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NOAH

Piccole gocce impetuose si scagliavano sull'asfalto. La sua mano si appoggiava sull'autoradio abbassando di qualche tono Moth to a flame.

"Anche quest'anno porterai casini come l'anno scorso?" Fissava con attenzione la strada. "Cerca di non metterti nei guai, rendimi orgoglioso una volta tanto, chiedo troppo forse?"

"È tu quando cercherai di capirmi? Quando proverai a essere un padre meno assente, non puoi tornare quello di una volta?"

Semaforo rosso. Questa era la scusa migliore per lui, non importava se fuori pioveva o se si congelava, durante un semaforo rosso, lui apriva sempre quel finestrino per accendersi quella dannata sigaretta: "Forse serve tempo a entrambi. Non posso chiederti di essere migliore quando nemmeno io riesco a essere migliore per te, per voi."

Il fumo si espandeva in tutta l'auto, per poi sparire nel nulla.

Lui aveva smesso di fumare, aveva smesso per noi, eppure lo stress causato in questi ultimi anni l'avevano portato a disintegrare la sua promessa. Una delle tante che non era riuscito a mantenere.

"In ogni caso stai alla larga dai guai, non voglio perdere anche te." Borbottò raucamente mentre buttava la sigaretta.

Luce verde. L'auto ricominciò il suo viaggio, il freddo che prima entrava dalla finestra venne sostituito dal dolce tepore del climatizzatore.

"Stai tranquillo, non posso di sicuro lasciare un vecchio come te da solo. Per non parlare di Wendy, quella piccola peste ha bisogno di me." Lo rassicurai smorzando la tensione che si era creata.

Molto spesso il pensiero mi attanagliava la mente.

Perché continuare a vivere? Morire non era così difficile, non proverei più nulla, non soffrirei più. Vivere invece ere troppo complicato, gestire una vita talmente mediocre era troppo stressante e doloroso.

Poi però mi ricordavo di loro, i miei amici che mi supportavano in quello che facevo, mio padre che nonostante tutto sapevo quanto ci amasse. Non potevo scomparire, abbandonare la mia adorata sorellina, non potevo morire lasciando tutto, sarei egoista, un codardo.

"Se mai succederà, se mai ti passerà per la mente una cosa del genere, non farla, vieni subito da me. Raccontami i tuoi problemi, le tue insicurezze, cerchiamo insieme di risolvere quello che ti tormenta." La sua voce diventò sempre più bassa. La sua mascella iniziò a contrarsi mentre i suoi occhi divennero lucidi, o forse era solo una mia impressione. "So di essere spesso assente, testardo, irritante, compio scelte sbagliate e molte volte vi deludo, ma ci sarò sempre per voi."

L'auto si fermò bruscamente, per colpa di un'altra auto che si era messa in mezzo all'ultimo.

Rischiai di essere spiaccicato al parabrezza, ma fortunatamente tutto questo venne impedito dalla cintura di sicurezza. 

"Teste di cazzo, non sanno manco guidare! A certa gente bisogna togliere la patente!" Ed ecco che tutto ritornò alla normalità.

Cercai di nascondere la risata che premeva per uscire fuori. Lo fissai per un paio di secondi prima di regalargli un abbraccio fugace e scendere velocemente dall'auto.

Questi momenti di affetto non capitavano spesso tra noi. Prima era una routine stare con lui ma da quell'incidente tutto era cambiato.

Mi incamminai velocemente verso l'entrata del liceo, ma un paio di occhi azzurri mi bloccarono all'istante fissandomi con insistenza.

"Ci credi che le mie vacanze sono state noiose senza di te?" Sbuffò spostandosi i ricci sulla schiena. "Tieni bene a mente quello che ho detto perché non lo dirò mai più."

"Sono felice anche io di rivederti Eve" Risi mentre la ragazza davanti a me iniziò a girarsi con impazienza una sigaretta.

