42. Goddess

701 59 8
                                    

Di Odino, ormai, non rimane più nulla in quella stanza, se non il suo scettro, abbandonato su quel freddo pavimento di pietra, come simbolo di un potere tanto invidiato quanto temuto, colpevole di aver diviso un'intera famiglia.
Eppure, nonostante l'importanza di quell'oggetto, nessuno riesce nemmeno lontanamente a preoccuparsi del futuro di Asgard, perché, dopo una scomparsa alla quale nessuno era preparato, sono solo i ricordi a prendere il sopravvento delle anime della famiglia reale.
Frigga, con occhi vuoti e lacrime a scandire il suo dolore, rivede una per una le immagini di una vita lunga e felice passata con suo marito.
Lui non era un uomo facile, è vero, poco incline alle parole, ma per lei era sempre stato un libro aperto; tra loro vi era un legame che andava ben oltre la comprensione razionale, perché i loro cuori battevano all'unisono, intonando la stessa identica melodia ed era stato questo a legarli, sin dal primo incontro.
Anche in quell'ultima ed estrema decisione, lui aveva intavolato una conversazione con sua moglie, si era confrontato con lei e, insieme, avevano compreso che fosse la cosa migliore da fare.
Ora, però, la regina di Asgard cala la corona del suo dovere, lasciando alla donna che è in lei il permesso di mostrarsi, per la prima volta in tanti anni. In preda ad un dolore e un senso di vuoto che mai avrebbe immaginato di poter provare, si ritrova accasciata sulle ginocchia, a stringersi il petto con la mano destra, come per impedire all'unica metà di cuore rimastole di sgretolarsi, mentre con l'altra cerca stabilità al suolo, per evitare di crollare sotto il suo stesso peso.
Thor, dal canto suo, rimane immobile, seduto a terra al fianco di suo fratello. È talmente confuso che non riesce più a capire cosa stia succedendo; la stanza si svuota di tutti i suoi ospiti e prende ad oscillare in modo scomposto, rendendogli impossibile distingue un qualsiasi dettaglio. Il suo corpo gli pare sciogliersi, decomporsi, gli arti farsi inconsistenti e la testa riempirsi di sabbia.
Loki, al contrario del maggiore, riesce a mantenere il contatto con la realtà, anche se, questa, non è di certo una fortuna: i sensi di colpa sembrano avere seriamente intenzione di ucciderlo, ripresentandogli in loop gli ultimi momenti del sovrano di Asgard.
Vorrebbe tornare indietro nel tempo, a quando aveva scoperto di essere un Gigante di ghiaccio, perché, adesso, lascerebbe Odino parlare, spiegarsi e, per quanto possa sembrare assurdo anche solo ammetterlo, sa che lo perdonerebbe.
Se solo non fosse stato così ubriaco di rabbia, rancore e odio, magari avrebbe capito allora che suo padre lo amava davvero e avrebbe risparmiato alla sua famiglia tutto ciò che, per colpa sua, è accaduto dopo.
In nome della verità, Padre Tutto è arrivato a dare la sua vita, per dimostrare comprensione, perdono e profondo amore ad un figlio cieco, errante, che si è sempre rifiutato di vedere oltre la corazza fredda e dura del sovrano.
E io cosa ho mai fatto per te, padre?, si domanda Loki, alla luce di tutti quei pensieri velenosi e distorti.
Mentre il dolore per quelle consapevolezze orribili, alimentato dall'ira verso sé stesso, gli stringe pericolosamente una morsa attorno al cuore, minacciando la sua lucidità, il suo sguardo si posa accidentalmente su quel maledetto tavolo di pietra. Serrando la mascella, ricorda a sé stesso che, ancora, non può permettersi di lasciarsi andare alla sofferenza: deve restituire ad Angel il cuore di Ariel, altrimenti, a minuti, gli sforzi di Odino per darle un corpo asgardiano saranno vani.
Raccogliendo ogni energia, punta i palmi delle mani al suolo e, spingendo con la schiena al muro, cerca di sollevarsi da terra, in uno sforzo estremo. Seppur impiegando tutte le sue forze, i muscoli si ribellano a quel comando e, punendolo con una fitta lancinante, lo costringono a mordersi la lingua e crollare di nuovo seduto.
-Thor.- pronuncia allora il moro, con urgenza, zittendo anche l'ultima stilla di orgoglio rimasto.
È disposto a qualunque cosa, pur di non rendere vano il gesto di suo padre.
Non ottenendo risposta, si volta a fatica verso il biondo e, nel farlo, il suo respiro si blocca; il volto del maggiore è solcato da rivoli sottili e lo sguardo è perso, fisso su qualcosa che, probabilmente, è chiaro soltanto a lui.
-Thor.- prova ancora, strattonandolo, nel tentativo di destarlo dal suo stato confusionale.
Ci vogliono ancora un paio di tentativi prima che il dio del tuono riesca a percepire la voce del minore e, focalizzandosi su di essa, uscire fuori dalla sua testa, per tornare alla triste realtà.
-Devi aiutarmi.-.
A quelle parole, pronunciate in un tono sommesso, così insolito per il moro, il maggiore cerca di asciugarsi velocemente il viso da quelle lacrime che, in qualche momento che non ricorda, ha versato e, ignorando disorientamento e capogiro, solleva il moro per un braccio. Senza riuscire ad alzare lo sguardo dal pavimento, muove lunghe falcate verso il tavolo di pietra, inconsciamente consapevole che sia quella la meta da raggiungere.
L'altro, profondamente turbato nel vedere suo fratello, il dio del tuono, riverso in quello stato, stringe i pugni fino a farsi male, per ricordarsi che, purtroppo, anche il dolore di Thor deve passare in secondo piano, adesso.
Arrivato a destinazione, nonostante i lamenti di tutte le articolazioni, il minore si appoggia con entrambe le mani alla pietra fredda e, scegliendo di non alzare gli occhi, per timore di indugiare ancora, cerca di concentrare ogni stilla ancora esistente della sua energia dentro di sé, per richiamare, poi, quella che gli serve dall'ambiente.
Si porta la mano destra al petto, tentando di distinguere il proprio cuore da quello che gli è stato donato, appena poche ore fa. L'operazione, purtroppo, è più difficile del previsto perché, se il corpo Angel era solo un mezzo per quel lascito angelico, Loki è nato per ricevere quel potere, è parte di lui.
Per la ragazza, infatti, non era stato affatto complicato separarsene, distinguere quel battito dal proprio, mentre per lui, ogni momento che passa è una possibilità in meno di poter adempiere al suo piano.
Sta diventando un tutt'uno con quell'organo incantato, come predetto da quella che ora, per il moro, pare soltanto una crudele ed ingiusta profezia.
Se solo Odino gli avesse lasciato pagare il suo debito da solo, non avrebbe avuto problemi simili: in fondo, anche se non fosse riuscito a separare il cuore di Ariel dal suo, non avrebbe comportato nulla, perché, alla fine, sarebbe morto in ogni caso.
Loki serra le palpebre e scuote appena il capo, alla ricerca della concentrazione che, il pensiero di suo padre, ha di nuovo interrotto.
Si concentra sul suo battito, tentando in ogni modo di distinguerne l'eco sottile che ancora lo contraddistingue da quello estraneo. Nonostante si tratti soltanto di una sensazione quasi impercettibile, il semi-dio, dopo un lungo agguato, utile a calcolare i tempi giusti, riesce ad isolare la sua preda, quasi fosse un felino affamato. Tra dolori che vanno molto oltre qualsiasi esperienza fisica, grazie alla sua magia è in grado di strappare via la fonte di quel nuovo potere, separandola da sé.
Sotto gli occhi di tutti, Loki estrae dal suo petto un intero cuore, in tutto e per tutto simile a quello umano, se non fosse per la forte luce che emana.

Salvation || LokiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora