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Tyron

Occhio per occhio, dente per dente.

Evander aveva ragione, e non era una cosa che io pensavo spesso.

Rimisi il telefono in tasca e feci il giro della macchina. Salii al posto del guidatore e mi voltai verso Anika, che ancora piagnucolava con la mia maglietta premuta sulla ferita.

Sospirai appena e impugnai il volante con forza, tanto da far sbiancare le nocche, nel vano tentativo di smaltire la rabbia. Non sapevo cosa dire per tranquillizzarla e l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era la vendetta.

Confortare, consolare... Non era il mio forte. Le parole non facevano proprio per me, io agivo e basta.

Alla fine alzai gli occhi al cielo e contai fino a dieci prima di allungare una mano. Feci intrecciare le nostre dita e Anika si voltò di scatto verso di me, trafiggendomi con quei suoi occhioni azzurri e arrossati per il pianto.

<<Andiamo, il massimo che ti può succedere è che rimanga una cicatrice permanente.>> minimizzai con un'alzata di spalle, ma lei prese a piangere più forte.

L'ho detto che non ci so fare con le parole, cazzo.

<<Ti farà più tosta quella cicatrice.>> aggiunsi allora, ma lei scosse il capo.

<<Fa male...>> sussurrò lei tra i singhiozzi.

<<Lo so.>>

Le accarezzai il dorso della mano con il pollice, per confortarla, e abbassai lo sguardo sulle nostre dita intrecciate. Non era un contatto chissà quanto fastidioso, in realtà.

<<Ora andiamo a casa, così ti medico la ferita, poi mi dirai il perché ti hanno fatto questo.>>

Lei annuì appena. <<Non arrabbiarti, però...>>

Arrabbiarmi? Quasi scoppiai a riderle in faccia.

Ero incazzato perso. Non vedevo più i colori, vedevo solo il nero.

E non ero incazzato per un qualche strano motivo legato alla ragazzina, di lei non m'importava chissà quanto, ma con i Tigers avevamo un conto in sospeso e poi... Beh, si poteva dire che, anche se eravamo dei grandissimi bastardi, io, Evander e Cameron avevamo un grande senso di giustizia. Nel senso che la giustizia ce la facevamo da soli.

Tanto la polizia non serviva mai a un cazzo. Dopo cinque anni non avevano ancora trovato l'assassino di mio fratello, e l'avevano finita archiviando il caso. Inutile feccia.

<<Non mi arrabbio.>> se mentire era l'unico modo per farla parlare, allora sarei stato il bugiardo migliore di tutti.

Sciolsi il nostro intreccio di dita e ripresi in mano il volante, accesi la macchina e misi in moto. M'immersi nel traffico di Los Angeles e guidai verso la zona ricca della città, quella dove io, Evander e Cameron vivevamo.

Nel giro di un quarto d'ora eravamo arrivati. Avevo corso parecchio, sorpassando le macchine e superando i limiti di velocità. Volevo arrivare a casa il prima possibile, sbrigare quella faccenda della "crocerossina improvvisata" velocemente e andare dai ragazzi.

Anika si reggeva al sedile con entrambe le mani. Era rigida come una statua, aveva gli occhi sgranati e le lacrime le si erano fermate sulle guance, ma non si era lamentata una sola volta.

<<Ti vedo un po' pallida, e non è sicuramente per il sangue che hai perso per via di quella ferita.>> la presi in giro mentre rallentavo e parcheggiavo accanto alla fontana di marmo posta al centro del cortile.

HeartlessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora