14 (II)

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Indovinate chi ha revisionato il capitolo per una volta? Ioooo🤪🫶🏻

Carissa

Sbucai un poco con la testa da dietro il mio nascondiglio, che era la schiena di Evander, e lanciai un'occhiata oltre la sua spalla. Non troppo lontano da noi c'erano Corinne e Genevieve, nei loro abiti succinti e con addosso delle maschere di carnevale bianche totalmente anonime.

Erano prese a braccetto con due uomini, vestiti di tutto punto. Probabilmente era questo il loro obbiettivo, il motivo per cui erano volute andare a quel gala con il mio invito: trovare "l'amico ricco" di cui parlavano nella mia camera poche ore prima.

Per questo mi stavo nascondendo. Da loro.

Perché sì, Evan aveva ragione. Ma il "chi" e il "perché" mi nascondevo non era tenuto a saperlo. Nessuno doveva sapere. Avrei risolto da sola quel casino che era la mia famiglia.

Rialzai lo sguardo su Evander, che era fin troppo silenzioso. Stava studiando la sala come alla ricerca di qualcosa o di qualcuno, come alla ricerca del motivo del mio nascondermi.

Iniziavo a innervosirmi perché, anche se non sembrava, sapevo che fosse un tipo sveglio e che presto o tardi avrebbe unito i puntini. Era inevitabile. Meglio andarsene da lì.

<<Tic tac, Evan. Tic tac.>> canticchiai mentre mi allontanavo dalla sala da ballo. <<Non manca tanto alla mezzanotte.>>

Dovevo andare via a mezzanotte perché papà finiva di lavorare a quell'ora, e dovevo farmi trovare a casa prima che tornassero anche Corinne e Genevieve.

Sollevai i lembi del vestito per non calpestarlo con le Air Force e m'incamminai verso i giardini sul retro, dove sapevo che non ci avrebbe visti nessuno, nemmeno i giornalisti perché erano troppo concentrati sul gala.

Dietro di me sentii il rumore di passi, mi voltai e guardai Evander da sopra la spalla mentre mi seguiva. Con quella maschera da diavolo riusciva a incutermi un briciolo di timore, ma era quando non la indossava e mi stava troppo vicino che provavo la vera paura.

Paura di cedere, di ferirlo e ferirmi ancora. Paura di ciò che sarebbe potuto succedere se io non avessi scelto di estinguere il debito di mio padre. Non che quell'uomo meritasse il mio aiuto, ma speravo quanto meno che le cose sarebbero migliorate in famiglia. Mi sbagliavo.

<<Sei troppo lento.>> e iniziai a correre, senza riuscire a nascondere un sorriso.

<<Avevi detto che non saresti scappata, Carter.>> anche lui stava correndo.

<<Non sto scappando. Se fossi voluta scappare, non saresti riuscito a trovarmi nemmeno se avessi smontato Marilyn Manor mattone dopo mattone.>> uscii in giardino e aggirai una fontana, diretta al gazebo. <<Voglio solo giocare un po' con te.>>

<<Mi farai impazzire, cazzo.>> disse lui, sempre più vicino.

Arrivai fino al gazebo, bianco e illuminato da lanterne affisse al soffitto e poggiate sul pavimento lungo il perimetro. Le fiammelle delle candele baluginavano, creando un gioco di ombre sulle nostre figure.

Mi fermai proprio lì, al centro, e mi guardai attorno fino a che non sentii delle braccia circondarmi la vita. Il suo fiato caldo s'infranse contro il mio orecchio e sentii le sue labbra sfiorarmi il lobo.

<<Ho vinto io questo gioco.>> mi sussurrò, provocandomi la pelle d'oca lungo la schiena.

<<Ti ho lasciato vincere.>> ribattei, senza lasciargliela vinta.

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