"Viv, il cioccolato è buono, sexy, attraente ma fa male al tuo fisico. Bisogna assumerne in piccole dosi per non fare indigestione; l'arancia invece è un frutto, è succoso, pieno di vitamina C, un elisir di lunga vita per il tuo corpo.
Tu in questo...
🔞Trigger Warning: il capitolo contiene scene di violenza 🔞
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Autodistruzione.
Stavo accartocciando me stessa come un pezzo di carta, l'involucro di una caramella che andava gettato nel bidone della spazzatura.
Come quel biglietto, che avevo affidato al tassista e che ora era diventato una pallina informe di sudore e carta nelle mie mani.
Il cellulare suonò: ero sicura fosse Lavinia e invece, era Dante.
« Dove cazzo sei!» ruggii con tutta la mia rabbia. Il sollievo nell'udire la sua voce contrastava con il mio disappunto.
« Ho quasi terminato il mio appuntamento. Arrivo. » La sua voce era calma anche se leggevo nel tono finale delle parole una leggera titubanza.
E poi, lo schiaffo in faccia.
« Dille di venire qui.» La riconobbi tra mille voci. Era Alessandro.
« Lui è lì con te?» Silenzio. Fece più male delle sue parole.
« Si.» rispose « Viv, è meglio se ne parliamo a casa. »
« No. Dimmi dove sei...»
« Non venire qui. »
« Dimmi dove sei, porca puttana!» urlai, tanto che il tassista si girò. Ero sicura avesse capito la mia esclamazione in italiano.
Mi segnai al volo l'indirizzo e lo comunicai. Non era lo stesso indicato sul pezzo di carta e il tragitto si allungò di dieci minuti.
Pagai il tassista e uscii di corsa dall'auto, trovandomi davanti al Transamerica Pyramid, uno degli edifici più iconici della città.
Presi l'ascensore per raggiungere il trentanovesimo piano, sede dell'ufficio in cui si trovavano Dante e Alessandro: la città scorreva sotto i miei piedi, portandomi sempre più in alto ma non riuscii ad apprezzare la bellezza del paesaggio, avvolta dai pensieri atroci del mio cervello.
Arrivata al piano, vidi di fronte l'ufficio di Divina, che occupava tutto il piano.
Senza suonare la porta si aprì e mi trovai davanti una ragazza ben vestita e carina. Immaginai subito che se la fosse scopata per essere lì. L'indifferenza di quel pensiero mi focalizzò sul fatto che il mio cervello era concentrato su altri demoni, ben più atroci dell'idea che quel manichino potesse aver avuto un amplesso con il mio ex.
Mi condusse nell'ufficio e appena la porta si aprì, li vidi: erano in piedi, davanti a me, Dante teso e serio, Alessandro con il suo solito sguardo beffardo di chi voleva fotterti anche l'anima. Il suo viso era tonico e ben definito come lo ricordavo, i capelli grigi ai lati delle tempie, nel completo blu scuro con le iniziali ricamate sul taschino, che riconobbi come un Pignatelli.
«Ben arrivata, Vivienne. »
Li squadrai entrambi, provando repulsione più per Dante che per Alessandro.