Capitolo 57

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Alican

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Alican

Sono disteso sul letto di Melina e con uno dei suoi libri, fingo di leggere mentre lei sta tirando fuori tutti i vestiti dall'armadio che lancia e mi arrivavano in faccio.

«Mannaggia, mannaggia! Che mi metto?» si lamenta.

Lascio il tomo sul letto e mi tolgo la maglietta dalla faccia, che getto sul materasso. Mi alzo e la guardo, incrociando le braccia al petto.

«Perché ho detto di sì!»

Damien l'ha invitata ad uscire ed ora non sa cosa mettersi. Perché con la felpa non sta bene? Deve per forza vestirsi decentemente? O con vestiti scollati per far capire che è provocante e cose così?

«Vai bene così, Melì.» le dico seriamente e lei - inginocchiata di fronte all'armadio - mi fissa.

«Ma mi hai vista?»

«Ogni istante della mia inutile vita. Non devi vestire provocante per piacere ad un uomo. O meglio, al bambino. Gli uomini sono i tipi come me.» mi indico con le dita, sfiorandomi leggermente il petto e le sorrido strafottente.

Melina si alza. Si sistema alcune ciocche dietro all'orecchio e mi guarda.

«Perché sei qui?» chiede. «Can perché sei qui? Perché sei apparso nella mia vita?»

Sembra quasi che le dò fastidio. Che cosa ti aspettavi, Alican, gli umani non cambieranno mai. Sono egoisti, avidi e bramano il potere.

«Vuoi che me ne vada?» rispondo con un'altra domanda. «Così ti lascio al tuo appuntamento. Il tuo concubino sarà qui a momenti.» la sorpasso e mi dirigo verso la porta.

«Can, scusa, è che sono nervosa.»

Stringo la maniglia che diventa nera per quanto mi abbia fatto innervosire.

«Non importa. Preparati.» apro il battente ed esco, chiudendolo alle mie spalle e mi smaterializzo altrove. In un locale che è pieno di cadaveri.

Lucrezia è sul biliardo e divora il collo dell'ultimo umano ancora in vita.

«Ti stai dando da fare, vedo.» attiro la sua attenzione e la ragazza si stacca.

Si pulisce la bocca e mi guarda.

«Non creare problemi in questa città. Ti vuoi divertire? Fallo, ma evita inganni. Hai già creato abbastanza danni.»

«Non farmi la predica, zio.» dice e scivola giù dal biliardo, sistemandosi la maglietta viola e la giacca di jeans, «tanto non mi possono uccidere».

«Loro no. Ma io sì.» mi avvicino e le stringo la gola, impedendole di respirare.

La sua carne diventa subito nera come il carbone e boccheggia, in cerca d'aria.

Mi intrappola il polso con entrambe le mani e mi guarda con quegli occhi da cerbiatta.

«Z-Zio t-ti p-prego... C-Chiederò s-scusa a Rod... N-Non u-uccidermi... V-Voglio v-vivere... V-Voglio u-un'altra possibilità...» mi dice a tratti e con gli occhi lucidi, perché la sua vita è stata una merda.

𝐓𝐡𝐞 𝐌𝐞𝐝𝐣𝐚𝐲𝐬 ➳ ᴄᴇɴᴇʀᴇ ᴇ sᴀɴɢᴜᴇ [Terzo Volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora