Capitolo 20:

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Daeron venne svegliato da grida di dolore e da quelli che parevano degli ululati. Spalancò gli occhi e si sollevò dalla branda con rapidità tale da finire in terra, le coperte avvinghiate attorno alle gambe e il cuscino a cadergli in faccia.
Che cazzo? si domandò con occhi fissi sull'ingresso della tenda.
Calciò la coperta e si infilò rapidamente gli stivali. Afferrò la spada e con indosso solamente pantaloni e camicia lasciò la tenda, scostando l'ingresso svolazzante. Il sole lo accecò per qualche istante ma le sue orecchie continuarono a sentire.
Cento metri più avanti i suoi uomini, guidati da Gwayne e Criston, stavano affrontando i Lupi che rabbiosi si stavano aprendo un varco tra i cadaveri.
Cregan Stark era in testa ai suoi uomini, la spada tratta che parava i colpi di Ser Criston. I due uomini combattevano abilmente, entrambi troppo orgogliosi per cedere terreno all'altro mentre attorno a loro la battaglia infuriava.
Merda! esclamò mentre con occhi furiosi cercava Tessarion che con il capo sollevato guardava lo scontro, restia a prendere il volo perché il suo cavaliere non era con lei e pronta a bruciare chiunque si avvicinasse troppo alla sua tenda.
Gwayne manteneva la posizione e pareva essere riuscito a creare uno schieramento forte abbastanza da impedire ai Lupi di avanzare. La parte opposta del battaglione invece era rimasto privo di comandante, con Criston troppo impegnato ad affrontare Cregan Stark gli uomini si muovevano incerti, mantenendo le righe ma senza effettivamente sapere quanto avrebbero potuto avanzare.
Merda! esclamò ancora mettendosi a correre tra le tende, diretto verso Tessarion che sibilò quando finalmente lo vide. Il verso aveva un'aria di rimprovero e Daeron non poté interpretarlo che in quel modo.
Tessarion era infuriata perché lui aveva continuato a dormire nonostante la battaglia che infuriava.
"Lo so! Hai ragione! Mi dispiace!" gridò lui mentre si arrampicava su per sua zampa, montando infine sulla sella. Fissò i lacci di cuoio alle cosce e si prese un istante per sistemare i propri abiti, rimpiangendo di non aver indossato almeno il pettorale di pelle.
Tessarion sibilò ancora e Daeron le lasciò una pacca sul collo.
"Vola Tessarion! Vola!" esclamò puntando gli occhi verso il cielo. Il drago non se lo fece ripetere e con un balzo schizzò in aria, le ali così enormi da provocare una corrente così forte da mandare alcuni uomini al tappeto.
Daeron immaginò che i Lupi avrebbero quantomeno sollevato gli occhi verso il cielo ma gli uomini di Cregan Stark erano concentrati sul loro obiettivo: eliminare i Verdi.
Merda, pensò mentre Tessarion volava in cerchio sopra i soldati.
Lupi e Vipere erano un ammasso distinguibile solamente per i colori. Il drago avrebbe potuto planare giù dal cielo e gettarne qualcuno in aria ma i soldati erano tutti così vicini che nel tentativo di ferire un Lupo, Daeron avrebbe finito per uccidere una Vipera.
Ha attaccato prima perché sapeva che non avrei potuto aiutare! pensò mordendosi le labbra.
Cregan Stark è abile più di quello che immaginassi, si disse mentre Tessarion planava verso i limiti dello schieramento, riuscendo quantomeno a causare abbastanza confusione da permettere alle Vipere cadute in terra di riprendersi.
E mentre il suo drago spargeva terrore tra la folla gli occhi di Daeron correvano dal viso di suo zio a quello di Ser Criston.
Gwayne si stava battendo con Roderick. I ricci biondi del Hightower erano macchiati di rosso e un sorriso folle gli piegava le labbra mentre la sua spada impattava con quella dell'omega che gli teneva egregiamente testa.
Benjicot si muoveva rapido tra le Vipere, sgozzando gole e tagliando braccia. Era veloce e scattante quanto un cerbiatto. Cercava i guerrieri vestiti di giallo, Bracken venuti in aiuto del Re Usurpatore. Suo fratello Davos pareva dello stesso avviso ma i suoi occhi cercavano con attenzione, come se il suo interesse fosse rivolto a qualcuno di specifico ma ancora non fosse riuscito a individuarlo.
Criston continuava la sua sfida con Cregan e incredibilmente nessuno dei due uomini pareva aver avanzato o arretrato, erano lì, dove Daeron li aveva visti l'ultima volta. Si giravano in torno ma nessuno cedeva terreno all'altro. Un taglio si era aperto lungo la coscia sinistra di Ser Criston e un graffio segnava il bicipite destro di Cregan.
Tessarion sbuffò, attirando l'attenzione del suo cavaliere che immediatamente tornò a guardare avanti a sé. Un gruppo composto da dieci Lupi aveva annientato un piccolo gruppo di Vipere ma nel farlo si era spinto troppo lontano dal cuore della battaglia, offrendo a Daeron l'occasione perfetta per colpire.
"Dracarys!" gridò il principe mentre i Lupi sollevavano gli occhi verso il cielo, vedendo le fauci di Tessarion riempirsi di fuoco.
Un calore inimmaginabile sfiorò la schiena di Daeron e Tessarion cambiò improvvisamente direzione, offrendo la pancia al cielo e proteggendo il suo cavaliere che si ritrovò a fissare un piccolo drago nero.
Tessarion ringhiò, scattando all'inseguimento dei loro aggressori e i Lupi approfittarono di quel momento per ricongiungersi al grosso della formazione.
"Via! Tyraxes!" esclamò il cavaliere dai ricci capelli neri. La bestia nera sibilò e fuggì sopra le cime degli alberi, inseguito dal drago blu.
Tyraxes... Joffrey! pensò con occhi sgranati. Perché quel giovane non poteva essere altri che il fratello minore di Lucerys e Jacaerys. L'unico figlio rimasto a Rhaenyra.
Tessarion sibilò e lo inseguì, mossa dalla rabbia verso quel piccolo drago che aveva quasi bruciato il suo cavaliere.
Joffrey si voltava continuamente sulla sella, si assicurava della posizione di Tessarion e guidava Tyraxes più avanti e fuori dalla porta degli artigli del drago.
"Piano Tessarion! Non fargli del male!" esclamò Daeron con gli occhi fissi sulla schiena del suo giovane nipote. Un mantello troppo corto per lui gli svolazzava attorno al corpo, mostrando i fianchi a cui erano stretti una spada e una borsa.
Tessarion sbuffò ma il suo corpo perse la carica adrenalinica di pochi istanti prima, riducendo quell'insegnamento a un gioco.
Joffrey si voltò un'ultima volta e i suoi occhi scuri incontrarono quelli viola dello zio. Batté una mano contro il collo di Tyraxes e questo piombò verso il basso, strinse le ali contro il corpo nero e scomparve tra gli alberi.
Tessarion sibilò, prendendo a girare in cerchio mentre Daeron si guardava attorno, certo che Joffrey sarebbe ricomparso pronto ad attaccarlo.
Dove sei? si domandò quando dopo una decina di minuti suo nipote non tornò alla carica. Gli alberi poco più avanti si muovevano, come se Tyraxes avesse iniziato a strisciare attraverso la foresta.
"Giù Tessarion!" esclamò Daeron cercando un luogo in cui il suo drago avrebbe potuto atterrare. Individuò una piccola radura, grande abbastanza da permettergli di scivolare giù dalla schiena della sua bestia blu. Le ali di Tessarion si incastrarono agli alberi e lei li sradicò con la bruta forza del suo corpo, aprendo un varco verso il bosco.
Tyraxes non è così piccolo, pensò guardando lo spazio tra un albero e l'altro. Eppure pareva che il drago riuscisse a muoversi agilmente tra i rami.
Sfuggente come il suo cavaliere, pensò scivolando a terra. Batté una mano contro la zampa di Tessarion e le ordinò di attendere il suo ritorno. Posò una mano sulla spada e nuovamente, rimpiangendo di non aver indossato l'armatura, si incamminò nel bosco, seguendo le tracce lasciate da Tyraxes.
La foresta era estremamente fitta ma la luce del sole riusciva comunque a penetrare, illuminando piccole zone coperte di muschio.
Il frastuono della battaglia arrivava ovattato, come se fosse secoli più indietro e Daeron avesse messo piedi in un piccolo angolo di paradiso.
Si fermò al centro di una porzione di bosco priva di tronchi, nonostante l'assenza i rami degli altri alberi erano così lunghi da creare una cupola sulla testa di Daeron, celando il sole e le nuvole.
Daeron sorrise guardando il cielo attraverso le spesse foglie verdi.
Un ramo si spezzò alle sue spalle. Si voltò giusto in tempo per vedere Joffrey caricarlo a spada tratta, troppo infuriato per avere effettivamente una strategia. Daeron lo schivò con semplicità, lo afferrò per il braccio con cui reggeva la spada e lo spinse contro uno degli alberi. Afferrò la lama con una mano guantata e la spinse contro la gola di Joffrey, immobilizzandolo con la sua stessa arma.
È più alto di Jacaerys, pensò come prima cosa. Era così abituato ad abbassare lo sguardo quando si rivolgeva ai suoi nipoti che ora si stupì quasi di dover solamente inclinare un poco il collo.
Joff respirava pesantemente, la lama che gli sfiorava la gola coperta da un leggero strato di sudore. I penetranti occhi scuri erano fissi in quelli di Daeron e solo da quella distanza il principe sembrò realizzare che una leggera tinta violacea si univa al nero delle sue iridi.
"Dove hai lasciato il tuo drago?" gli domandò tenendolo fermo.
Joffrey gli sorrise mostrando i perfetti denti bianchi.
"Chi ti dice che non sia proprio dietro di te?" domandò guardando alle spalle di Daeron che se non avesse notato la direzione del suo sguardo e gli occhi troppo bassi avrebbe persino potuto credergli.
"Noterei un drago alle mie spalle," commentò lui sorridendo consapevole. Joff tentò di muoversi lentamente e Daeron premette con più forza la lama contro la sua gola, non gli avrebbe permesso di muoversi.
"Non lo hai notato quando stava per arderti vivo," commentò Joff spingendo il viso in avanti e la spada aprì un sottile taglio contro la sua gola. Daeron mantenne la posizione ma si preparò a lasciarlo andare nel caso in cui suo nipote avesse davvero tentato di tagliarsi la gola pur di non rischiare di finire nelle mani dei Verdi.
"Ero distratto," commentò mordicchiandosi l'interno delle guance. Era stato così certo che nessuno avrebbe potuto attaccarlo una volta in sella a Tessarion che si era scordato che anche i Neri avevano dei draghi.
Sono fortunato che sia stato lui ad attaccarmi e non Daemon, pensò abbassando lo sguardo.
"Certo," commentò Joff deglutendo, la gola che iniziava a bruciare lì dove il filo della lama la toccava. Il taglio era superficiale e non sarebbe rimasta una cicatrice ma questo non significava che non facesse male.
Daeron sospirò una risata. Le narici fremettero alla ricerca di un odore che potesse rivelargli le vere emozioni di suo nipote ma il suo naso non captò nulla oltre a un leggero odore di bruciato.
Non si è ancora presentato, pensò con occhi sgranati. Poi si diede dell'idiota.
Lucerys si è presentato solo sei mesi fa, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro.
"Cosa devo fare con te?" gli domandò fissando lo sguardo nel suo viola scuro. Joffrey si morse le labbra e strinse le mani a pugno. Prese un profondo respiro e tenne gli occhi fissi nei suoi.
"Potresti uccidermi, come avete fatto con i miei fratelli," sibilò e Daeron lo lasciò andare immediatamente, fece qualche passo indietro e portò con se la spada di Joffrey. Conficcò la lama in profondità nel terreno, abbastanza perché Joffrey avrebbe dovuto impegnarsi per estrarla e avrebbe dato tempo a Daeron di sfoderare la propria.
"Oppure puoi portarmi ad Approdo del Re e scoparmi come Aemond fa con Luke! Dopotutto ai tuoi fratelli piacciono i ragazzi più giovani di loro... i bambini," commentò Joff allontanandosi dall'albero, il sangue che gli colava lungo la gola e le mani strette in pugni, le unghie conficcate nel palmo.
Daeron prese un respiro tra i denti.
"Lucerys non è un bambino," sibilò voltandosi con uno scatto.
Joff gli mostrò i denti, gli occhi che corsero alla sua spada e Daeron vi poggiò sopra la mano. Un avvertimento.
"Certo! Si è presentato solo, quando? Due ore prima che Aemond lo mordesse!" esclamò Joffrey digrignando i denti.
Daeron prese un profondo respiro ed estrasse la spada dal terreno, il baccano della battaglia che si faceva sempre più lontano, come se i soldati stessero diminuendo.
Si avvicinò a Joffrey e questo fece un passo indietro poi, realizzando ciò che aveva fatto, piantò i piedi in terra e sollevò il mento, guardando lo zio che gli si avvicinava.
Daeron premette il piatto della spada contro il suo petto e Joff strinse la mano attorno all'elsa, gli occhi fissi sulla lama.
"Torna a Roccia del Drago. Questo non è il posto per te," gli disse allontanandosi con passo rapido.
Joffrey digrignò i denti e abbassò lo sguardo sulla lama.
Potrei prenderlo ora che mi dà le spalle, pensò mordendosi le labbra.
No, solo i codardi attaccano alle spalle, continuò mentre i suoi occhi si posavano su un pezzo di legno lungo la metà del suo avambraccio e spesso quanto due sue dita. Lo raccolse e rapido lo tirò contro Daeron, colpendolo al centro della schiena.
Daeron si voltò lentamente, un sopracciglio sollevato e gli occhi fissi sul viso di Joffrey.
"Affrontami!" esclamò Joff prendendo posizione, i muscoli delle braccia e delle gambe che tremavano per l'eccitazione.
"Mi hai colpito con un ramo?" domandò Daeron chinandosi per raccogliere l'arma in questione.
"Potevo colpirti con la mia spada," gli fece notare Joffrey.
Daeron ghignò e lanciò il ramo nel fitto del bosco, guardandolo scomparire tra il fogliame.
"No, non potevi," disse lui incrociando le braccia contro il petto.
Quella spada è troppo lunga per lui, pensò passandosi una mano contro il mento.
Joffrey lo guardava con occhi incandescenti ma che mostravano un briciolo di curiosità. Come se non immaginasse che suo zio fosse così diverso dagli altri.
"Non ti-" un grido di gioia irruppe dal campo di battaglia ed entrambi i principi rivolsero lo sguardo verso la prateria.
Joff rivolse uno sguardo a Daeron e poi rinfoderò la spada di suo fratello.
"Ci affronteremo un'altra volta!" esclamò Joff fuggendo nel bosco.
Daeron lo guardò andare via, gli occhi fissi sui magnifici capelli ricci.
È davvero grazioso, pensò sorridendo.
Silenzioso tornò verso Tessarion e dal piccolo scorcio nella prateria vide Tyraxes solcare il cielo.

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