Capitolo 45

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Harry's Pov

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Harry's Pov.

Misi in moto l'auto, e sfrecciai via dalla villa di Louis. Accanto a me, nel sedile del passeggero, una Ashley agitata occupava il posto.

Ci avremmo impiegato circa un'ora se fossimo stati in città, ma considerando che quei giorni li passammo in montagna avremmo impiegato poco più di un'ora e mezza.

Iniziai a pensare che mi stavo legando troppo a quella ragazza, perché non avrei mai fatto niente di simile per nessuno al mondo, ma lei era la mia eccezione alla regola.

E dentro di me ammisi di esserne un po' spaventato, avevo paura di tutte le mie decisioni irrazionali e del fatto che pian piano stavo iniziando a provare qualcosa che non avevo mai provato in vita mia. Non sapevo come comportarmi, ero stato colto alla sprovvista, un ruolo che non mi si addiceva.

Sentivo che più tempo passava, più il mio autocontrollo se ne stava andando a farsi fottere, facendomi sentire frustrato e decisamente fuori luogo.

Poi, però, nel momento in cui le diedi una veloce occhiata mi resi conto che stavo facendo la cosa giusta, almeno per una volta. E le stavo stando accanto aiutandola in un momento particolarmente delicato per lei.

A dire il vero, non avevo insistito per sapere cosa stesse succedendo, avevo capito non ne volesse parlare e rispettai la sua decisione. Avevo solo intuito che qualcuno di molto importante per lei stava male, a quel punto non ci pensai due volte e avvisai il resto del gruppo della nostra improvvisa partenza.

Era incredibile come tutto successe in così poco tempo: le giornate passate a casa di Louis, con i giochi stupidi di quest'ultimo, i momenti passati con Ashley a punzecchiarci, la nostra vicinanza silenziosa, eravamo addirittura arrivati a fare sesso e a litigare in meno di ventiquattro ore.

E poco dopo ci trovammo sulla mia auto, che sfrecciava a grande velocità per raggiungere un'altra città il prima possibile, con un silenzio tombale e l'ansia che saliva man mano che il tempo passava.

Strano a dirlo, ma vederla così silenziosa e immersa tra i suoi pensieri mi faceva venire voglia di sentirla parlare a macchinetta, perché non era da lei isolarsi.

Avevo sempre odiato il suo ficcare il naso tra le mie cose, le sue domande insistenti e continue, la sua curiosità di sapere, la sua parlantina... Eppure, in quel momento non desideravo altro che sentirla parlare, l'avrei ascoltata per ore. Ero curioso di sapere cosa le stesse passando per la testa, al tempo stesso volevo in qualche modo distrarla da quei pensieri, dall'agitazione palese che la torturava.

Così, non sapendo come rompere quel silenzio, mi schiarii la gola con qualche colpo di tosse fintissimo. Non ero bravo per quel genere di cose.

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