Le prime luci del giorno guidano i miei passi attraverso il bosco che abbraccia Ladby.
Ho già avvisato la segreteria della Grand Chilton che per oggi salterò le lezioni e dall'altro capo la voce melliflua e piena di compassione dell'impiegata ha fatto il resto.
"Certo signorina Maleko non si preoccupi, capiamo".
La traduzione nella mia testa suonava più o meno così: la tua migliore amica è sparita da più di un mese e ora la depressione è arrivata a bussare alla tua porta. Ovvio che non hai la forza di seguire la tua normale vita da sedicenne.
Mi convinco che non sia così, che sia più la rabbia a guidare le mie azioni. Adesso però il piano ha funzionato: Nina è sempre stata dove avevo sospettato che fosse, ferma immobile al centro medico Nitfield, scegliendo ancora una volta di non dirmi la verità, di non chiedere il mio aiuto.
Bloccata nella sua anormalità soffocante.
Io ho scelto di restare. L'istinto mi ha strappato via all'aereo che avrebbe chiuso una volta per tutte la nostra amicizia, che avrebbe ristabilito l'equilibrio e curato le mie ferite.
Perché ho scelto di continuare a farmi del male così?
Fisso il sentiero battuto, cosparso di foglie schiacciate nel fango delle piogge costanti, ridondanti. Poi mi volto verso la persona che mi segue con passi più incerti, a qualche metro da me.
È Zoe.
Avvolta in un cappotto grigio, con i capelli sciolti e le spalle ricurve per affrontare il freddo insistente da umidità e assenza di sole, di tanto in tanto mi lancia un'occhiata persa. Alla fine della nostra colazione abituale, quella che da quattro settimane ormai facciamo in silenzio, circondate dal caos di un'abitazione lasciata all'entropia di un'assenza troppo ingombrante, le ho chiesto di seguirmi e di non fare domande. Le risposte sarebbero arrivate comunque da lì a poco.
La promessa ora però pesa sul cuore di entrambe, lo vedo da come mi implora con gli occhi di fermarmi e spiegarle il motivo per cui ci siamo incamminate nel bosco senza una meta apparente.
«Manca ancora tanto? Più tardi mi aspettano al laboratorio, ho un report da consegnare oggi» mi chiede con un leggero affanno.
Il lavoro ha occupato buona parte della sua routine da qualche tempo, le ha dato una struttura attorno cui svolgere le giornate senza finire sul divano, chiusa in un bozzolo di coperte e lacrime per la scomparsa della figlia.
Il dolore non è sparito però, anche se a un occhio più inesperto potrebbe sembrare così. Si è solo trasformato, scolando nelle crepe del fantasma che è diventata rendendola più fredda, distante.
«Tranquilla, manca poco» mormoro senza guardarla.
«È un'altra idea di tuo padre?» continua lei.
Vorrei quasi annuire e mentire, dirle che è un'altra trovata da naturopata svampito per planare sulla tristezza, per renderci più forti e in qualche modo insensibili al dolore che ci tortura da un mese.
Ma mentire richiede tanta, troppa energia ormai.
Blocco i miei passi e mi volto per guardarla. Zoe solleva gli occhi circondati da due occhiate tenaci, che si aggrappano ancora alla sua essenza e la rendono, nonostante la freddezza, quella che è sempre stata: una mamma distrutta.
«Hai scelto di trasferirti a Ladby perché sapevi che Theo Blair, il padre biologico di Nina, è nato e cresciuto qui?» chiedo.
La domanda a bruciapelo la lascia sconcertata. La guardo spalancare gli occhi e socchiudere la bocca, poi sbattere le ciglia con forza. È come se qualcuno l'abbia appena schiaffeggiata, o forse peggio. Non so cosa aspettarmi da lei adesso ma questa domanda non vedeva l'ora di abbandonare il mio petto da troppo tempo ormai, da quando ho riconosciuto gli occhi di Nina in quella foto di Theo del 1985. Da quando ho deciso di abbracciare l'incertezza fuggendo dall'aeroporto, di correre contro il tempo e cercare le risposte da sola.
«Nina non è davvero scomparsa, vero?» mi chiede Zoe.
La voce trema, gli occhi si lasciano riempire da lacrime repentine, violente, che sgretolano ogni parte di lei e la riducono in brandelli.
«Non hai risposto alla mia domanda».
«È fuggita, non è così? Voleva sapere del padre, avrà scoperto qualcosa su di lui e adesso... adesso mi odia».
Magari fosse solo questo.
«Zoe, rispondi alla mia domanda».
È così strano parlarle con questi toni, doverle mostrare tutta questa autorità. Non sono io l'adulta ma in qualche modo sento di essere più responsabile di lei e Nina. Più matura.
Mi avvicino e le afferro una mano per portarmela al petto.
«Fidati di me, okay? Fallo per me».
Per me che sono rimasta, nonostante tutto. Vorrei aggiungere questo ma Zoe non conosce ancora la parte della storia che sto per rivelarle, anche se lentamente il sospetto inizia a farsi sentire. È una voragine che lenta e inesorabile si apre e ci divide.
La donna sospira, poi smette di guardarmi. So che sta per aprirsi anche su quest'ultimo pezzo del puzzle che a fatica ho cercato di ricostruire.
«Sì, sapevo che Ladby era la sua città di origine. Ho sempre evitato di dirlo a Nina e per anni... Dio, mi faccio schifo» fa una breve pausa in cui il respiro si fa più corto e quasi sfiora l'iperventilazione.
Le stringo la mano con più forza. Il mio sguardo però non le lascia tregua: deve continuare a parlare, dirmi tutto quello che sa. Rischio tantissimo a rivelarle il nascondiglio in cui abbiamo portato Nina ieri ma in qualche modo credo che Zoe sia la chiave di tutto.
«L'ho ricattata: il mio amore o la verità sul padre. Non volevo parlare di lui, era una ferita troppo fresca. Credevo che il silenzio sarebbe stato meglio, che ci avrebbe come protette dal dolore. Sedici anni sono passati così. Una parte di me però voleva che Nina scoprisse le sue origini, che in qualche modo vivesse più vicina a quel padre che non ha mai conosciuto».
«È per questo che vi siete trasferite qui?» chiedo con voce più dolce.
Zoe annuisce.
«Credevo che con il tempo sarebbe stato più facile parlare di lui ma poi Nina si è ammalata, si è fatta più schiva. Qualcosa sembrava turbarla parecchio e così ho avuto il terrore di riaprire la mia vecchia ferita».
La sua intanto è cresciuta parecchio, però.
Adesso rischia di intrappolarla per sempre in una dimensione oscura, nata proprio dalla confraternita Omega, di cui Theo Blair ha fatto parte quando aveva la nostra età.
Sento che i due mondi stanno per collidere.
Ordinario e straordinario.
Passato e futuro.
Realtà e Onis.
«Andiamo, nemmeno io sono stata sincera con te».
La donna deglutisce e il suo volto perde di colpo tutto il colorito: è pallida e ha la fronte aggrottata. Si vede che questa è l'ultima cosa che si aspettava di sentire da me ma che il sospetto nei miei confronti si è ormai fatto impossibile da arginare. È nato quando le ho mostrato la foto di Theo Blair e non si è più spento.
«Tu... sai dov'è Nina, vero?»
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Light Academy - L'accademia di luce
Fantasy[Sequel di Dark Academy] Una ragazza scomparsa, un potere instabile, una confraternita piena di segreti. Ci sono ombre attorno a Nina, incertezze che la consumano sempre di più e su cui è necessario fare luce. Riuscirà a mettersi in salvo e a scopr...