CAPITOLO 24//HARRY

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Non appena Amelia era uscita dalla stanza, non ci avevo messo neanche un secondo per decidere che sarei uscito anche io ed avrei provato ad inseguirla e spiegarle tutto. La sua faccia lacrimante era un ricordo indelebile nella mia mente, la peggior visione che avessi mai visto in vita mia. Non avrei mai e poi mai voluto vederla piangere, figurarsi essere io la ragione del suo pianto. Per me era intollerabile.

Uscire, però, fu molto più difficile del previsto. Ogni ragazza si era accalcata a me, nonostante le guardie del corpo stessero cercando di farmi spazio tra la folla per poter passare. Impossibile, sembrava di essere ritornato in una di quelle vie di grandi citta sommerso dalle fan. Tutte volevano sapere cosa c'era tra me e Catherine e Catherine continuava a cercare di smentirmi. Alla fine riuscii a passare, ma era troppo tardi: Amelia o qualunque indizio su di lei erano spariti. Neanche gli omoni fuori dalla porta seppero dirmi dove era andata, perchè era stati troppo sorpresi da quanto fosse sconvolta per vedere dove si stesse dirigendo.

Provai in tutte le porte del Palazzo, dalla palestra accanto alla discoteca fino alla piscina, mettendoci nel mezzo ogni singolo appartamento possibile. Erano le tre passate ed avevo controllato ogni singola stanza, per sicurezza la sua e quelle delle sue amiche le avevo passate al setaccio anche più volte. Le guardie erano state informate di cercarla, perchè non mi andava che fosse uscita da sola a quell'ora e non facesse sapere sue notizie. Lì fuori sarebbe potuto succederle qualsiasi cosa, anche se cercavo di concentrarmi al meglio sul trovarla per non pensarci troppo.

Erano appunto le tre passate quando ricevetti la chiamata.

All'inizio, sperai fosse Amelia. Sperai che si fosse ubriacata da qualche parte e incoscientemente nella sua sbronza sentisse il desiderio di chiamarmi, o magari anche non ubriacata ma la vedevo impossibile che mi chiamasse di sua volontà. Ovviamente non era lei.

Vedere però il numero il Frank sul display mi fece preoccupare ancor di più che se fosse stata Amelia. Frank non mi aveva mai chiamato, nemmeno per le emergenze. Perchè farlo adesso? Di sicuro non gli serviva una tazza di zucchero.

"Cosa è successo?" chiesi appena risposi, ovvero subito. La mia voce era puro panico e purtroppo facevo bene. La voce che mi rispose non era quella di Frank, ma quella di un dottore.

"Sei un parente di Frank?" chiese egli, senza rispondere. Trasalii. Era tanto grave da poter parlare solo con la famiglia?

"Si, il nipote" riposi sicuro, senza perdere tempo, volevo sapere cosa stava succedendo senza troppe storie.

"Frank ha avuto un infarto, ma se la sta cavando. Lo abbiamo portato all'ospedale, ma per adesso è fuori pericolo. Abbiamo solamente paura che potrebbe succedere di nuovo. Può venire qui?" la voce del medico era fin troppo distaccata, come se il suo paziente fosse soltanto uno dei tanti altri malati e non stessimo parlando di una persona che rischiava di morire.

"Arrivo!" esclamai con le lacrime agli occhi.

Corsi giù e presi la macchina, correndo ancor di più verso l'ospedale dove era ricoverato Frank. Non potevo credere che il mio caro vecchietto avesse rischiato di morire proprio quella notte.

Arrivai alla stanza dell'ospedale dove alloggiava che lui era sveglio.

"Ehi, Frank, come ti senti?" chiesi sedendomi accanto a lui. Mi ero calmato, ma si potevano ancora vedere abbastanza bene i segni delle mie lacrime.

"Ti sei preoccupato per me, ragazzo?" chiese Frank con la sua solita aria burbera.

"Non dovevi, ignenuo che sei" aggiunse.

"Potevi morire" lo rimproverai, anche se in fin dei conti non era mai stata colpa sua.

"Non sono morto ed intendo campare ancora un po' se permetti" ribattè, un po' alterato.

"Certo, però ora calmati" risposi, cercando di farlo sdraiare e farlo addormentare. Doveva riposare.

"Non voglio dormire, voglio andarmene! E sono abbastanza cosciente per firmare la liberatoria. Torno a casa, dal mio quadro" esclamò.

"Il tuo quadro, il tuo quadro! Sempre a pensare a quello stupido quadro! Potevi morire!" lo rimproverai.

Il medico entrò in quel momento e mi scrutò bene.

"Se deve urlare se ne vada, non ho intezione di curare anche lei" sentenziò gelido. Drigrignai i denti.

"Me ne vado anche io tanto, sono fuori pericolo, no? Voglio firmare per andarmene" si intromise Frank.

"Signore, le consigliamo di rimanere qui per ulteriore sicurezza. Potrebbe sentirsi di nuovo male" rispose calma l'infermiera. In quel momento ero totalmente d'accordo con lei e sperai che anche Frank capisse. Ovviamente era una speranza vana.

"Sto bene e voglio andarmene, fatemi firmare"

E così firmò, sotto lo sguardo contrariato mio e dell'infermiera.

"Ed adesso, ragazzo, riaccompagnami a casa" ordinò, porgendomi il braccio. Lo presi, sorreggendolo ed aiutandolo a camminare.

Quando si metteva in testa una cosa non si aveva altra scelta.

Cosa ne pensate? Dove è andata Mia? E siete preoccupate per il vecchio?
Baci Baci
werenotcool


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