14

322 23 6
                                    



NOAH


Ero curioso e ansioso, tutto questo mi portava uno stress assurdo.

Ormai mancava poco all'uscita con Gabriel e io non avevo la minima idea di cosa aspettarmi. L'altra sera mi ero divertito un sacco a giocare con lui a basket. Stare con lui mi rilassava, riuscivo a essere me stesso al cento per cento. Però, quando i nostri corpi entravano in collisione, non riuscivo a ragionare lucidamente, ogni mio movimento si bloccava al suo tocco e la mia pelle iniziava a surriscaldarsi senza un motivo valido.

Scrollai veloce il capo e passai la mano tra i capelli, non aveva senso pensarci, forse il mio corpo non si era ancora abituato al suo tocco. Infondo oltre ai miei amici, non interagivo con altre persone da parecchio tempo.

Finii di prepararmi quando sentii il rumore di un motore provenire da fuori. Mi affacciai alla finestra trovando una moto nera con qualche riflesso blu. Il guidatore si tolse il casco nero posando la sua attenzione sul telefono. Aveva i capelli spettinati, un adorabile sorriso gli contornava il viso e la luce del telefono gli illuminavano quei bellissimi smeraldi. Semplicemente perfetto.

La notifica di WhatsApp mi risvegliò dai miei strani pensieri. Non controllai nemmeno, sapevo già a chi apparteneva quel messaggio.

Corsi fuori, avvicinandomi con titubanza verso di lui. Non ero mai andato in moto, la cosa mi rendeva un po' nervoso.

"Sei pronto?" Mi domandò porgendomi un altro casco. Riuscii solo ad annuire, fissando con timore quel dannato arnese.

"Noah, c'è qualcosa che ti preoccupa?"

Sollevai il volto su Gabriel. "Non sono mai salito su una moto."

"Non ti preoccupare." Sorrise, tenendo le mani sul manubrio e lo sguardo sul mio viso. "Non è pericoloso, devi solo tenerti stretto a me."

Annuii indossando il casco. Salii in sella e posai le mie mani sul suo stomaco, appoggiai tutto il mio peso sulla sua schiena, stringendolo con forza.

Partimmo subito. La paura iniziava a dissolversi nel nulla, lasciando spazio all'adrenalina. Avevo freddo per colpa del vento che mi accarezzava con forza ogni parte del corpo, eppure il calore che sprigionava Gabriel riusciva a darmi un po' di sollievo.

Il viaggio durò solo una decina di minuti. Quando arrivammo a destinazione, mi tolsi con velocità il casco, ammirando il luogo in cui mi aveva portato.

Uno stadio, un dannato campo da calcio!

"Siamo arrivati a destinazione." Affermò intimandomi di seguirlo.

Aprí la porta con le chiavi. Lo seguii silenziosamente, ormai perso a fissare l'enorme campo che si trovava proprio davanti ai miei occhi. Gabriel mi indicò una panchina dove, ad aspettarci, c'era un bellissimo pallone da calcio.

"Ma come diavolo fai ad avere le chiavi?" Domandai correndo verso la palla.

"Lo stadio appartiene al padre di Luca." Rispose soffermandosi sui miei movimenti. "Ho faticato parecchio per prendere quelle dannate chiavi."

"Perché?"

"Luca e suo padre non vanno d'accordo. Lui ama il calcio e voleva che il suo unico figlio seguisse le sue orme. Peccato che Luca ha scelto il nuoto, cosa che suo padre non riesce ad accettare." Spiegò senza degnarmi neanche di uno sguardo. "Ecco Luca ha rubato le chiavi a suo padre per darle a me, in cambio però mi ha chiesto un favore."

Lo guardai perplesso. "Quale?"

"Riesci a portare Eve alla gara di Luca? Il mio amico si è preso una bella cotta per lei, da quel che so ha già provato a convincerla, ma lei ha rifiutato ben tre volte." Disse di getto.

Nothing is as it seemsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora