occhi. I suoi castani nei miei. Alzai quindi il mignolo e lui lo agganciò al suo sigillando quella piccola promessa.

Io allora mi congedai e salii sulla macchina di Hernández che come l'ultima volta, anche all'interno, era perfettamente pulita.

Durante il viaggio andò tutto bene. Alexio come suo solito fece battute ridicole e parecchio fraintendibili.

La radio in sottofondo conferiva all'atmosfera in maniera attiva. Andres ogni tanto mi lanciava qualche occhiata eloquente, alla quale io non risposi mai.
Che scemo!

E così, presto venne avanti la sera e il mentore convenne fosse meglio fermarci da qualche parte per la notte. Avviammo il navigatore con il mio telefono verso il primo motel sulla strada e quando lo raggiungemmo, incrociammo le dita sperando che avessero ancora qualche camera libera.

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora