22. Whisky & Rhum 🫗🍷🌶️

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Trigger Warning: in questo capitolo si parla di Violenza sulle donne nelle sue molteplici forme (psicologica, fisica e verbale).


«Stammi lontano, non ho bisogno di te! » gridavo a Dante, al mio fianco, mentre avanzavo a passo spedito verso gli ascensori, per tornare in camera.

« Vivienne, ascoltami. »

« Cosa dovrei ascoltare? » esclamai, arrestandomi di colpo davanti alla porta chiusa dell'ascensore. « Non ho bisogno di un uomo che mi sorvegli in continuazione, tantomeno che giudichi il mio abbigliamento o i miei comportamenti. Sono grande abbastanza per cavarmela da sola. » Spinsi il tasto di chiamata una, due, tre volte, sperando che quel click ripetuto accorciasse i tempi di attesa e lo facesse arrivare subito.

« Non vuoi ammetterlo, ma ho fatto bene a intervenire. Saresti andata a letto con uno stronzo come quello? » La voce di Dante era alterata, specchio di una rabbia sopita che non era nata in quel momento ma accumulata nel corso del tempo.

Allontanò la mia mano dal tasto della chiamata, obbligandomi a guardarlo negli occhi: la rabbia che lo alimentava rendeva ancora più fiammeggianti le iridi dorate.

« Perchè, tu? Credi di essere tanto da meno? » Ero a corto di fiato e mi imposi di prendere un respiro, sentendo il nervoso consumarmi l'ossigeno e accrescere il battito del cuore, libera espressione del mio stato d'animo. « Predichi tanto ma alla fine non sei che uno sporco misogino come il mio ex, ecco perchè andate così d'accordo. Potresti lavorare davvero solo per lui. Faresti carriera, sai? »

Le porte dell'ascensore si aprirono ed entrai immediatamente; cercai il tasto di chiusura ma Dante fu più veloce di me ed entrò anche lui, chiudendo le porte dietro di sè.

Avevo sputato quelle parole senza riflettere, prigioniera dei pregiudizi della lite di prima, del senso di possesso che lui continuava a manifestare nei miei confronti. Una possessione che lui spacciava per mia sicurezza personale ma che la mia mente traduceva come restrizione di libertà, avendola vissuta sulla mia pelle. E quella paura irrazionale mi tormentava, facendomi reagire in malo modo a qualsiasi suo tentativo di volermi aiutare.

Ero una donna forte, glielo avevo dimostrato, a differenza di quanto lui volesse credere di me. Non avevo bisogno dell'aiuto di nessuno.

Inaspettatamente, Dante mi immobilizzò contro il muro dell'ascensore, schiacciandomi con il suo corpo. Cosa gli era saltato in mente?

Provai ad allontanarlo spingendolo via con le braccia ma mi prese i polsi e me li immobilizzò portandoli all'altezza delle mie spalle.

« Che cazzo... »

« Volevi che qualcuno ti scopasse questa sera? Volevi davvero che qualcuno ti toccasse? »

L'ascensore era un cubo di vetro oscurato, poco illuminato. Nessuno ci avrebbe visti in quella situazione imbarazzante.

Non è CioccolatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora