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NOAH


Mi svegliai leggermente frastornato. Avevo un gran mal di testa e la luce che penetrava dalla tenda bianca della finestra non aiutava affatto.

Indossavo dei vestiti non miei, sdraiato su un materasso troppo morbido per essere il mio.

Scrutai l'enorme stanza, non riuscendo a distinguere nessun dettaglio familiare. Davanti al letto, un grande televisore si palesava sulla parete bianca, vicino a esso c'era uno scaffale pieno di libri e l'armadio. A destra, la finestra si apriva su un magnifico terrazzo, dove la visuale era completamente immersa nel verde. A sinistra invece c'era una lunga scrivania cosparsa da buste da lettere e da sotto sbucava un pallone da basket. Accanto trovai una porta che portava in un magnifico bagno color cobalto, era forse il doppio più grande della mia stanza. 

Uscii dalla camera, immergendomi nel corridoio, le pareti erano bianche e spoglie, prive di foto. Iniziai a percorrere le scale di marmo che portavano di sotto, nel salone, perfettamente pulito e accogliente.

Un immenso divano grigio era posto in mezzo alla sala, dove appollaiato a esso, immerso nelle coperte, sbucava una testolina bionda. Mi avvicinai a fissarlo, sembravo un dannato stalker, in effetti succedeva spesso quando avevo Gabriel nella stessa stanza. In mensa, tra i corridoi, nel giardino, ormai il mio sguardo lo cercava sempre.

Ma poi perché? Cosa ci trovavo di così affascinante?

Beh, pure un cieco vedrebbe quanto dannatamente è attraente Gabriel. Pure ora con la bocca semiaperta, gli occhi chiusi coperti da quelle lunghe ciglia, i capelli scompigliati che ricadevano graziosamente sul suo viso. Cazzo se era bello, ma pur sempre un uomo.

"Continuerai a fissarmi per molto?" Borbottò con un ghigno. Aprí quei dannati occhi, quel verde talmente intenso, mi ricordava un bosco immerso nei raggi solari.

Cosa cazzo stavo pensando!

Mi allontanai da lui, preso alla sprovvista. Cercai di guardare altrove, ma quando si alzò da quel dannato divano mi fu impossibile togliergli lo sguardo. Indossava solamente una tuta grigia, intravidi quei dannati addominali, le sue braccia muscolose, la sua pelle ambrata.

L'avevo già visto mezzo nudo, quando mi ero intrufolato negli spogliatoi della palestra in cui si allenava con la sua squadra. Ma solo ora riuscii a notare quelle scottature.

Quello sul braccio l'avevo già intravisto una volta, ma l'altro sulla spalla e quello sull'addome erano molto più grandi rispetto al primo.

Gabriel, notando dove si era posato il mio sguardo, decise di rimettersi la maglietta che aveva tolto la sera prima. Rimasi un po' deluso dal suo gesto, anche se non riuscivo a comprendere il perché.

"Come mai sono qui?" Chiesi, riprendendo il controllo sulla mia perversa mente.

Gabriel non rispose, si limitò a farmi un cenno per seguirlo.

Entrammo in cucina dove il biondo si posizionò senza guardarmi vicino al piano cottura. Maneggiò i fornelli fissando per qualche istante di troppo la fiammella bluastra.

L'avevo notato anche le altre volte, quella strana situazione veniva svolta dal biondino anche quando si accendeva le sigarette. Fissava il fuoco dell'accendino per diversi secondi, gli occhi persi chissà dove, poi come se niente fosse ritornava alla normalità.

Preparò due tazze di caffè, accomodandosi al tavolo. "Vieni a sederti o rimarrai lì impalato a guardarmi?"

Sussultai preso per la seconda volta alla sprovvista. Mi accomodai sulla sedia posta davanti a lui. Decisi di posare il mio sguardo sulla tazza fumante, non potevo continuare a perdermi nei suoi gesti.

Nothing is as it seemsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora