Buon Compleanno, My Hero!

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Il cielo era cristallino, le nubi bianche e spumose si muovevano lente, cavalcando occasionali brezze di caldo vento.
Izuku sedeva sotto a un albero, con un piccolo sorriso sulle labbra e lo sguardo perso sulla magnificenza dell'Accademia per Super-Hero che aveva frequentato un anno prima.
Si guardò la mano avvolta da vecchie cicatrici, sfiorò quella che deturpava una sua guancia e infine la grossa che gli aveva fatto guadagnare un taglio più o meno alla moda.

Sbuffò una risatina poi socchiuse le palpebre. Su di lui, nascoste tra le foglie verdi, le cicale cantavano.
Era un giorno caldo, quello e Izuku sentiva uno strano vuoto nel cuore.

– E' strano pensarlo... non sono più un Hero. Tutto d'ora in poi non mi apparterrà e mi aspetta una vita ordinaria, proprio come quella che mi ero figurato quando avevo capito che niente avrebbe cambiato la mia condizione di Quirkless.

Erano giorni che Izuku si sentiva così e si era pian piano allontanato dagli altri, tutti presi dai nuovi studenti del primo corso.
Katsuki e Shoto avevano già una bella schiera di fan impazziti che li perseguitavano. Izuku non nascose una risatina.

Avranno un bel da fare con i loro kohai...

Izuku raccolse le ginocchia al petto e vi ci poggiò su il mento. Sì, la U.A. era proprio grande e magnifica; il sole si rifletteva nelle vetrate con forza e bellezza.
Il giovane sospirò, non era abituato a provar quelle sensazioni così strane che gli facevano stringere il petto e dolere lo stomaco, se non l'animo.
Che cos'era? Gelosia, tristezza, invidia?
No. Nulla di tutto questo. Era solo l'ora di chiudere quel sogno durato troppo poco e prepararsi a trovare il suo posto nel mondo ordinario.

Non sono più un Hero...

Pensarlo gli dilaniava il cuore ma era la verità. Strinse la mano con le cicatrici e non lo sentì davvero.

L'One for All, pochi spiragli, poca forza...

Era sbagliato sentirsi estranei verso quel mondo di Super-Hero? Avrebbe avuto ancora il diritto di restare lì, con tutti gli altri, per studiare?

– Ma per diventare cosa?

D'un tratto l'erba del praticello sotto di lui fece un rumore. Izuku non se la sentì di alzare il viso dal buio del suo braccio avvolto attorno alle rotule.

Che faccia ho? Sarebbe imbarazzante mostrarsi triste, giusto?

Dita leggiadre e lisce sfiorarono pian piano la cicatrice sul suo cuoio capelluto. Solo una persona avrebbe potuto farlo...
Izuku sollevò lo sguardo lucido: Katsuki abbozzò un piccolo sorriso e non smise di accarezzargli la rasatura e parte dei ciuffi smeraldini.

– Da oggi mi rifugerò anch'io in questo posto. Le comparse del primo anno non avranno il coraggio di venire fin qui.

Izuku ridacchiò un po'. Katsuki gli picchiettò l'indice sulla cicatrice sul viso ma senza fargli male. Il suo era un modo estremamente dolce, lo stesso di chi tocca un oggetto estremamente fragile.

– Perché ti stai comportando così?
– Penso semplicemente, Kacchan.

Il biondo espirò pesantemente, ecco un'altra patetica bugia! Con una manata ben poco tenera spinse Izuku con la tempia contro il suo petto, mentre sollevava le ginocchia per appoggiarci l'altro braccio.

– Quanto sei idiota, Deku! Stai pensando che la U.A. non ti appartiene più?

Izuku abbassò lo sguardo.

– Cazzo, lo sapevo. Sempre il vizio di tenerti tutto dentro, ah? Pensavo che ti fidassi di me, visto che il nostro rapporto è migliorato un po'.
– Kacchan, non è una questione di fiducia o meno e poi sai che verso di te ne ho sempre avuta e sempre ne avrò.

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