"Viv, il cioccolato è buono, sexy, attraente ma fa male al tuo fisico. Bisogna assumerne in piccole dosi per non fare indigestione; l'arancia invece è un frutto, è succoso, pieno di vitamina C, un elisir di lunga vita per il tuo corpo.
Tu in questo...
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La doccia bollente mi scaldò il corpo e l'anima.
E mi aiutò a fare un po' più di chiarezza su ciò che davvero volevo da quella notte: avrei dormito nella camera di Dante ma ciò non doveva significare nulla.
Mi sciolsi i capelli, raccolti sotto la cuffia, scuotendoli a testa in giù e infilai la maglietta. La lunghezza era perfetta: mi copriva appena il sedere.
Mi sembrava di essere uscita da una di quelle love comedy che prevedevano da copione una scena sexy tra i protagonisti, per via dell'abbigliamento audace di lei e il desiderio latente di lui.
Dante invece, non fece caso a me (o almeno, cercò di non notarmi) e andò dritto in doccia, mentre io sistemavo i miei vestiti sulla sedia.
Notai che aveva alzato la temperatura della camera, per non farmi soffrire il freddo del condizionatore e curiosai attorno, soffermandomi a osservare le cose dei ragazzi.
Presi in mano la macchina fotografica e l'osservai: era uno strumento davvero professionale. Provai a fingere di scattare qualche foto, osservando il focale e altri tasti che non conoscevo.
Mi persi nei pensieri, chiedendomi quanto potesse valere quello strumento e facendo un paio di conti da perfetta sconosciuta, mi dissi che avrei potuto pagare la caparra del catering se l'avessi venduta.
Ecco. I problemi stavano tornando a bussare alla porta della mia mente, nonostante mi fossi imposta di non pensarci.
« Se vuoi, posso insegnarti. »
Mi girai di scatto e mi trovai Dante avvolto nell'accappatoio dell'hotel, appena uscito dal bagno, i riccioli castani ancora umidi e il viso arrossato dall'acqua calda della doccia.
Imbarazzata per essere stata scoperta, appoggiai furtiva la reliquia sulla scrivania e misi le mani lungo i fianchi.
« Scusa, ero solo curiosa. » mi giustificai, gettando la testa a lato.
Il ragazzo mi venne vicino con passo tranquillo, prese la macchina fotografica e me la porse con un sorriso.
« Prendila.»
Lo guardai imbarazzata. « No, dai, non so fare. »
« Ti insegno io. »
Presi la reflex dalle sue mani e me la misi vicino al volto, pronta per scattare. Dante venne dietro di me, prese le sue mani tra le mie, mi posizionò nella maniera corretta la mano destra, abbassandomi il gomito e sistemò le mie dita sui tasti che regolavano la luce e la distanza. Appoggiò il suo viso accanto al mio per indirizzarmi sul soggetto da inquadrare e mi sentii svenire: l'odore di fava tonka della sua pelle, il tepore del suo corpo, il sentirmi un tutt'uno con lui in quel momento fu inebriante e il cuore cominciò a battere più in fretta del dovuto.
« Ecco, fissa un punto e ora regola... »
« Facciamo un'altra volta. » esclamai restituendogli la reflex e allontanandomi da lui, andando verso il letto. « Sono piuttosto stanca, ora. »