Capitolo 34

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Ashley's Pov.

Sbuffai pesantemente quando Emy e Luke continuavano a farmi domande su domande.

«Voglio solo sapere cosa ti ha detto.» continuava la mora, mentre passava una pezza sul bancone.

«Non mi ha detto nulla, mi aveva solo chiesto come avessi saputo delle gare.» mi passai una mano tra i capelli spettinati, mi sentivo davvero uno zombie quella mattina.

«E tu cosa gli hai detto?» mi chiese Luke, continuando a stropicciare un tovagliolo.

«Nulla, non potevo mettere nei guai Louis, anche se penso che molte volte esagera e non sa tenere a freno la lingua.» spiegai, cercando di squagliarmela quando un cliente fece il suo ingresso al Prestigious.

Così, ripresi a lavorare cercando di intrattenermi il più possibile con i clienti, pur di evitare le loro domande asfissianti. Luke mi aveva accompagnata con la sua auto, e quando Emy annunciò di dovermi parlare, non se lo fece ripetere due volte restando anche lui, curioso di sapere cosa ci fosse stato tra me ed Harry. Bene, la giornata era iniziata peggio del solito tra il lavoro e i loro questionari. Evitai svariate domande, come ad esempio quella di Emy quando mi chiese cosa mi avesse detto, non credevo fosse così tanto importante; in fin dei conti, oltre ad aver avuto un piccolo battibecco inizialmente, per poi concludere la serata con il suo buonanotte cimice, non credevo fosse così interessante. Harry giorno dopo giorno, da quando lo conoscevo, diventava sempre più strano e difficile da comprendere, quasi impossibile. I suoi sbalzi d'umore erano qualcosa di assurdo, non riuscivo proprio a capire come potesse cambiare da un momento all'altro, da intimidatorio a quasi amichevole era un attimo.

Sorrisi distrattamente ad una signora con il proprio figlio e mi affrettai a dirigermi da un anziano signore, per prendere le sue ordinazioni.
Quel giorno mi sentivo giù di morale per qualche strano motivo, non mi andava di fare nulla, ma di certo non potevo prendermi un giorno libero. Harry mi aveva incasinato la testa e anche la vita, non facevo altro se non pensare continuamente a lui. Beh, forse perché Emy continuava a parlarne e a mettermi pressione per cercare di farmi scappare qualche dettagli in più, ma ero sicura che lei in realtà c'entrasse poco e niente con il caos nella mia mente.
Le parole del riccio continuavano a tormentarmi, non che mi avesse detto cose dell'altro mondo. Tuttavia, se pensavo che la mia presenza non era stata gradita da lui mi sentivo in colpa, e forse era stato uno sbaglio mettere piede in quel posto; d'altro canto, non riuscivo a reprimere un sorrisetto al pensiero del nomigliono buffo che mi affidò. Non mi meravigliai poi molto, ricordando come chiamasse Jack anche se in modo poco carino e gentile rispetto al mio. Cimice, così mi aveva chiamata.

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