Dall'altro lato Ethan scrutava la scena in silenzio, la sua schiena possente era appoggiata al cancello della scuola, i suoi capelli castani venivano scompigliati dal vento, e quando lo notai inclinò la testa lateralmente ponendo i suoi occhi ambrati sulla mia figura. "Tutto bene con tuo padre? Tu e Wendy come state?"

"Tutto bene, penso, non è cambiato nulla." Sospirai frenando la mia voglia di raccontare tutto quello che mi passava per la mente in questi giorni. "È parecchio assente ma riusciamo a cavarcela comunque."

Ethan e Eve erano i miei migliori amici. Gli unici.

Ethan era un ragazzo taciturno e introverso, amava farsi i cazzi suoi ma se qualcuno disturbava il suo spazio vitale o faceva un torto a chi voleva bene era subito pronto a mettersi in mezzo.

Eve era l'esatto opposto, una ragazza estroversa, adorava fare casino e parlare con chiunque, sembrava stronza ed egocentrica ma sotto sotto era una ragazza dolce e premurosa, nascondeva a tutti le sue paure e le sue insicurezze ma con noi per fortuna era riuscita ad aprirsi completamente.

Ho conosciuto Ethan ai tempi dell'asilo, per poi ritrovarlo nella stessa classe alle elementari, alle medie e ora qui, insomma il destino ci voleva insieme. Avevo circa cinque anni quando lo incontrai, un bambino solo e diffidente che cercava di aiutare un gattino ferito a una zampa. Mi avvicinai senza esitazione per cercare di aiutarlo, da quel giorno iniziò a seguirmi dappertutto, diventando una delle persone più importanti della mia vita.

Abbiamo conosciuto Eve in prima media, inutile dire che era stata la prima ad avvicinarsi a noi. Stavamo mangiando in mensa quando Carl, un ragazzo della classe affianco che ci odiava a morte era venuto a urlarci contro, poi tutto d'un tratto si zittii completamente accasciandosi addolorante per terra. Dietro di lui una ragazzina dai ricci rossi e le lentiggini che contornavano quel viso pallido aveva tirato senza esitazione un calcio a Carl. "Odio i bulli" Disse in sua difesa sorridendoci come se fosse la ragazza più innocente del mondo.

Da quel giorno il nostro duo diventò un trio.

"Non vorrei interrompere la vostra chiacchierata ma ho una nuova notizia per voi. L'ho sentita poco fa da un paio di studenti di quarta." Prese una ciocca rossa e se la arrotolò convulsa al dito mentre il fumo della sigaretta si espandeva nell'aria, troppo vicino alla mia faccia. "Ho sentito dire che una quinta dello scientifico verrà spostata da noi. A quanto pare qualcuno ha distrutto un'aula, non hanno nemmeno trovato il colpevole."

"Perché devono spostare quei coglioni proprio da noi?" Domandò Ethan con astio.

La nostra scuola covava un odio sconfinato per quelli dello scientifico. Sarà perché gli studenti che frequentavano quel posto erano per la maggior parte irritanti e ricchi da far schifo, o forse perché la nostra squadra di basket perdeva, da ben quattro anni, ogni partita contro la loro squadra.

O forse l'ostilità era nata quando un ragazzo di quinta dello scientifico per vendicarsi di un ragazzo della nostra scuola, che gli aveva rubato la ragazza, decise d'intrufolarsi nella scuola e rubare la tesi che quest'ultimo aveva scritto per un evento importante a cui si stava preparando da mesi. Da quel giorno ci furono un sacco di eventi che avevano portato le due scuole a scontrarsi ogni secondo.

"Perché a quanto pare loro non hanno più classi libere è da noi c'è ne sono un bel po'... in più il preside ha pensato che poteva essere un bellissimo modo per riappacificare le cose tra i due istituti."

"È per quanto tempo staranno da noi?"

Eve fece spallucce. "Non ne ho idea."

"Bene" sbuffai già stanco, ed era solo il primo giorno di scuola. "Speriamo solo che non creino problemi." 

Insomma, cosa poteva capitare? 

Nothing is as it seemsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora