Capitolo 18:

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Le servì una settimana per placare il proprio cuore sofferente. Sette giorni trascorsi tra le risate e le lacrime, abbracciata a sua sorella o rannicchiata davanti al fuoco. Rhaena le aveva mostrato il suo nuovo uovo di drago, le aveva spiegato che un tempo era appartenuto alla regina Aemma e che lei lo aveva abbandonato a Nido dell'Aquila. L'uovo era grazioso, piccolo e dalle sfumature rosate, qualcosa che in un certo senso raffigurava perfettamente sua sorella minore.
Rhaena l'aveva imploraata di non farne parola con loro padre poiché temeva che nemmeno quell'uovo si sarebbe schiuso e lo avrebbe lasciato deluso. Un'altra volta.
Lady Jeyen sembrava avere idee positive su quel piccolo drago che era rimasto dormiente per quasi cinquant'anni e Baela condivideva la sua positività anche se non sapeva se a convincerla era il suo istinto e il dolce sorriso della Lady di Nido dell'Aquila.
Moondancer planò proprio lì da dove era partita e Baela prese un profondo respiro, inalando l'odore di sale e di casa. La Montagna alle sue spalle era incombente e minacciosa come ogni altro giorno.
Scivolò giù dalla sella del suo drago e balzò in terra sgranchendo le gambe addormentate. Posò una mano al proprio fianco, dove le ceneri di sua nonna erano ben sicure, e silenziosa si incamminò lungo lo stretto sentiero che conduceva al palazzo di sua madre.
Non si era aspettata un'accoglienza come quella che aveva ricevuto Jace ma quell'innaturale silenzio le parve strano.
Si guardò attorno, aspettando di vedere Vermax rannicchiato sulle rocce, godendo del caldo sole che gli bagnava la pelle. Ma del drago di suo fratello non c'era nessuna traccia.
Strano, pensò varcando l'ingresso del palazzo.
Le guardie balzarono sull'attenti e Baela notò immediatamente le loro spalle tese e i visi pallidi, gli occhi circondati da occhiaie, come se non avessero dormito per giorni e giorni.
Deglutì e continuò a procedere lungo i corridoi, diretta verso la Sala del Consiglio.
C'era un'oscurità artificiosa, come se le ombre nascessero dalla pietra stessa e si diramassero per il palazzo. Non c'erano serve che canticchiavano per i corridoi né uomini che blateravano le loro idee sulla guerra.
C'era solo il silenzio.
Varcò la porta che dava sulla Sala del Consiglio, il sorriso che comunque le sfiorava le labbra. Era tornata vittoriosa dalla sua prima missione e sapeva di doverne essere fiera.
Smise di sorridere quando il forte odore dei suoi genitori le colpì il naso.
Si portò una mano alla bocca, gli occhi sgranati e il respiro che per un istante le si bloccò nel petto.
Lutto. Non avrebbe potuto descriverlo meglio. C'era così tanta sofferenza in quella stanza che la sua pelle avrebbe potuto spezzarsi e lei non avrebbe sentito alcun dolore.
Rhaenyra era rannicchiata sul suo trono, gli occhi chiusi e la testa che ciondolava da un lato. Il lungo abito nero, completamente nero, lasciava intravedere i piedi nudi che lei aveva nascosto sotto le cosce. Il suo viso era rosso e umido per le lacrime, le sue guance sottili e i capelli privi di alcun tipo di volume.
"Madre?" sussurrò con la voce che si bloccò in gola.
Rhaenyra non rispose ma si strinse più in sé stessa, nascondendo il viso contro le ginocchia che aveva stretto contro il petto.
Baela le si avvicinò, una mano sollevata e incerta se destarla o meno dal suo sonno.
Sobbalzò quando udì un basso sibilo, come un uomo rinchiuso in un sonno tormentato.
Si guardò attorno, cercando l'artefice di quel verso ma non trovò nessuno. La stanza era vuota e la porta socchiusa, così come l'aveva lasciata.
Il verso si ripeté una seconda volta e Baela riuscì a individuarne la provenienza.
Dietro il trono! pensò salendo i tre scalini che sollevavano quel seggio dalla restante parte della sala.
Rimase sorpresa nel trovare suo padre. Daemon era seduto in terra, le gambe larghe e la schiena appoggiata al trono, i capelli in disordine e le guance rigate dalle lacrime. L'alpha sollevò i grandi occhi viola su di lei e tirò su con il naso poi, lento, si asciugò gli occhi.
"Padre!" esclamò lei inginocchiandosi al suo fianco. Prese la sua mano grande nelle proprie più piccole e la strinse con forza.
Non l'ho mai visto piangere, pensò mentre lo guardava asciugarsi il viso. Sembrava avere qualche difficoltà, come se non fosse abituato a gestire quel genere di emozioni e forse non lo era affatto.
"Cosa è successo?" domandò lei lasciandogli una carezza sul viso.
Daemon prese un profondo respiro e appoggiò la guancia alla sua mano, lasciando che lei lo cullasse per qualche istante, fino a quando sarebbe stato pronto a rispondere.
"Aegon e Viserys sono morti. Jacaerys è prigioniero dei Verdi," disse Lord Corlys entrando nella stanza. Suo nonno pareva calmo per essere un uomo che aveva appena perso tre nipoti, o forse era talmente abituato al lutto da non provare più nulla.
Baela perse la presa sulla mano di suo padre e lui emise un basso sibilo sofferente, come un cucciolo appena strappato alla madre.
"Co-sa?" domandò lei sollevando gli occhi sul nonno che lento le si era avvicinato, il bastone sempre stretto in una mano e i penetranti occhi neri fissi nei suoi viola.
"La Triarchia li ha attaccati mentre viaggiavano verso Pentos. I miei uomini sono morti e la mia nave affondata," spiegò Corlys porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
Baela l'accettò tirando su con il naso, le lacrime che minacciavano di bagnarle il viso e le labbra che tremavano.
Abbassò gli occhi sui suoi genitori, una svenuta e l'altro che non era in grado di rispondere.
Baela tirò su con il naso e prese un profondo respiro.
Aegon e Viserys... morti? si domandò come se non riuscisse a credere che i suoi fratellini, due bambini, le fossero stati strappati dalle braccia.
"Dov'è Joffrey?" domandò Baela deglutendo. Per quanto ne poteva sapere suo fratello poteva essere partito per vendicare i fratelli o poteva essere stato rapito dalla sua stanza senza che nessuno se ne accorgesse.
"È chiuso nella sua stanza da giorni. Si rifiuta di uscire e non desidera parlare con nessuno che non sia sua madre e lei, beh," non servì che terminasse la frase, Baela poteva osservare con i propri occhi come la Regina Nera fosse ridotta. Silenziosa, esausta e sofferente.
Quanto può sopportare ancora prima di spezzarsi? si domandò mentre si inginocchiava davanti a lei. Si asciugò accuratamente gli occhi e gentilmente le sfiorò la guancia, destandola dal suo sonno tormentato.
"Laena?" domandò lei quando aprì gli occhi.
Baela sentì suo nonno farsi rigido al suo fianco, le dita strette attorno alla testa del bastone e le spalle tese.
"No madre, sono io, Baela," sussurrò lei accarezzandole la guancia.
Rhaenyra batté lentamente le palpebre e poi aggrottò le sopracciglia, come se stesse cercando di metterla a fuoco senza però riuscirci. Baela scosse il capo e l'afferrò per un braccio, aiutandola a mettersi in piedi.
"Vieni, ti porto nella tua stanza," disse lei passandole un braccio attorno ai fianchi.
Rhaenyra si voltò verso il trono.
"Daemon," sussurrò come fosse una bimba spaventa all'idea di allontanarsi da tutto ciò che riteneva sicuro.
Baela le passò una mano fra i capelli e prese a camminare, rivolgendo uno sguardo al nonno che se ne stava immobile, guardando Daemon con occhi vuoti.
"Portalo nella sua stanza," ordinò Baela sorridendo a sua madre che timida ricambiò il sorriso.
Merda, pensò Baela mentre guidava Rhaenyra fuori dalla Sala del Consiglio.
Che la Regina Nera e il principe Canaglia siano finalmente impazziti? si domandò con le gambe che tremavano.
"È il lutto!" esclamò Corlys come se le avesse letto nella mente. Lasciò cadere il bastone e afferrò Daemon per le braccia, tirandolo forzatamente in piedi.
"Gli passerà," commentò con tono pieno di astio.
Come è passato a me, pensò trascinando il principe fuori dalla sala.



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