Capitolo Sessantasei: L'armata Dei Morti Viventi

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Due eserciti che si fronteggiano, due signori della guerra che sono pronti a dare battaglia.
Da una parte il giovane Ork, che è stato investito da Raoh in persona, del titolo di generale, con l’impegno di guidare le sue truppe in sua assenza.
Dall’altra lo spettro del grande Gilgamesh, ridotto a un guscio vuoto, senza volontà ma con soltanto una grande sete di morte.

“Non va bene…” Commenta Rihaku, che osserva i nemici con un binocolo. “Sono almeno il doppio di noi, se non il triplo…”

“Già…” Risponde amaro Hyo. “E non possiamo fare affidamento sul fatto che sono dei cadaveri, in quanto sono stati investiti della magia oscura della Regina Nera.
Soprattutto Gilgamesh, il loro comandante. Esso è un ex maestro della Imperiale scuola di Gento, e sebbene la sua mente ora sia assente, le sue tecniche rimangono letali…”

“Imperiale scuola di Gento? Intendi la stessa alla quale appartiene Falco?” Chiede Ork, ripensando al guerriero dorato.

“Si, ma Gilgamesh è una sorta di eccezione alla regola…” Commenta Hyo, lasciando interdetti e confusi gli altri guerrieri.

“Che cosa intendi dire Hyo?” Chiede Weiss, che non conosce la Imperiale scuola di Gento a fondo.

“Dovete sapere che la Imperiale scuola di Gento, è sempre stata quella più fedele al volere dell’Imperatore.” Comincia a raccontare Hyo. “Mentre la Divina scuola di Hokuto aveva il compito di difendere la pace nell’ombra, e la Sacra scuola di Nanto fungeva da prima difesa, la Imperiale scuola di Gento era di fatto la guardia del corpo dell’Imperatore stesso!”

“Beh queste sono cose che sappiamo anche noi…” Commenta Shuren, che non vede nulla di utile in ciò che sente. “Cosa ci sarebbe di straordinario in Gilgamesh?”

“Due cose!” Dice secco Hyo. “La prima che era uno straniero, giunto da una terra lontana e sconosciuta all’impero cinese di allora.”

“E secondo?” Chiede Ork, avanzando la domanda.

“Che lui stesso era un’imperatore di una terra lontana!”

“Un imperatore? Quindi era un sovrano?” Commenta ora scioccato Ork.

“Esatto!” Continua con il racconto Hyo. “Gilgamesh era un grande sovrano, non solo potente nelle arti della guerra, ma anche saggio ed estremamente aperto.
Deciso a conoscere meglio il mondo, partì per un pellegrinaggio che lo portò ai limiti estremi del mondo conosciuto.
E fù li, che durante una escursione dell’allora rappresentante della Imperiale scuola di Gento, che i due si incontrarono.”

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Migliaia di anni prima, da qualche parte nel regno del Katai.

Un uomo dai lineamenti stranieri, dalla pelle bronzea e dagli occhi azzurri attraversa una terra a lui sconosciuta.
Mao-liang nel frattempo ha saputo di un potente guerriero, che sta attraversando le terre del suo signore.
I due uomini vanno l’uno incontro all’altro, ignorando la natura dell’altro e i suoi propositi.

“Dove mi avete portato piedi miei? Che terra è questa che i miei occhi vedono, le mie narici odorano e le mie mani toccano?”
Si domanda Gilgamesh, mentre si guarda attorno.

Ed ecco che Mao-liang giunge nella piana dove si trova lo straniero, un uomo dall’aspetto alieno per il guerriero cinese.
Esso infatti è molto più alto dei guerrieri del nord, la sua pelle non è scura come quella dei popoli indiani che confinano con il Katai, ed infine possiede due occhi azzurri che sono estremamente rari.
Inoltre esso veste di armi e armature che sono sconosciute al guerriero cinese, ma che sono la prova tangibile della sua pericolosità.

Hokuto no ken: Raoh's Gaiden "Lemuria" Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora