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GABRIEL


"Ecco..." Avevo un nodo alla gola che mi impediva di parlare, il cuore batteva all'impazzata per la paura che Noah non potesse accettare il mio passato. Ma dovevo essere forte, mi fidavo di lui e non potevo nascondergli una parte così importante del mio passato. "Quando sono stato adottato ero diffidente e non parlavo con nessuno, grazie ai miei nuovi genitori sono riuscito con molta fatica a fidarmi e ad aprirmi con loro. Avevo iniziato persino a parlare con gli altri, tranne in presenza della famiglia di mia madre."

Nonostante fossero passati anni, ricordavo ancora quei giorni come se fossero successi solo ieri.

"Conobbi per prima la famiglia di mio padre. Con sua madre ho subito legato, mi aveva accettato senza nessun problema e continuava a ripetermi di chiamarla nonna e di venire a trovarla ogni volta che volessi. I fratelli di mio padre, Alfred e Jackson, invece si mostravano indifferenti, da piccolo pensavo fossero buone persone, solo dopo la morte di mio padre ho capito quanto fossero egoisti e meschini." Dichiarai fissando la mano di Noah intrecciarsi nella mia, stava cercando di sostenermi. "La famiglia di mia madre invece odiava da morire mio padre e me. Non hanno mai voluto conoscermi, solo la sorella minore di mia madre, Kathrine, decise d'incontrarmi, ma il suo sguardo pieno di disprezzo mi aveva fatto capire quanto mi odiasse."

"Non ha un minimo di senso, perché dovrebbe odiare un bambino?" Chiese con un strana punta di rabbia nella sua voce.

Sospirai incastrando il mio sguardo nei suoi occhi. "Il motivo era semplice, l'idea di adottare un bambino era venuta a mio padre, nonostante mia madre fosse d'accordo, i suoi genitori non hanno mai approvato l'idea solo perché l'aveva proposta lui. Una scemenza, ma il loro odio era così profondo che persino le più piccole cose che mio padre faceva a loro non andavano bene."

"Che stronzi!" Borbottò Noah, stringendo con forza la presa sulla mia mano.

"Quando compii sette anni, sia io che mio padre ricevemmo la notizia più bella della nostra vita. Mia madre era incinta, ne ero felice, finalmente avrei avuto un fratellino con cui giocare. Tuttavia la felicità che provai fu annientata da mia zia." Confessai con tristezza, ripensando a quanto fossi stato stupido a crederci. "Sapevo quanto mia zia amasse il bambino che portava in grembo mia madre e quanto invece odiasse me, ma quel giorno era riuscita a farmi credere che persino i miei genitori mi avrebbero odiato e abbandonato."

Odiavo ricordare quei giorni, mi sentivo colpevole.

"Gabri," Noah mi accarezzò il viso dolcemente "se non riesci a raccontarmelo...se ti fa male ricordare, allora possiamo finirla qui per oggi."

Negai col capo, fissando un punto qualsiasi della stanza pur di non piangere. "Un giorno rimasi a casa da solo con lei. Mio padre era a lavoro e mia madre doveva fare delle compere e stranamente si era offerta di stare con me. Ovviamente quel gesto non l'aveva fatto per bontà d'animo, era rimasta con me per un motivo specifico."

Strinsi i denti asciugando velocemente una lacrima. La mano di Noah si spostò sulla mia schiena, continuava a spostare la sua mano dall'alto verso il basso, cercando in qualche modo di tranquillizzarmi con le sue carezze.

Presi due o tre respiri profondi. "Iniziò a dire che i miei genitori non avevano più bisogno di me, che ero solo un rimpiazzo e io come uno stupido iniziai a credere alle sue parole. Scappai di casa, volevo parlare con mia mamma, ma ovviamente ero troppo piccolo e mi persi. Restai per ore fuori di casa, da solo in un posto che non conoscevo. Ricordo che ero vicino al parco, era ormai sera e mi ero sbucciato il ginocchio. E poi la vidi, dall'altra parte della strada che correva e urlava disperata il mio nome, l'avevo fatta piangere e preoccupare. Iniziai a urlare il suo nome e zoppicai verso di lei, ma non avevo visto il camion che stava arrivando. Ricordo quella scena a rallentatore, mia madre...lei, per salvarmi...per tenere in vita uno stupido come me, si era buttata in mezzo alla strada, mi aveva spinto via per salvarmi."

Ricordavo ancora il suo ultimo sorriso, le sue carezze, i suoi bellissimi abbracci. Allora perché non ricordavo più la sua voce? Perché i miei bellissimi ricordi con lei si mischiavano ai ricordi della sua morte. Al suo corpo privo di vita, sbattuto contro il muso del camion, al sangue sui suoi vestiti e sui capelli.

Per colpa mia, mia madre e il bambino che aveva in grembo erano morti.

"Alla sua morte le cose crollarono ancora di più. Kathrine al funerale aveva iniziato a incolparmi davanti a tutti, solo la nonna mi difese con tutte le sue forze. Mio padre invece non si presentò al funerale, rimase per un mese intero chiuso in camera." Avevo la vista appannata, il groppo in gola mi mozzava il fiato e sentivo un gran dolore al petto, eppure dovevo continuare. "Quando finalmente uscì dalla sua camera...ecco, non riuscivo a riconoscerlo. A volte parlava da solo, in realtà faceva discorsi su mia madre, come se fosse lì con lui. Parlava del loro bambino, di quanto desiderava impazientemente veder nascere suo figlio. Altre volte si dimenticava di tutti, persino di me. Solo per qualche ora nell'arco della giornata, si ricordava della mia presenza e della morte di mamma."

Era colpa mia...mio padre non aveva realizzato il sogno di vedere suo figlio per colpa mia.

"Passarono quattro mesi e la situazione peggiorò, ma rimasi al suo fianco senza dire nulla, non volevo abbandonarlo, non dopo che gli avevo rovinato la vita. Finché una sera impazì del tutto, urlava e scaraventava le cose per terra, così decisi di rinchiudermi in stanza. Avevo paura, rimasi lì per ore. E poi, d'un tratto non sentii più nulla, era tutto in silenzio e solo dopo qualche minuto mi accorsi della puzza e del fumo che stava entrando in camera dalla fessura della porta. Uscii dalla stanza ritrovandomi immerso tra le fiamme." Tirai su col naso togliendomi la maglietta con lentezza. Indicai le scottature che avevo sul corpo, ritrovandomi gli occhi di Noah che ripercorrevano lentamente lo stesso percorso che stavo facendo con la mia mano. "Queste scottature sono niente in confronto a tutto quello che ha provato mio padre. So che è stato lui a dar fuoco a tutto, voleva dimenticare ogni cosa riguardasse mia madre. Ma non posso avercela con lui, era malato...in più sono vivo e vegeto solo grazie a lui. Era ritornato lì dentro per me, per salvarmi. Mi portò fuori di casa a fatica, si scusò con me e mi abbracciò con così tanto amore che faticavo quasi a crederci. Eppure quel momento era solo un addio da parte sua. Nonostante le mie lacrime e le mie urla lui ritornò lì dentro."

"P-perché?" Sussurrò tra le lacrime Noah.

"Te l'ho detto, continuava a delirare. Dopo avermi salvato, iniziò a dire che doveva andare a salvare sua moglie e suo figlio." Una risata isterica uscì dalla mia bocca. "Sai quanto ho urlato? Gli ho ribadito un sacco di volte che in quella casa non c'era nessuno, che ero l'unico a cui doveva pensare in quel momento. Lui invece continuava a dire che doveva andare a salvarli...così ritornò in quella casa e non uscì mai più."

Avevo ucciso pure lui.

Nothing is as it seemsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora