Capitolo 44:

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Luke attraversò il corridoio con rapide falcate, i suoi figli abbandonati alle cure di una delle tante bambinaie e al controllo di Ser Harkon mentre Ser Cleoden lo seguiva fedele.
Rhaen aveva iniziato a gattonare, esplorando con curiosità ogni angolo della stanza dei suoi genitori e Vadir, come un ottimo fratello maggiore, lo seguiva captando il rumore dei suoi passi o i suoi borbottii ancora troppo difficili da definire parole.
Alle volte il piccolo si deliziava in una serie di "muña" o "kepa" e Luke spesso si domandava se avrebbe riconosciuto Aemond una volta che sarebbe tornato a casa.
Si riscosse quando le urla di Joffrey si fecero più vicine e infine si fermò davanti alla porta della sua stanza, il cuore che batteva forte nel petto e le labbra strette tra i denti.
Andrà tutto bene, si disse mentre a un suo comando una delle guardie aprì la porta della stanza.
Proprio come per il giorno del suo secondo parto la stanza brulicava di balie e levatrici. C'era chi si affaccendava attorno al principe, chi gli aveva legato i capelli cosicché non gli dessero fastidio e chi gli asciugava il sudore dalla fronte.
C'era chi era accovacciato tra le sue gambe aperte, aspettando che il piccolo nascesse.
"Luke!" gridò Joff quando una nuova contrazione lo fece quasi piegare in due per il dolore.
La sua pancia si era fatta grande in quei mesi. Non grande come quella di Luke, che ormai non portava più nemmeno il ricordo di quei nove mesi prima, ma più grande di quella di Jace.
"Sono qui. Sono qui," assicurò lui avvicinandosi al letto per prendere il posto di una delle levatrici che stava asciugando la fronte di Joff.
Si inginocchiò sul materasso, un braccio avvolto attorno alle spalle di suo fratello minore e le labbra premute contro la sua fronte sudata ma fresca a causa dell'acqua.
"Fa- male-" disse lui singhiozzando.
Luke annuì contro il suo capo. Ricordava il dolore che aveva provato eppure non lo ricordava affatto. Forse aveva sofferto al punto che la sua testa rifiutava di portare a galla quelle memorie.
"Lo so, lo so. Ma andrà tutto bene," sussurrò lui tenendolo stretto sé.
Joff si aggrappò alle sue braccia e spinse ma la levatrice inginocchiata fra le sue gambe lo rimproverò bonariamente.
"Non ancora mio Signore," disse lei accarezzandogli un ginocchio.
Non era la stessa donna che aveva aiutato Luke a portare Rhaen al mondo. L'anziana era scomparsa qualche mese prima, venendo sostituita da una donna più giovane e delicata.
"Ma- ma-" tentò di dire lui che sentiva forte il desiderio di liberarsi di quel peso che gli opprimeva lo stomaco.
"Joff," lo richiamò Luke e lui sollevò gli occhi nei suoi.
"Fidati di noi. Andrà tutto bene," disse deglutendo il nodo che gli si era formati in gola. Si trovò quasi a ringraziare che Aemond non avesse mai assistito alla nascita dei loro figli poiché la vista era straziante. Vedere una persona che si ama soffrire senza poter fare nulla per alleviare il suo dolore.
"Ma-" disse ancora lui e poi spinse, guadagnando dolci parole volte a spronarlo.
"Ti fidi di me?" domandò Luke stringendo con più forza le sue spalle, ancorandolo in quel mondo e in quella stanza.
Joff esitò ma poi annuì, una contrazione che nuovamente gli scosse mente e corpo.
"Allora fidati di me. Sarà terribile. Ti sembrerà di morire ma tutto andrà bene," assicurò Luke baciandogli la fronte.
Joff annuì, le lacrime che gli rigavano il viso e il laccio che teneva legati i suoi capelli che lento andava sciogliendosi. Luke lo rimosse e acconciò nuovamente i lunghi ricci di suo fratello, poi si sedette al suo fianco e lo tenne stretto, una mano premuta contro il suo petto, così da sentire il cuore che batteva forte e vivo, ancorando sé stesso a quel momento.
"Spingete ancora!" ordinò la levatrice e Joff mise tutto sé stesso in quel momento, la schiena che faceva male e le gambe che tremavano così violentemente da diventare fredde e poi calde.
"Ci sei quasi," sussurrò Luke massaggiandogli la schiene le spalle.
Joff gridò ancora, il muco che gli colava dalle narici e la pelle così sudata da sembrare bagnata.
"Non è vero!" gridò Joff che non riusciva a credere che quella tortura sarebbe finita.
"Ancora una spinta!" gridò la levatrice e Joff si concesse un ultimo respiro prima di spingere, i polmoni che dolevano a forza di gridare e il suo corpo che tremava.
Un suono viscido, un dolore incredibile e poi Joff si accasciò contro il petto di Luke che gli riempì il viso di baci.
"Sei stato incredibile," sussurrò lui contro la fronte di suo fratello.
