La ragazza viene portata in una camera piuttosto ampia, con una grande finestra ad illuminare l'ambiente e muri spogli, pitturati di bianco. L'arredamento è minimale e asettico e il mobilio completamente in legno chiaro: il letto matrimoniale, sulla quale è stesa la giovane, il comodino al lato sinistro di esso, la sedia e l'armadio nella parete di fronte.
Quando finalmente lei riprende conoscenza, dopo una quantità di tempo che non saprebbe misurare, la testa le fa male da morire, i sensi le paiono rallentati e, in generale, si sente terribilmente frastornata.
Cerca di portarsi le mani sul viso, nel tentativo di fermare l'inesorabile rotazione della stanza, ma un pungente fastidio la costringe istintivamente a fermare quel movimento e stendere di nuovo il braccio sinistro.
Lasciando passare una prima e profonda sensazione di vertigine dovuta all'istintivo spostamento dello sguardo verso l'arto in questione, nota uno strano tubicino collegato direttamente alle sue vene. Mettendo a fuoco meglio il suo obiettivo, si accorge che all'interno della flebo non scorre un normale rimedio liquido, ma bensì una strana sostanza in forma gassosa, colorata di un denso porpora. Questa peculiarità, mai conosciuta prima, porta la terrestre a sbattere le palpebre più volte, per essere sicura di essere sveglia e non sotto effetto di qualche strana allucinazione.
Alla ricerca di una spiegazione sensata, la sua attenzione si sposta alla sorgente: un contenitore dalla forma a prisma, posto in alto, su una struttura di quello che sembra ferro finemente lavorato. Purtroppo, nemmeno questo l'aiuta, perché non ci sono scritte di nessun tipo ad indicarle quale sia la composizione.
Non che lei, comunque, possa leggerle, perché, dopo appena un attimo di lucidità, il suo campo visivo torna ad annebbiarsi e una fastidiosa sensazione di vomito inizia a salirle in gola, come se con quella ricerca avesse tentato un gesto estremo; così, nel tentativo di riprendere possesso delle sue normali funzioni, serra la mascella con forza, socchiudendo le palpebre e inspirando profondamente.
Riapre gli occhi solo dopo alcuni secondi, cercando di ignorare il mal di testa pulsante e concentrandosi sulle sue stesse mani. Quello che nota, però, l'allarma molto di più della semplice spossatezza: le sue braccia, che lei ricordava sanguinanti e piene di ferite, ora sono pulite e riportano semplici lividi e cicatrici.
Quanto tempo ho dormito?, si domanda, ma, prima di riuscire a fare una qualsiasi supposizione, la vista dei segni delle catene sui suoi polsi la rapisce dalla realtà, catapultandola indietro nel tempo, in un luogo nel quale non sarebbe mai più voluta tornare. Non rivede i dettagli della stanza nella quale era tenuta prigioniera, ma percepisce chiaramente l'odore misto di ferro, sangue e sudore, lo stesso che le riempiva le narici in quei terribili momenti, amplificando il dolore. Per qualche strana ragione, lo inala anche adesso e, con esso, riaffiorano anche le stesse sensazioni di sconfitta, disperazione, terrore.
Immagini che non avrebbe mai voluto rivedere prendono a susseguirsi nella sua mente, ricordandole l'impotenza sulle sue volontà, il suo corpo, la sua vita. Tutto ciò che credeva dipendere solo da lei le è stato portato via, più di una volta e con estrema facilità, e sa che potrebbe accadere ancora.
Ad un tratto, la porta si apre, costringendola a trattenere il fiato, mentre il suo corpo, consapevole di cosa l'attenda, prende a tremare, implorando le gambe di muoversi, di scappare da lì.
Gli occhi, che lei vorrebbe chiudere con ogni forza, rimangono invece a fissare l'uscio, mentre una silhouette statuaria, fiera e dai lunghi capelli biondi fa il suo ingresso, muovendo passi pesanti nella sua direzione.
Presa dal panico, inizia a boccheggiare alla disperata ricerca d'aria, mentre lacrime amare le rigano le guance. La figura, allora, scatta in avanti e lei, nel tentativo di sfuggirle, prova ad alzarsi, ma, appena prova a muovere il bacino, una fitta lancinante le strappa un grido di dolore, che la costringe a strizzare le palpebre e mordersi le labbra, per non rischiare di impazzire.
-No, fermati! Non voglio farti del male, posso giurarlo sul mio nome.-.
Riconoscendo quella voce calda e profonda, la giovane si concede nuovamente il lusso di respirare, mentre una mano le sfiora la spalla, in un gesto di rassicurazione.
-Non toccarmi!- sibila lei, allontanando quelle dita quasi fossero conduttrici di alto voltaggio elettrico.
-Ti chiedo perdono, non era mia intenzione.- si ritrae subito il biondo, sentendosi profondamente turbato, in una situazione che davvero non ha idea di come gestire.
Lei, ritrovando lentamente un contatto con il mondo, cerca gli occhi del suo interlocutore, riconoscendoli in due luminosi zaffiri, che ora la guardano con rispetto, calore e apprensione.
-M-mi dispiace, io non...- cerca di giustificarsi la terrestre, non riuscendo però a trovare un modo sensato per spiegarsi, uno che possa evitarle di dire la verità, per lo meno.
-Non preoccuparti, è colpa mia. Avrei dovuto bussare, ma credevo dormissi ancora.- interviene lui, salvandola da inutili imbarazzi:-I curatori credevano saresti rimasta incosciente a lungo, non solo una giornata.-.
Stranita e spiazzata da quella notizia, la giovane torna a guardarsi le braccia e poi, subito dopo, il biondo davanti a lei, con aria interrogativa.
-Capisco che debba sembrare alquanto strano, ma qui ad Asgard le cure funzionano in modo molto diverso.-.
Normalmente una risposta del genere non le basterebbe, vorrebbe sapere ogni dettaglio, ogni aspetto che non conosce, ma, per qualche motivo, ora non le interessa affatto.
-Sono certo tu sia umana, ma posso conoscere il tuo nome?- riprende lui, alla disperata ricerca di un modo per sedare la chiara tensione della midgardiana.
Con cautela, si avvicina al letto, sorridendo e senza mai distogliere lo sguardo dalla figura minuta della ragazza.
Lei, dal canto suo, controlla guardinga ogni sua mossa, anche se, onestamente, non riesce ad avere davvero paura di lui; i suoi occhi sono talmente limpidi e sinceri da sembrare quasi un miraggio per qualcuno nella sua situazione. Inoltre, più lo guarda e più si convince che, probabilmente, non sia reale: è troppo bello, molto più di quanto sembrasse in televisione.
Aveva avuto occasione di vederlo durante l'attacco di New York, mentre del fratello adottivo conosceva solo l'esistenza, in quanto le immagini di quest'ultimo erano state riprese solo da lontano o di sfuggita.
Non ricorda molto di ciò che è accaduto prima di perdere i sensi e, per quanto si sforzi, non riesce a definire con certezza le fattezze del famigerato Loki; eccezione fatta per il suo sguardo di ghiaccio, talmente cristallino nella memoria da farla rabbrividire al solo pensiero.
-Angel.- risponde lei, con un po' troppo ritardo.
-Io sono Thor.-.
-Sì, so chi sei, il dio del tuono.-.
-È strano apprendere che ora tutti voi non mi leghiate più a strane leggende.- sorride il biondo.
Lei, nel ricambiare la sua espressione, per un momento riesce a percepire la morsa stretta attorno al suo petto farsi meno soffocante, permettendole di tirare un sospiro di puro sollievo. Seppur si tratti solo di un istante, questo le basta per aggrapparsi ad una speranza di salvezza.
-Tu puoi riportarmi sulla Terra?- chiede, tentando un tono più neutro possibile, per non mostrare il dolore e l'angoscia che realmente prova.
-Ti prometto che lo farò, ma non ora. Devi prima rimetterti in sesto, o moriresti, con le cure del tuo pianeta.- spiega lui, sedendosi sul bordo del letto, per esserle più vicino.
-Che magnifico quadretto.-.
Una terza voce, profonda e sensuale, coglie i due di sorpresa, attirando i loro occhi su di sé, in corrispondenza dell'entrata della camera.
D'istinto, Angel si irrigidisce, stringendo i pugni e trattenendo il fiato, cosa che, però, le provoca ancora una volta un dolore indescrivibile.
-Vattene, Loki.- gli ordina il maggiore, alzandosi in piedi e mostrandosi in tutta la sua altezza.
Con tranquillità, l'altro avanza oltre la porta, lanciando un'occhiata tagliente alla ragazza e ubriacandosi della stupenda sensazione data dall'evidente tensione che cresce nell'animo di quest'ultima, man mano che lui si avvicina.
Nonostante l'alone di mistero e oscurità che accompagna quel giovane uomo, la terrestre non può far a meno di studiarlo, curiosa e affascinata dalla sua singolare figura.
Il dio dell'inganno è estremamente alto, appena meno del dio del tuono, ma il suo fisico longilineo trarrebbe in errore se i due fratelli non fossero l'uno in prossimità dell'altro. Thor, infatti, ha una muscolatura scultorea che maschera appena questo aspetto, mentre il moro, seppur definito e atletico, non ha il corpo che ci si aspetterebbe da una divinità.
La sua espressione si mostra indecifrabile e astuta, accentuata dai tratti scolpiti del suo viso, incorniciato da capelli corvini che, tirati all'indietro, gli toccano appena le spalle.
Gli occhi sono di un colore che vira tra l'azzurro e il verde, grandi, penetranti, freddi, bellissimi, che risaltano sotto le sopracciglia scure.
Il suo naso è sottile, così come le labbra, seducenti e ora piegate in un sorriso malevolo quanto ammaliante.
Tutto appare intimidatorio in lui: lo sguardo intenso e profondo, il modo di fare sicuro e spregiudicato, ma, malgrado ciò, lei continua a tenergli gli occhi addosso.
Credeva non potesse esistere qualcuno più bello di Thor, con i suoi occhi azzurri, i lineamenti armoniosi, le labbra piene, i lunghi e lucenti capelli biondi, il corpo statuario. È perfetto, ma la bellezza di Loki sembra farsi beffe persino della perfezione, andando oltre ogni schema, mostrandosi diversa da chiunque altro, di più di qualsiasi essere, ridisegnando e stravolgendo ogni canone.
Alla fine, ci si ritrova rapiti dalla sua sensualità e fascino inebrianti, senza pari, capaci di piegare anche le volontà più forti.
-Giusto, ora sei il paladino delle fanciulle midgardiane. A proposito, come sta la tua favorita? Jane Foster, se non erro. La donna che ti ha trasformato in un patetico sentimentale e che prima del tuo prossimo battito di ciglia sarà già morta di vecchiaia.- provoca il principe dannato, spostando le sue iridi cangianti sul fratello, per rispondergli.
Il biondo serra la mascella, per evitare di controbattere e far scoppiare una delle solite e inutili liti. Poi, per assicurarsi di non perdere la calma, si sottrae dagli occhi del minore e, per un momento, il suo sguardo cade in prossimità dell'armadio, ricordandogli della veste che aveva portato qualche ora prima per la ragazza.
Senza proferire parola si dirige verso l'oggetto, ne apre le ante e ne estrae un abito lungo, semplice e di fattura leggera, con delle spalline sottili, che, in verità, somiglia più ad una sottoveste di seta che ad un indumento da passeggiata. Questo perché, ovviamente, l'erede al trono non si intende di cose simili: ha preso il primo vestito che gli è capitato sottomano frugando tra le cose di sua madre.
-Quando potrai alzarti te ne faremo realizzare di più adatti, ma, per ora, credo che sia decisamente più comodo di ciò che indossi.-.
-Grazie.- risponde lei, spiazzata da quel gesto e notando per la prima volta l'indumento che indossa: una sorta di camice color beige, senza maniche e con un laccetto sottile in vita.
-Alzarsi? Da quando, esattamente, lei è diventata un'ospite?- si intromette Loki, ridendo sotto i baffi.
-Non osare dire un'altra parola.- ringhia l'altro, avvicinandosi al minore, con fare minaccioso.
Quest'ultimo, però, non pare essere turbato dall'ira del più grande e, anzi, lo osserva divertito.
-Altrimenti?- domanda poi, sfidandolo, mentre i loro visi sono a pochi centimetri l'uno dall'altro.
Il dio del tuono si concede un profondo respiro, nell'ennesimo tentativo di placare le fiamme che lo stanno invadendo, a causa dello sguardo beffardo del dio delle malefatte. Non vuole continuare quello scontro davanti ad una ragazza che, purtroppo, ne ha già viste troppe e, così, afferra Loki per un braccio, trascinandolo fuori dalla stanza.
Il più piccolo, con un sorriso di scherno ancora dipinto sul volto, glielo lascia fare, ma, prima di varcare la soglia, lancia un'ultima occhiata alla giovane che, anche quando le loro iridi si incrociano, non smette di fissarlo sfidante.
Thor cammina a passi pesanti per qualche metro, portandosi dietro la sua zavorra e, dopo essersi assicurato di essere abbastanza distante dalle orecchie della terrestre, sbatte il fratellino contro la prima parete a portata di mano, parandosi davanti a lui e bloccandolo con le mani ai lati della testa.
-Questo dovrebbe intimidirmi?- chiede il moro, senza cambiare la sua espressione.
-Vuoi dirmi che diavolo è successo?- sbotta il biondo, ignorando le sue parole.
-Sii più preciso.-.
-Chi è lei? Perché hai cercato di ucciderla?.-.
-Sarebbe stato solo un atto di misericordia.-.
-No, Loki. Lo sarebbe stato portarla immediatamente dai nostri curatori.- rimprovera il biondo, con tristezza e delusione nello sguardo.
-Hai idea di cosa le sia successo?- continua poi, allontanandosi appena.
-Oltre all'ovvio, intendi?-.
-Ovvio? Noi asgardiani non siamo barbari, ciò che le hanno fatto è inaccettabile.-.
-Lo siete stati, però. Magari qualcuno ha nostalgia dei vecchi tempi.- ribatte il dio degli inganni, con fare annoiato.
L'erede al trono, a quella frase, prende ad osservare ogni movimento nel volto del minore, alla ricerca di una crepa in quella crudele maschera di indifferenza, qualcosa che gli faccia intuire che, in realtà, prova anche lui un briciolo di compassione per le sofferenze che hanno quasi ucciso quell'innocente, ma, suo malgrado, non riesce a trovarne traccia.
-Sai, nonostante le cure di Asgard siano le migliori dei Nove Regni, i nostri guaritori non sono certi che lei possa riprendersi completamente.- riprende il maggiore, disincantato, ma ancora speranzoso di riuscire a smuovere il cuore di ghiaccio del dio dell'inganno.
-E dicendomi questo, Thor, cosa speri di ottenere? Qual è la reazione che così disperatamente ricerchi?-.
Thor serra la mascella nell'attimo in cui, davanti ai suoi occhi, scompare la visione di suo fratello che tanto si ostinava a voler vedere, lasciando spazio a quella di un uomo che, nell'aspetto, somiglia tanto a lui, ma che non riesce più a riconoscere come suo compagno di vita.
-Non mi aspetto niente da te, non più, ormai. Però, pretendo che i colpevoli paghino.- ringhia il dio del tuono, stringendo i pugni:-Me ne occuperò personalmente.-.
-Bene. Odino sarà molto felice di vederti sprecare il tuo tempo con un'altra midgardiana.-.
Il più grande scatta nuovamente verso l'altro, afferrandolo per il collo e, con la furia di un vero guerriero, lo minaccia:-Chiudi la bocca, Loki. Prova anche solo a pensare di farle del male e io ti farò rinchiudere in un'angusta cella per il resto dei tuoi giorni.-.
Il moro non risponde, si limita a fissarlo, impassibile, con il suo solito e fastidioso ghigno dipinto sulle labbra.
Il biondo lascia la presa, fulminandolo ancora con gli occhi e andandosene, per evitare di cedere all'ira e distruggere ogni cosa.
Senza nemmeno attendere che Thor sparisca dal suo campo visivo, il minore torna a passo tranquillo verso la stanza della terrestre, con un piano per evitare che lui si intrometta ancora nei suoi affari. Non ha intenzione di ucciderla, non si sognerebbe mai di rischiare la prigionia per una cosa tanto sciocca e, in più, ciò che gli interessa è soltanto scoprire chi è quella singolare ragazza.
Varca l'ingresso, osservando la giovane sollevata in una posizione semi seduta, mentre il suo sguardo teso e serioso è ancora puntato verso la soglia, quasi si aspettasse che sarebbe tornato.
Appena i loro occhi si agganciano, però, lei smette di respirare, nonostante tenti di dissimularlo alzando il mento, fingendosi sicura di sé.
-Finalmente soli.- pronuncia lui, con voce vellutata, chiudendosi l'uscio alle spalle e camminando lentamente verso di lei.
-Cosa vuoi da me?- domanda Angel, cercando di mantenere il contatto visivo, seppur con i battiti del cuore a mille per la paura.
-Sapere chi sei.- risponde semplicemente lui, avanzando ancora, fino a trovarsi al fianco del letto sul quale è coricata.
-A questo punto, piacerebbe saperlo anche a me.- ammette lei, abbassando il volto e abbandonando per un secondo il suo comportamento da dura.
Lui ghigna, afferrandole il viso, un po' per intimidirla, ma, soprattutto, per costringerla nuovamente a guardarlo. Lei, non aspettandosi quel gesto, sbarra gli occhi, puntandoli in quelli di lui e permettendogli, così, di notare nelle sue iridi castane delle singolari sfumature vermiglie.
La sera precedente, a causa delle sue condizioni pessime, lo sguardo della midgardiana era spento e cupo e lui, per di più, troppo preso dalla situazione per accorgersi di qualcosa del genere che, adesso, risulta invece così lampante.
Il principe dannato rimane per alcuni momenti immobile, a contemplare peculiarità e unicità di quell'incontro di colori, dove il colore della terra si intreccia con quello del fuoco vivo, creando quasi dei raggi attorno alla pupilla. Nemmeno lui, con i suoi numerosi secoli alle spalle, ha mai visto iridi tanto affascinanti, per quanto assolutamente estranee alla razza umana.
-Non mi pare che sul tuo pianeta ci sia qualcuno con occhi simili.- pronuncia poi, nel tentativo di comprendere cosa abbia da dire lei, a riguardo.
-È un difetto dei vasi sanguigni.- risponde la giovane, in modo poco disponibile e cercando di divincolarsi dalla morsa dell'uomo, che la sta chiaramente agitando più del dovuto.
Quest'ultimo, impedendole di sgusciare via, stringe ancora di più la presa, studiando ogni singolo movimento dei muscoli del suo viso, alla ricerca di un indizio che tradisca una bugia, ma, a quanto sembra, lei è sincera; quello che ha detto è davvero ciò che sa.
-Sai spiegarmi, invece, il motivo della tua presenza su quel pianeta, insieme a dei ribelli?-.
-Chiedilo a loro.- sibila lei, con rabbia, ma visibilmente vicina alle lacrime, che già le stanno rendendo gli occhi lucidi.
-Tu sei decisamente più interessante.-.
Lei lo trafigge con lo sguardo, profondamente ferita da quella frase, ma, adesso, sente troppo dolore dentro di sé per riuscire a combattere con lui.
-Io non so niente, quindi se vuoi uccidermi fallo subito.- risponde solo, cercando di ricomporsi, ma con la rabbia che, un centimetro alla volta, sta infettando ogni fibra del suo corpo.
-Non mentire con me.-.
Angel non risponde, ma la voce del principe dannato risuona talmente provocatoria da portare la ragazza a fare l'unica mossa che, probabilmente, avrebbe dovuto evitare: sfidarlo.
Infastidita e furiosa, si sottrae alla sua presa, schiaffeggiando la mano che era su di lei, senza comprendere di esserci riuscita solo perché le è stato concesso.
Dal canto suo, il moro, al quale normalmente sarebbe bastato molto meno per uccidere, si accende, inebriato da quelle iridi infuocate, in perfetta sintonia con il caratterino tutto pepe della giovane. Più lei si comporta in questo modo, più lui prova piacere, e non solo fisico, ma intenso e viscerale, come non gli capitava da tempo.
-Vorresti negarlo? Per quanto penoso sembri, data la tua fragile natura, hai dimostrato di essere disposta a sopportare ogni cosa, a patto di non morire.- continua, cercando di controllare i suoi impulsi più primitivi.
-Non hai davvero capito niente.- risponde lei, distogliendo l'attenzione da lui, cupa.
-Oh giusto, ora vorresti farmi credere che questo non valga più, perché credi sia meglio morire che ricordare o rivivere ciò che ti è successo, dico bene?-.
Lei, sbarrando le palpebre, torna a quegli occhi di ghiaccio, forse, per rifilargli un'altra rispostina delle sue, ma, appena i loro sguardi si fondono, la terrestre perde ogni capacità di parola, restando imbambolata. Adesso, dentro ha solo un grande vuoto e nemmeno si accorge della lacrima solitaria che le sfugge dalle ciglia, attraversandole lo zigomo.
Si rianima solo sentendo il sapore salato sulle labbra e, presa dall'imbarazzo, si passa velocemente il dorso della mano sul viso, per cancellare la sua vergogna.
-Spero vivamente che tu non sia così insulsa da raccontarti questa bugia per compiangerti.- la critica duramente lui, per poi sedersi al suo fianco, sotto lo sguardo contrariato di lei:-Questo dramma non ti aiuterà a superare quello che hai passato. Se sei ancora qui, vuol dire che sei perfettamente in grado di reagire, quindi fallo senza troppe pantomime.-.
La ragazza non riesce subito a capire il significato di quelle parole, percependone solo il sapore crudele, a causa della confusione che regna nella sua testa. Così, ancora una volta, quell'ira incontrollabile prende il controllo di ogni parte del suo corpo, portandola ad alzare il braccio sinistro e fendere l'aria, con l'obiettivo di colpire quell'uomo orribile in pieno viso.
Ovviamente, al moro non costa neanche il minimo sforzo fermare l'impacciato tentativo di attacco e, stringendo con sicurezza quel polso sottile tra le dita, attira la giovane a sé, sussurrandole, a distanza di un respiro:-Se continui in questo modo, presto anche io smetterò di controllarmi.-.
Non ha alcuna intenzione di andare oltre, anche se, per la prima volta, fatica a trattenere il desiderio carnale, anche se non al punto da comportarsi da animale.
Aspettandosi tutt'altra reazione, Angel si congela, mentre il suo cuore prende a battere all'impazzata. Il corpo è immobile, incapace di rispondere ai comandi e invaso da strane sensazioni che, tutte insieme, lei non riesce a identificare.
Per Loki, chiaramente, è tutt'altra storia: lui ha un piano, ha capito fino a che punto spingersi con lei.
Infatti, in appena una manciata di secondi, si allontana, quel tanto che basta per guardarla negli occhi e cogliere che le sue sfumature rosse ora sembrano più evidenti.
Quello sguardo dalle venature cremisi è spaventato, ma allo stesso tempo provocatorio e penetrante: un mix che, al dio degli inganni, non è mai capitato di vedere, in nessuno degli innumerevoli volti che ha studiato nel corso della sua lunga vita. Questo lo fa indugiare un attimo, quasi stordito da quelle iridi profonde e fiammeggianti.
Sbatte le palpebre, distogliendo l'attenzione da quei dettagli singolari, nel momento in cui comprende di aver perso per un momento il controllo di sé stesso.
Strano, pensa tra sé e sé, accennando un sorriso: di solito è lui ad avere il potere di disorientare le persone con una sola occhiata.
Angel, d'altro canto, una volta superato lo shock iniziale, si lascia possedere da un potente istinto viscerale che, troppo forte per essere arginato dalla sua stravolta razionalità, prende il controllo. Così, per l'ennesima volta in troppo poco tempo, compie un atto stupido; forse il peggiore.
Infatti, come posseduta da un'entità oscura, sputa sul viso dell'uomo davanti a sé, cogliendo di sorpresa persino lui che, avendo colto l'ira crescente della giovane, si sarebbe aspettato un ulteriore tentativo di colpirlo, ma non questo.
Appena si rende conto dell'azione fatta, però, lei si porta le mani sul viso, sconvolta e spaventata da sé stessa. È sempre stata una ragazza impulsiva, è vero, ma l'odio che sente ora non ha mai fatto parte di lei e, adesso, non sa davvero che fare per scacciarlo.
Non avrebbe mai voluto fare una cosa simile, ma, per un momento, non c'era più Loki davanti a lei, soltanto dei fantasmi della sua memoria e per questo, di nuovo, non è più riuscita a ragionare lucidamente.
Troppo occupato a pensare all'affronto, piuttosto che alle motivazioni che ne stanno dietro, lui, alla velocità della luce, le para le mani ai lati della testa, sbattendo i palmi con forza sul muro dietro la spalliera di legno.
Spaventata, lei sussulta, dimenticandosi per un attimo della sua condizione e costringendo, quindi, i suoi muscoli a tendersi, fino a sentire un milione di coltelli conficcarsi nella zona del ventre.
-Come osi, razza di creatura insulsa.- ringhia lui, ad un soffio dal viso della midgardiana.
La terrestre è immobile, sopraffatta dalla sofferenza fisica e dall'eco di quel rumore sordo sulla parete che, ora, si sta ripetendo all'infinito nella sua testa, diventando assordante e costringendola a spostare le mani sulle orecchie, nel tentativo di fermare qualcosa che, in realtà, è solo dentro di lei. Quel loop viene presto seguito da delle immagini, innumerevoli scene nella quale era proprio lei, il suo corpo, a provocare quel suono, ogni volta che, contro la sua volontà, veniva sbattuta contro il muro, il pavimento.
Grida, sperando che il rumore del suo odio possa superare quello dei ricordi, mentre la paura prende il sopravvento, guidandola verso la disperazione, timorosa di non riuscire a sopportare tanto dolore.
-Che ti prende, ragazzina?- cerca di informarsi lui, afferrandola per le spalle.
La giovane, però, non ha più alcuna reazione, il suo sguardo è vuoto, perso, reso opaco dalle lacrime, mentre il suo corpo trema come una foglia tra le sue dita.
Prima che lui possa prendere una decisione sul da farsi, la terrestre, probabilmente superato ogni livello di sopportazione, perde i sensi, afflosciandosi tra le braccia del semi-dio che, con cautela, l'adagia sul materasso.
A quanto pare, la sua mente sta molto peggio del suo corpo e a nulla serve che lei finga il contrario, troppo orgogliosa o, forse, spaventata di mostrarsi vulnerabile. Magari Loki avrebbe dovuto evitare di spaventarla, ma non poteva immaginare che proprio quel rumore potesse provocare una tale reazione e, in più, non è abituato ad avere questo tipo di riguardi.
La osserva, mentre giace su quel grande letto, col volto coperto dai lunghi capelli scompigliati. Cosa nasconde questa midgardiana? Perché mi sembra così diversa da ogni altro essere che ho incontrato?, si domanda il semi-dio, indugiando un momento di troppo su quel corpo inerme, cosa che, inaspettatamente, cancella ogni tensione nei suoi muscoli, portandolo, invece, ad avvicinarsi a lei, per scoprirle il viso ed assicurarsi che il respiro sia tornato regolare.
Non può capire cosa stia passando, questo è indubbio, ma avrebbe dovuto immaginare che la sua mente le avrebbe giocato brutti scherzi, lui più di altri dovrebbe saperlo.
Eppure, per un momento, durante quell'affronto, ha perso di vista il quadro completo e questo non gli accade mai, non prima che arrivasse lei, almeno.
Il solo pensiero lo fa dannare, arrivando a rinfacciarsi di aver indugiato, la sera prima, nell'ucciderla; sarebbe stato meglio porre fine all'inutile vita della ragazzina, per seppellire con lei certe mancanze inspiegabili. Ma no, non è da lui nascondere la testa sotto la sabbia, deve andare fino in fondo, capire perché un'umana è in grado di creare un tale squilibrio dentro di lui, addirittura fino a far vacillare la sua razionalità. Non può permettersi nessuna debolezza del genere, non dopo tutto quello che ha passato.
Sbuffa, stanco di avere sempre qualcosa con cui dover fare i conti e, pensando a cosa sia meglio fare, decide di portare la giovane con sé, per poterla tenere d'occhio.
Così, senza attendere altro tempo, le sfila la flebo dal braccio dove, forse a causa di qualche movimento brusco, si è già creato un piccolo grumo di sangue.
Loki scuote la testa, sostenendo che l'idea di adeguare le cure e, addirittura, le stanze, in modo che siano più somiglianti possibile a quelle di Midgard sia una cosa sciocca e sentimentale; gli abituali metodi asgardiani sarebbero stati più veloci, efficaci e meno soggetti ad incidenti di questo tipo e, in più, date le sue condizioni, vedere qualche arredamento sfarzoso non l'avrebbe di certo sconvolta.
Abbandonando certi ragionamenti pragmatici, solleva quel corpicino con cautela, sistemandoselo tra le braccia, per poi uscire dalla stanza.
In prossimità della porta, il semi-dio sprigiona una forte luce color smeraldo, proveniente dalle dita delle sue mani, che illumina il contorno dell'uscio con lo stesso colore, spalancandolo e rimuovendo il sigillo che avrebbe tenuto ospiti indesiderati lontani.
Incamminandosi tra gli infiniti corridoi del palazzo, dopo appena qualche passo, si imbatte in una delle tante lavoratrici della dimora che, con sguardo terrorizzato, lancia una velocissima occhiata alla ragazza, per poi puntare la sua attenzione al pavimento, intimorita dalla presenza del semi-dio.
-Voglio che chiami dei curatori. Pretendo che sia trattata nella mia stanza.- ordina lui, ottenendo, subito, un timoroso cenno del capo.

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Salvation || Loki
Fanfiction~COMPLETATA~ (In revisione -> capitoli corretti: 12) Tutti conoscono Loki come il dio degli inganni, delle malefatte o, più ufficiosamente, lingua d'argento. Nomi utili a mettere in guardia da un uomo apparentemente senza cuore, con una mente subdo...