Capitolo 32:

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La neve si stava facendo più sottile ma ancora si aggrappava alla terra umida e fredda. Spesso piccoli fiocchi cadevano dal cielo nuvoloso, afferrando la criniera del suo stallone e il mantello di pelliccia che gli copriva le spalle.
Mi è mancato, pensò mentre l'aria fredda del Nord gli bruciava la pelle e intirizziva le ossa. La primavera era alla porte ma la neve sarebbe scomparsa solo con l'arrivo dell'estate, quando le temperature sarebbero state troppo alte.
Avevano attraversato villaggi e praterie e finalmente, oltre gli alberi, poteva scorgere il profilo di Grande Inverno, incantevole come il giorno in cui l'aveva lasciata. Da dove si trovava riusciva a vedere le rosse foglie dell'Albero-Diga, la leggera brezza le scuoteva con fossero fiamme in un focolare.
Il suo cavallo giunse a una brusca fermata. Scosse il capo e sbuffò, disturbato da qualcosa che si celava oltre agli alberi. Lo stesso fecero gli animali dei suoi uomini.
Vermax, pensò Cregan mentre la bestia del suo amore sollevava il lungo collo e il suo muso verde poteva essere chiaramente visto da sopra la fronde degli alberi. I penetranti occhi gialli si fissarono su di lui e sui Lupi che venivano alle sue spalle, le narici fremettero e poi, forse percependo un leggero sentore dell'odore del suo Signore, Vermax tornò a dormire, il muso nascosto sotto le pesanti ali.
Cregan sorrise e batté una mano contro il collo del suo cavallo, invitandolo a procedere nonostante la paura per quella creatura che avrebbe potuto distruggerlo con un semplice movimento delle fauci.
La colonna procedette senza ulteriori intoppi. Cregan faticò a credere quanto Vermax fosse lontano rispetto a ciò che aveva immaginato e quando si ritrovò a passargli a fianco realizzò quanto la bestia del suo amore fosse grande.
Strabuzzò gli occhi.
Poiché celato alle spalle di Vermax c'era un altro drago. Questo era più grande, le squame dorate e una splendida sella di oro e di seta che sedeva sulla sua groppa.
Il drago della regina Rhaenyra, pensò riconoscendo la bestia che aveva portato la Regina Nera e i principi verso un'impossibile salvezza. E ora che lo guardava più da vicino si rese conto di quanto fosse meraviglioso, lo stesso colore dell'oro e le ali così immense da surclassare di netto quelle di Vermax.
Incantevole, pensò continuando ad avanzare. Non avrebbe testato la propria sorte cercando di avvicinarsi a due draghi privi di cavaliere.
Saprà che la sua Signora è morta? si domandò colpendo delicatamente i fianchi del suo cavallo. Jacaerys gli aveva raccontato del profondo legame che univa drago e cavaliere, lui stesso aveva visto la bestia del principe Daeron proteggerlo da un colpo alle spalle. Ma Jace diceva che i draghi fossero in grado di percepire le emozioni dei loro cavalieri, che Caraxes, il Drago del principe Daemon, fosse in grado di agire senza che il suo Signore lanciasse alcun genere di comando.
Notò una leggera somiglianza tra i due draghi e si ritrovò a domandarsi se, proprio come lo era Rhaenyra per Jacaerys, il drago dorato fosse la madre di Vermax. Poi scosse il capo e trasse un profondo respiro, era troppo stanco e la sua testa iniziava a suggerirgli sciocche idee.
Le grandi porte che davano sulla piazza cittadina vennero spalancate e la folla accolse il proprio Signore e tutti gli uomini e donne che erano partiti con lui. Madri piangevano ringraziando il ritorno dei figli e compagni e compagne si preparavano a riabbracciare i propri cari.
Cregan non si fermò e continuò ad avanzare, lasciando che i suoi Lupi si ricongiungessero alle proprie famiglie.
Giunto davanti all'ingresso del palazzo scoprì che il suo Consigliere lo attendeva in cima alla corta scalinata, una pelliccia gettata sulle spalle e quelli che parevano essere ancora gli abiti di notte. Cregan non gliene fece una colpa, l'alba non era ancora sorta.
Un giovane scudiero corse a occuparsi del cavallo del suo Signore mentre Cregan smontò dalla sella con un balzo agile e deciso, rivedere l'ingresso del suo regno lo aveva reso agile come un ragazzino.
"Mio Signore," lo saluto il Consigliere chinando il capo. Cregan ghignò e gli sorrise, battendo una mano contro la sua schiena.
"Spero che il vostro ritorno sia stato semplice e privo di pericoli," disse l'uomo guidando il suo Signore all'interno della propria casa. Cregan lo lasciò fare, godendo di quegli attimi di pace.
I corridoi erano silenziosi e caldi, l'odore che li riempiva piacevolmente familiare. Il suo odore e quello di suo figlio. Ma anche due nuovi profumi, sottili e delicati, una zaffata di fumo e zucchero.
"Abbiamo affrontato un lungo viaggio. Spero solo di poter riposare in un vero letto," disse Cregan passandosi una mano fra i capelli. Nonostante la stanchezza e la rabbia per la sconfitta e le innumerevoli perdite, reali e non, il suo corpo sembrava iniziare a rilassarsi, i muscoli non più tesi e le palpebre che si facevano pesanti.
"Notizie orribili sono giunte da Approdo del Re. È tutto vero, Mio Signore?" domandò il Consigliere stringendo le mani in grembo.
Cregan si limitò ad annuire, non aveva ancora nessun desiderio di parlare di quelle morti. Il giorno dopo sarebbe stato disposto a raccontare tutto con interminabili dettagli ma per quel momento desiderava solo nascondersi tra le mura del suo palazzo e lasciare che tutto sembrasse solo un brutto sogno.
Il Consigliere annuì.
"Le cucine sono in fermento e ho fatto preparare un bagno," spiegò l'uomo quando entrarono nella sala da pranzo. Lì dove il tavolo era stato imbandito e il silenzio era raggelante. Il fuoco scoppiettava alle spalle della tavola e Cregan si morse le labbra, trattenendosi dall'inginocchiarsi davanti alle fiamme.
Passi affrettati e poi la piccola porta utilizzata dalla servitù si spalancò rivelando una zazzera di capelli rossi e due giovani principi dai capelli bianchi.
"Padre!" esclamò Jonnel che con ancora indosso gli abiti da notte corse verso il genitore. Cregan si chinò sulle ginocchia e lo prese in braccio, lasciando che lui gli avvolgesse le braccia attorno al collo e affondasse il naso contro la sua gola.
Si sentì quasi male quando realizzò che i piedi di suo figlio gli toccavano le ginocchia quando invece, prima di partire, gli arrivavano a metà della coscia.
"Mi sei mancato," sussurrò Jonnel quando lui lo rimise in terra, occhi grigi nel grigio e guance rosse.
Impallidì. Perché suo figlio era cresciuto in quei lunghi mesi di assenza. Era diventato più alto, il viso più squadrato ma sempre dolce.
Gli passò una mano fra i capelli.
"Anche tu," disse lui in un sussurro. Si chinò e gli lasciò un bacio fra i capelli, affondando il naso tra i ricci rossi e sentendo il suo profumo invadergli le narici. Sollevò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono le due piccole figure che erano rimaste in disparte, non più davanti alla porta ma nemmeno vicine abbastanza perché lui potesse sfiorarle.
"Loro sono Aegon e Viserys," li presentò Jonnel accennando prima al ragazzo più alto e poi al bambino più basso. In quanto ad altezza lui stava esattamente nel mezzo, aveva superato Viserys da quando lo aveva conosciuto ma rimaneva ancora poco più basso di Aegon.
"Principe Aegon e principe Viserys," lo corresse il Consigliere e Cregan sollevò una mano, zittendo l'uomo che arricciò le labbra in un'espressione infastidita.
Jonnel sorrise divertito, le guance rosse e gli occhi luminosi. Sapeva che il Consigliere aveva ragione ma era divertente vedere suo padre zittirlo senza nemmeno il bisogno di usare le parole.
Aegon raddrizzò la schiena e gli porse un delicato inchino. Suo fratello lo fissò e poi fece altrettanto, le mani strette contro la propria veste da notte.
"È un piacere conoscervi. Vi ringrazio per l'ospitalità," disse Aegon sollevando il capo e leccandosi le labbra.
Cregan sorrise e ricambiò l'inchino.
Decisamente i fratelli di Jace, pensò mordendosi l'interno delle guance. Avevano la stessa formalità e linguaggio forbito.
"Spero che mio figlio sia stato un ospite gradito," commentò Cregan avvicinandosi ai piccoli principi. Jonnel camminava al suo fianco mentre Aegon raddrizzò la schiena, fissando i grandi occhi viola nei suoi.
Cregan si domandò se il piccolo avesse paura di lui. Non era insolito che la sua fisicità e nome spaventassero nemici e amici.
Viserys sorrise al commento del Signore di Grande Inverno e Cregan seppe immediatamente che entrambi i principi avevano trovato un amico nel Giovane Lupo.
"Impeccabile," rispose Aegon e Viserys abbassò lo sguardo, cercando di comporsi in un'espressione di impassibile formalità come quella indossata da suo fratello.
"Come stanno i nostri fratelli? Quando potremo iniziare il nostro viaggio verso Approdo del Re?" domandò Viserys con le mani strette in grembo e gli occhi fissi sul viso affilato del Signore di Grande Inverno.
Cregan strabuzzò gli occhi e si voltò per guardare il proprio Consigliere.
Loro non sanno nulla? sembrò dire il suo sguardo.
L'uomo si limitò a scuotere il capo.
Non volevo dargli altre brutte notizie, pensò il più anziano dei tre alpha.
Cregan sospirò e guardò il tavolo imbandito.
"È meglio se ci sediamo, miei principi," disse guidando entrambi verso la tavola.

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