Capitolo 37 - Regulus

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Regulus non appena tutti gli altri furono usciti tutta dalla stanza tirò un sospiro di sollievo, si allontanò dal tavolo e si gettò sul divano con un sospiro stanco. Chiuse gli occhi e si strofinò il viso, nel nero dietro le palpebre trovò migliaia di mani pronte ad afferrarlo e a trascinarlo sott'acqua, in profondità. All'improvviso una mano si appoggiò sulla sua palla, Regulus si lasciò scappare un piccolo grido e si allontanò di colpo. Si rese conto un secondo troppo tardi che si trattava di James. Si era dimenticato che fosse lì, si era dimenticato di avergli chiesto di restare.

"Amore, tutto bene?"

Amore. Ogni volta che James lo chiamava amore, Regulus sentiva la felicità esplodergli nel petto come un fuoco d'artificio. Era adorabile, un vero e proprio lampo di magnesio. Regulus sospirò e si passò di nuovo le mani sul viso. Non aveva mai raccontato a James del sogno che lo tormentava da sempre. Non gli aveva mai parlato delle mani di morto che ogni notte lo facevano affogare. Aveva pensato che quel sogno avesse un significato particolare, aveva studiato Freud per capirlo, aveva formulato migliaia di diverse ipotesi. Quando Cereus era arrivata da lui con quei sette volumi, quell'assurda profezia di un futuro scritto (o quasi), Regulus aveva scoperto che il suo incubo non era altro che un riflesso del futuro, un frammento del proprio destino, un assaggio del propria morte. Regulus moriva ogni notte, affogato, e nonostante questo amava ancora l'acqua, era affascinato dal mare e da come le stelle danzassero sul lago la notte. Era pazzo, come ogni membro della sua famiglia, l'unica sua consolazione era che la sua follia poteva ferire solo sé stesso.

"Sì."

Gracchiò alla domanda di James, nonostante avesse voluto dire il contrario. Non andava bene. Non stava bene. Se quei sette taccuini dicevano la verità, ed era molto probabile che lo facessero, davanti a lui si prospettava solo un futuro orribile e triste dove la sua unica gloria consisteva nel tentare di distruggere un medaglione, avrebbe fallito anche in quello. Avrebbe lasciato James, lo avrebbe visto innamorarsi di Lily, mentre lui avrebbe dovuto prendere il marchio, mentre lui non sarebbe stato altro che un burattino ribelle, che oltre a tagliare qualche filo non potrebbe fare molto altro.

Non stava bene.

"No."

Si corresse alla fine, dopo un lungo momento di silenzio. James era ancora davanti a lui, inginocchiato sul tappeto, con le mani alzate, attento a non toccarlo di nuovo. Regulus voleva essere toccato, aveva bisogno delle mani calde di James addosso, voleva che gli ricordassero che era vivo, che era lì presente, che non sarebbe affogato. Lentamente alzò una mano, prese quella di James e se la portò alle labbra per lasciare un rapido bacio sulle sue nocche. James era caldo, un vero sole da tenere tra le mani.

"Puoi..."

Non riuscì a completare la sua richiesta, ma James capì. Si alzò e si sedette accanto a lui sul divano, molto vicino. Regulus si rannicchiò contro di lui e lasciò che James lo stringesse tra le sue braccia.

"Puoi dirmi tutto quello che ti preoccupa, lo risolveremo insieme."

James era così adorabile, Regulus era convinto di non meritarselo. Dopo una lunga lotta interiore si decise a parlare.

"È solo tanto da metabolizzare."

"I taccuini?"

"Non solo. Tutto questo." Regulus abbassò lo sguardo verso le sue mani, aprì i palmi verso l'alto altri e li studiò attentamente.

"Mi sento potente e fragile allo stesso tempo ad avere il futuro tra le mani."

"Lo so, lo stesso vale per me. Da una parte ho paura che potremmo portare il mondo sull'orlo di una catastrofe interferendo con il destino, dall'altra non credo nel destino."

How to rewrite the stars - Tutorial by the maraudersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora