Capitolo 1:

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Stava cadendo.
Mentre precipitava girava su sé stesso. A ogni capriola cielo e mare si cedevano il posto e più il tempo passava più le onde nere si avvicinavano e nuvole simili a mucchi di polvere si allontanavano.
Sopra di sé, tra le fitte nuvole nere, vedeva una delle ali di Arrax che lentamente planava verso il basso. Sembrava la vela di una nave che il vento aveva strappato dall'albero maestro.
La pioggia e il vento gli schiaffeggiavano il viso. Faticava a tenere gli occhi aperti, le gocce affilate gli ferivano le palpebre e le guance rosse erano così fredde da essere insensibili sfere ghiacciate.
I capelli bagnati erano un'umida coperta contro la sua fronte. Il corpo e i suoi abiti erano coperti di rosso, il sangue di Arrax era bollente contro la sua pelle.
Mentre precipitava pensò che fosse stato incredibile attraversare le nuvole. Quando le aveva superate gli era mancato il fiato ma ora che il mare nero si stava avvicinando a lui sentiva che il fiato gli sarebbe mancato per sempre.
Una folata di vento lo spinse in avanti e una mano si serrò attorno alla sua caviglia. La presa fu così improvvisa che gli strappò il fiato. Gli fece male. Fu certo che il piede si sarebbe staccato dal corpo, strappando tessuti e legamenti.
Non si trovò più a precipitare.
Fermo a mezz'aria e con il viso rivolto verso il basso guardava le onde così alte da poterlo sfiorare.
L'ala di Arrax lo superò delicata e scomparve nell'oscurità.
Con uno strattone venne sollevato e premuto contro un corpo caldo ma umido per la pioggia. Sentì un cuore furioso battere contro la sua guancia. Un respiro bollente bruciargli le orecchie. Una mano era stretta contro il suo fianco, le dita conficcate duramente nella pelle, come se volessero strapparla.
"Vhagar! Soves Vhagar!" esclamò Aemond, le punte dei suoi capelli sfiorarono le labbra di Lucerys.
Vhagar... Aemond... no, pensò Lucerys mentre sollevava lo sguardo sul viso di suo zio.
Aemond era un fantasma nella notte.




Quando arrivò a Capo Tempesta era febbricitante. La sua fronte ardeva e un velo di sudore ghiacciato gli copriva il corpo protetto da pesanti abiti da viaggio. Il collo era nascosto dal lungo mantello azzurro e soffice ma la morbidezza che appena partito aveva trovato rassicurante si era presto trasformata in una morsa asfissiante che gli faceva battere veloce il cuore.
Deglutì e allargò un poco il colletto del mantello, l'aria fresca fu inebriante per i pochi istanti in cui durò.
Il vento era freddo contro le sue guance. Presto si sarebbe scatenata una tempesta.
Spero che Lord Borros abbia il buon cuore di offrirmi un tetto, pensò Lucerys mentre un piccolo manipolo di guardie lo accompagnava lungo la scalinata.
Scosse il capo.
No. Preferirei affrontare la tempesta invece che stare lontano da mia madre.
Quello che parve un tuono fece tremare i ciottoli e un brivido corse lungo la sua schiena. Sollevò lo sguardo giusto in tempo per vedere un fulmine attraversare il cielo e l'enorme testa di Vhagar sollevarsi oltre le mura a protezione del palazzo.
Il suo cuore iniziò a battere veloce.
Boom. Boom. Boom. Boom.
Vhagar, pensò deglutendo.
Una delle guardie lo invitò, con gentilezza, a proseguire.
Forse anche lei ha paura di Vhagar. Di mio zio, pensò mentre attraversava la pesante porta e il suo titolo veniva annunciato a gran voce, rendendo tutti i presenti consci del suo arrivo.
Immobile al centro della navata i suoi occhi incontrarono quello di suo zio.
Era il primo uomo ad aver notato. Non Lord Borros, l'imponente e al tempo stesso minuscolo uomo, seduto sul trono. La folta barba che faceva da cornice a un viso paffuto ma che in gioventù doveva essere stato molto affascinante. Non le sue dolci figlie che incantevoli stavano al suo fianco. I lunghi capelli mori e ondulati che ricadevano lungo le loro schiene. Non le guardie che lo osservavano con curiosità ben celata. Gli occhi che saettavano dal suo viso alla punta dei suoi stivali.
Ma, dopotutto, suo zio aveva sempre esercitato una certa attrattiva su di lui.
Sono fottuto, pensò deglutendo. La gola era arsa e a poco servì la saliva bollente.
Aemond stava al fianco di una delle figlie di Lord Borros, alto e magnifico. I lunghi capelli ricadevano sulla schiena coperta di nero, la cicatrice bianca gli attraversava la guancia sembrando quasi un prolungamento del sorriso sorione e crudele sempre presente.
Il suo occhio dall'iride viola era fisso su di lui. Il suo odore, benché minimo ma al tempo stesso invadente, era ben presente nella stanza.
Minimo perché non mi sono ancora presentato, pensò Lucerys.
I suoi occhi si fissarono su Lord Borros che con dita dalle unghie corte e ben curate arpionava i braccioli del suo trono in pietra.
Deve essere soffocante per un alpha come lui, pensò lanciando un ultimo sguardo a suo zio.
E incredibilmente affascinante per una omega come lei, pensò osservando la giovane ferma al fianco di Aemond. Era graziosa, dalla bellezza modesta e il viso rosso.
"Principe Lucerys," lo accolse Lord Borros. La voce uscì gracchiante, come se fosse stata costretta a passare attraverso un sottile spiraglio.
"Lord Borros," salutò lui porgendo un leggero cenno con il capo.
Con la coda dell'occhio vide Aemond muoversi sul posto, cambiare il piede su cui stava appoggiando completamente il proprio peso. Le mani strette dietro la schiena e la lunga spada bene in vista.
Lucerys prese un profondo respiro, pronto finalmente a rivolgersi al Signore di Capo Tempesta, e il fiato gli si bloccò in fondo alla gola, come se una mano si fosse stretta attorno al suo collo. Una mano pallida e dalle lunghe dita taglienti.
Le sue narici vennero pizzicate da un profumo delizioso, muschiato e fumoso.
Aemond, pensò con un briciolo di terrore.
Si leccò rapidamente le labbra e si schiarì la gola, cercando di celare la sua sorpresa.
Passò una mano contro la fronte sudata ma che, inspiegabilmente, si faceva progressivamente sempre più calda.
Dovrei stare congelando, pensò ricordando il lungo viaggio tra i venti gelidi e gli spruzzi freddi delle onde.
Lanciò la proposta che sua madre offriva. Lasciò che fosse una guardia a portare la lettera a Lord Borros, temeva che compiere anche un singolo passo avrebbe potuto distruggere quella maschera di indifferenza che era riuscito a indossare.
È così strano... pensò deglutendo.
Si sentiva tremendamente esposto. Percepiva centinaia di occhi fissi su di sé ma solo uno possedeva la capacità di immobilizzarlo.
Devo tornare a casa, pensò mordendosi una guancia.
Non gli era ben chiaro cosa stesse succedendo. Il perché improvvisamente riuscisse a percepire profumi e odori con tale facilità. Gli sembrava quasi di poterli sentire sulla lingua, un peso leggero e fumoso. Una presenza invisibile ma che gli riempiva la gola e faceva bruciare il corpo.
Sentì l'occhio di suo zio che lo fissava. Era difficile non rendersi conto della sua presenza, dell'unica iride viola fissa sul lato del suo viso.
Strinse le mani a pugno e con il poco coraggio che gli era rimasto sollevò gli occhi. Quando i suoi incontrarono il suo si sentì tremare. Un brivido gli corse lungo la schiena e solamente il desiderio di non apparire intimorito davanti alla corte di Lord Borros trattenne i suoi tremori.
Una delle guardie sussultò al suo fianco e l'armatura tintinnò.
Lucerys voltò il capo con l'intenzione di scoprire che cosa avesse turbato il suo accompagnatore. Il piede destro ruotò di un singolo centimetro ma quello bastò.
Sentì qualcosa di umido scivolargli tra le cosce.
Oh, pensò con terrore.
Fu appena una goccia, una sensazione, ma sembrò bastare per creare il panico. Il suo cuore iniziò a battere più rapido.
Non un alpha, pensò con innocenza che avrebbe sicuramente fatto ridere suo fratello maggiore.
Sperò che nessuno in quella sala si fosse reso conto di ciò che stava accadendo al suo corpo sottile.
Le guardie che lo circondavano furono le prime a rendersene conto.
Lucerys le vide irrigidirsi, annusare l'aria e scrutarsi l'una con l'altra, come se cercassero di capire cosa fare.
Il giovane principe fece del proprio meglio per ignorare il desiderio crescente ma la sua bocca iniziava a riempirsi di saliva e le sue ginocchia a tremare. La paura e l'ansia presto avrebbero iniziato a lasciare il suo corpo a ondate e a tutti sarebbe stato chiaro.
Anche ad Aemond, pensò deglutendo.
Si azzardò a guardare suo zio e lo vide. Il suo unico occhio sgranato e le labbra lievemente dischiuse su denti dritti, lucenti. Il sorriso più accentuato, malevolo.
Il Lord di Capo Tempesta sembrava essere l'unico a ignorare la vicenda, troppo concentrato nel suo lungo discorso. Discorso che Lucerys non aveva ascoltato, troppo preso dai cambiamenti che stavano avvenendo dentro di lui.
Devo tornare a casa, pensò con il petto che si alzava e abbassava rapidamente.
"Torna a casa, cucciolo," disse Lord Borros venendo alla conclusione del suo discorso.
Lucerys si morse le labbra, desideroso di difendersi davanti alle calunnie di quell'uomo.
Con la coda dell'occhio vide suo zio fare un passo avanti e preso dal panico voltò le spalle al Lord e si precipitò fuori dalla sala, il cuore che batteva così rapido da fargli male.
Devo tornare a casa. Devo, ripeté ancora mentre correva da Arrax
Quando si alzò in volo il suo sguardo era fisso davanti a sé, dove sapeva che avrebbe trovato Roccia del Drago.
E poi Aemond piombò su di lui.




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