NOAH
Dopo quasi due settimane dall'inizio dei corsi, il professor Johnatan aveva già deciso di prendersi una pausa da noi. Non si presentò alle sue ore è come al solito durante le ore buche il professor William decideva con grande gioia di sostituire i suoi colleghi. William era un uomo fantastico, amato da tutti gli alunni della scuola, un supplente che ci faceva sempre vedere qualche film per poi iniziare a farci domande o riflessioni inerenti a esso.
Tuttavia la lezione di oggi fu un totale disastro, almeno per me.
Iniziammo a guardare un film su una giovane coppia che cercava da un paio di anni di avere un figlio, finalmente dopo molti sforzi la coppia riuscì nel suo intento. Dopo cinque mesi di gravidanza la donna per cause anomale perse il bambino.
Da lì tutto nella mia mente sfocò in un brutto ricordo. La donna iniziò ad attraversa una grave depressione, fino alla fine del film in cui l'uomo trovò la sua amata impiccata nella loro stanza da letto.
La vista iniziò a essere appannata e gli occhi lucidi.
"Vorrei porvi solo una piccola domanda. I ragazzi non sono esenti dal rispondere." Disse facendo sbuffare un paio di persone nell'ultima fila. "Tra pochi anni, mi auguro, diventerete anche voi genitori. È una cosa fantastica ve lo dico per esperienza, tuttavia non tutti sono fortunati proprio come questa coppia. Voi cosa fareste al posto loro? Cosa avete pensato durante la scena finale?"
Una mano alzata sbucò dalle file centrali. "Penso che quella donna non ha avuto il coraggio di affrontare il problema. Perché abbandonare tutto senza provare di nuovo? Sono giovani, nonostante il grande dolore che hanno subito poteva cercare di affrontare la cosa assieme al marito. La protagonista è stata solo una vigliacca, ha abbandonato tutti senza combattere per quello che voleva."
Strinsi i pugni, sentivo il cuore battermi all'impazzata e senza rendermi conto una frase mi uscì dalla bocca interrompendo il professore. "Era depressa, non ha perso un giocattolo ma un bambino che desiderava da tempo. Concordo sul fatto che poteva combattere e affrontare la cosa con il partner, ma stai veramente dicendo che quella donna è una vigliacca?"
"Certo poteva farsi aiutare da qualcuno, poteva benissimo smettere di autocommiserarsi e vivere la vita. Invece ha deciso di buttare la spugna, come una codarda."
"Penso che tu non sappia come funziona la cosa. Ripeto quella donna era depressa, molti si accorgono troppo tardi di avere qualcuno accanto che ne soffre. Altri ancora nonostante gli aiuti, non riescono lo stesso a superare la cosa. Essere depressi non è una cosa che sparisce da un momento all'altro, ci sono sintomi che variano da persona a persona. Chi ne soffre sente un senso di vuoto enorme, le uniche emozioni che provano sono tristezza, ansia, irritabilità spesso anche rabbia. Molte volte invece il soggetto è apatico, non prova più nulla. Tutte queste sensazioni vengono accompagnate da altri problemi ancora più gravi. Pensi sia facile uscirne?"
Nella classe nessuno fiatava, mi fissavano tutti senza proferire parola. Solo il suono della campanella riuscì a togliermi da quella soffocante sensazione che mi attanagliava il petto e la mente. Uscì dall'aula in fretta e furia nascondendomi nella terrazza della scuola. L'accesso era vietato agli studenti, per questo ci venivo spesso, era un posto sicuro e tranquillo in cui nessuno poteva disturbarmi, nemmeno i miei amici. Ma ero così sconvolto che non mi accorsi della persona che mi aveva seguito in silenzio fino a lassù.
Si mise seduto vicino a me, con una mano iniziò ad accarezzare la mia schiena che ormai era scossa da tremolii vari.
"Perché sei qui?" Mi girai verso di lui incontrando i suoi bellissimi occhi che mi fissavano con comprensione.
"Ecco...stavo ritornando in classe quando ti ho sentito parlare. Non volevo spiare la conversazione ma non sono riuscito ad andarmene. Quando sei uscito dall'aula non so perché ma sentivo il bisogno di seguirti."
"Ti faccio pena? Puoi anche andartene non mi serve la tua compassione."
"Non mi fai pena. Ero solo preoccupato, scommetto che la tua testa in questo momento sta esplodendo per colpa di tutti i pensieri e le paranoie che ti stai facendo. Penso solo che in momenti simili non dovresti stare da solo."
La sua mano si spostava lentamente dalla mia schiena alla spalla, poi al braccio fino ad arrivare alla mano. Disegnava piccoli cerchi sul mio palmo poi sulle dita fino a intrecciare le sue dita con le mie. Con il pollice continuava ad accarezzarmi la pelle donandomi un po' di serenità.
"Pensi che abbia detto qualcosa di sbagliato?" La domanda che gli posi era flebile, quasi un sussurro. Sembravo un bambino in crisi, gli occhi erano di nuovo lucidi ma stranamente riuscii a tranquillizzarmi.
Forse era merito suo.
Gabriel mi donò il suo dolce sorriso, un sorriso che ogni volta mi sembrava diverso dagli altri. Sempre più radioso e bello, così particolare da scaldarmi il cuore.
"Non hai sbagliato. Quello che ha detto il tuo compagno in parte era giusto, ma non doveva azzardarsi a usare certe parole, è difficile per molti deficienti comprendere cose che magari sono ritenute "diverse" dalla "normalità". Non tutti riescono a comprendere i problemi che la vita pone ad alcune persone. Basta guardare il notiziario per vedere quanti coglioni credono di essere superiori alle donne e le maltrattano per poi ucciderle, quanti omofobi disprezzano o addirittura rovinano una coppia solo perché è considerata anomala, quante persone non riescono ad avere un po' di tatto o aiutare chi soffre di DCA prendendo la cosa sottogamba, chi bullizza e tormenta invece di aiutare e capire coloro che soffrono di qualche disabilità sensoriali, psichica o intellettiva."
La sua mano si staccò dalla mia per prendere dalla tasca il pacchetto di sigarette. Se ne accese una per poi offrirne un'altra a me. Si avvicinò al mio viso, accendendo la sigaretta con la sua, tutto questo veniva svolto con il suo sguardo che intensamente cercava di scrutarmi fino in fondo. Poi come se non fosse successo nulla, si allontanò dal mio viso, riprendendo con delicatezza la mia mano nella sua, donandomi ancora quelle piccole carezze di cui sentivo già la mancanza.
"Molte cose sono ritenute giuste, molte altre sbagliate, ed è questo il problema, nessuno riesce a capire la differenza. La gente retrograda non riesce a comprendere che il mondo non è fatto per uccidersi a vicenda, per offendere o sminuire, per deridere e bullizzare. Il mondo è vasto, pieno di diversità, le persone devono essere libere di fare quello che vogliono, di essere accettate e aiutate il più possibile. Tutti noi dovremmo cercare di rendere le persone al nostro fianco tranquille di esprimersi e di cercare aiuto, un posto sicuro, e di sicuro non lo troveranno in gente che insulta e disprezza il loro malore o il loro modo di essere."
Rimasi affascinato dal discorso che mi aveva donato. I miei occhi in quel momento appartenevano solo a lui. Il suo modo di esprimersi, la sua voce delicata, il suo essere così libero di parlare senza problemi e di raccontare come vedeva il mondo, come lui voleva che il mondo fosse. Tutto quello che aveva detto era giusto, eppure quante persone erano così libere di esprimersi in quel modo fluido e spensierato riguardo argomenti così crudi e veritieri. Quante persone potevano definirsi "il posto sicuro" di qualcuno? Non ne avevo idea, ma in quel momento desiderai anch'io di trovare una persona da definire tale.

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Nothing is as it seems
RomanceMolto spesso l'apparenza inganna, nascondiamo talmente bene i nostri scheletri, che scegliamo di vivere la nostra vita con una doppia faccia, fingendo che vada tutto bene. Noah dopo la morte della madre non riesce più a ritrovare la spensieratezza...