"Sei incredibile," gli disse ancora stringendolo contro di sé, il suo corpo che tremava per l'eccitazione e l'adrenalina mentre le lavatrici si affrettavano attorno a loro, assicurandosi che il Signore del Mare fosse sano e salvo.
"Dov'è?" domandò Joff con occhi stanchi e il viso nascosto contro il collo di suo fratello.
Un leggero piagnucolio e poi un pianto così forte da riscuotere entrambi da quella sensazione di caldo torpore e stanchezza.
"Un maschio, Mio Signore," spiegò la giovane levatrice porgendo il bambino al suo omega.
Joff lo prese tra braccia incerte e Luke lo aiutò a sorreggerlo, guidandolo in quei primi momenti di stupore, stanchezza e terrore.
"Un maschio!" esclamò Luke sorridendogli ma Joff aveva occhi solo per quel bambino coperto da capo a piedi da una soffice copertina di seta azzurra, la testa nascosta se non per il viso. Le sopracciglia così sottili da essere invisibili, il naso piccolo e delicato e le labbra sottili.
"Un maschio," sussurrò Joff e a quel punto sorrise. Poi pianse e poi rise, contagiando Lucerys e un paio delle levatrici più giovani. Joff le guardò con stupore, le labbra che rifiutavano di perdere il sorriso.
L'unica ad avere un sorriso contenuto e aria un briciolo preoccupata era la levatrice che aveva portato il piccolo al mondo, che lo aveva lavato e che lo aveva nascosto alla vista del suo omega.
Joff rimosse la copertina da sopra la testa del piccolo e il suo sorriso si fece incerto, vacillante, così come quello di tutti i presenti.
Il bambino aveva i capelli neri.
Luke batté le palpebre e poi sorrise, accarezzando la testa del bimbo.
"Luke..." sussurrò Joff con il cuore che batteva forte e gli occhi pieni di lacrime. Nonostante il dolore strinse le gambe contro il petto, cercando di nascondere il bambino alla vista di tutti i presenti.
"Perché hai capelli neri!? Dovrebbe averli bianchi! Perché non ha i capelli bianchi!? Alicen-" si interruppe, il respiro che faticava a riempirgli i polmoni.
Una delle levatrici si affrettò a riempire un bicchiere d'acqua e lo porse a Luke che la ringraziò con un cenno del capo e lo offrì a Joff che però lo ignorò, troppo occupato a guardare suo figlio. Allora Luke glielo permette contro le labbra e lui bevve lentamente, prendendo poi profondi respiri dal naso.
"Sciocco, ha i capelli neri perché li ha ereditati dalla sua muña," disse Luke passandogli un braccio attorno alle spalle. Strinse Joff contro il proprio fianco e poi accennò alle levatrici di lasciarli soli, quella non era un conversazione per le loro orecchie.
"Ma... ma Daeron-" e si interruppe ancora tirando su con il naso.
Luke lo guardò con pazienza.
"Credi che Daeron si arrabbierà perché vostro figlio ha ereditato il colore dei tuoi capelli? Credi davvero che tuo marito sia così superficiale?" domandò Luke. Forse fu più brusco di come avrebbe voluto ma sapeva che suo fratello in quel momento aveva bisogno di una mano forte e sicura, non di esitazione.
Joff scosse il capo. Daeron non si sarebbe mai arrabbiato per quello.
"Ma Alicent..." iniziò lui e Luke lo interruppe scuotendo il capo.
"Alicent è un mio problema. Tu non devi preoccuparti di nulla," gli disse accarezzandogli il viso. Poi abbassò lo sguardo sul bambino che silenzioso dormiva stretto tra le braccia del suo omega, il piccolo naso premuto contro il petto e le labbra che si muovevano lente.
Joff prese un profondo respiro e deglutì.
"Grazie Luke," sussurrò poi nascondendo il viso contro il collo di suo fratello.
Lui sorrise e se lo strinse contro, affondando il naso contro i suoi capelli umidi per il sudore.
"È molto grazioso," disse Luke accarezzando le guance del piccolo che borbottò, cercando di sfuggire al tocco dello zio che ridacchiò.
Joff sorrise contro il suo collo e poi, con occhi stanchi, abbassò lo sguardo su suo figlio.
"Sai già come chiamarlo?" domandò Luke.
Joff avvicinò il piccolo al suo viso e sfregò insieme le punte di loro nasi, assaporando l'odore di suo figlio. Era ancora delicato, un misto di fumo e latte. Ma forse assomigliava di più a un acquazzone che spegne un incendio.
"Io e Daeron ne abbiamo parlato prima che partisse," spiegò Joff. Avevano diverse opzioni ma c'era un nome che aveva surclassato tutti gli altri.
"Aemon, come il padre di nonna Rhaenys," rivelò infine.
E per ingraziarci Aemond, pensò trattenendo un sorriso.
Luke sorrise e gli baciò la fronte.
"Mi piace," concluse infine, gli occhi che cercarono quelli di Joff e che poi si posarono nuovamente sul piccolo coperto di azzurro.
"Benvenuto al mondo, Aemon".

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