21.

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Le lezioni a scuola non hanno intenzione di finire.
Sono stata con il cellulare fra le mani fino ad ora, aspettando un messaggio che non arriverà mai, o almeno, non a quest'ora.
La campanella finalmente suona, così mi alzo e vado dritta in corridoio a prendere qualcosa da mangiare.
Il cibo soffoca la nostalgia e l'ansia.

Proprio appena metto piede fuori dall'aula, mi ritrovo con la faccia sul pavimento.
Un forte dolore al braccio mi fa passare dei brividi lungo tutto il corpo.

«Prova solo un'altra volta a sfoderare un calcio di quel tipo, e non vedrai nemmeno il pavimento» Urla Victor per il corridoio, e tutti loro lo acclamano in coro.

Mi ritrovo gli sguardi di tutti puntati addosso. So che nessuno mi aiuterà. Tutti hanno paura di loro e nessuno osa intralciare i loro piani.

Mi rimetto in piedi a fatica. Il braccio mi fa davvero male, e credo che ci sia un livido che si sta gonfiando.
Quando finalmente torno in equilibrio sulle mie gambe, resto ferma davanti alla porta della classe, con i capelli davanti al viso e un cerchio di persone sconosciute che mi fissano.
Giro i tacchi e torno al mio banco.
Al diavolo la fame, il cibo e tutto quanto.

Quando risuona la campanella, tutti i miei compagni rientrano, e giuro che se non la smettono di fissarmi mi alzo e grido contro ognuno di loro.
La mia rabbia, però, si trasforma in qualcosa che non avevo mai provato prima, quando anche Ryan rientra in classe e mi passa accanto senza battere ciglio.
Non ho mai provato quest'emozione, ma non mi piace affatto.
Infatti, pochi secondi dopo, sento venirmi le lacrime agli occhi.
Odio questa sensibilità che ho, è troppa. TROPPA.

Mi accovaccio sul banco, con la testa nascosta tra le braccia.
Avrò un aspetto orribile, come minimo..

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Dopo 6 lunghe ore, la seconda campanella di oggi suona, e prendo velocemente il mio zaino per uscire, facendo attenzione che non ci sia nessuno di loro nei paraggi.

Ryan mi sfreccia davanti, ma io lo prendo per un gomito e lo fermo.
Basta.

«Ray»

«Alex, non disturbarmi. Grazie

Scuote il braccio talmente forte che la mia mano vola all'indietro, facendo in modo che lui si allontani di nuovo.
Dopo questo sforzo, il dolore nel mio braccio aumenta con una fitta insopportabile.

Passano 45 lunghi minuti in pullman, prima che io arrivi alla fermata ed inizi a camminare verso casa.
Mentre passo vicino alle auto parcheggiate, vedo il mio riflesso sui finestrini e mi spavento.
I capelli sono arruffati e sembrano sporchi, sotto la spalla c'è un bozzo troppo visibile, e quando provo a toccarlo vedo le stelle dal dolore.
Non ci avevo fatto caso, ma con la botta sul pavimento, mi sono procurata anche un bel taglio sul mento, con cui ho girato fra la gente fino ad ora.

Entro in casa sbattendo la porta.
Voglio cancellare questa giornata e liberarmi di tutti i pesi che ho.
Tutto questo è successo perché ho provato a difendere Ryan e la nostra amicizia. E tra l'altro, lui nemmeno mi calcola.

Filo dritta in bagno per provare a nascondere i segni di questa schifosa mattinata, ma la mamma mi precede lungo il tragitto.

«Tesoro, fermati! Dove corri? Ho avuto quei giorni, tesoro! Ho avuto il permesso di accompagnarti in Canada!»

Snapchat» Shawn MendesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora