Capitolo 3

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Quando rimisi piede in territorio canadese, una strana sensazione mi pervase per tutto il corpo. Forse perché sapevo che quella permanenza non sarebbe stata breve come le altre.

Inspirai l'aria fresca, molto meno afosa rispetto a quella di New York, girando su me stessa. Nonostante quella città mi portasse in mente brutti ricordi, non potevo fare a meno di essere fiera di essere canadese.

- Come ti senti? - mi domandò mio fratello, togliendomi di mano la mia valigia pesante, portando anch'essa oltre la sua ventiquattro ore.

- Diciamo bene - affermai sorridendo. Ricambiò il mio sorriso incamminandosi al mio fianco all'interno dell'aeroporto.
- È venuto qualcuno a prenderci? - chiesi. - No, prendiamo un taxi - rispose distrattamente, uscendo da quell'edificio affollato e pieno di rumori, per poi immergersi nel silenzio del parcheggio, dove l'unico rumore era il motore di qualche auto.

Una serie di taxi sfilava in fila davanti le grandi porte dell'aeroporto, così non fu difficile salire su uno di essi per arrivare a casa.

- Perfetto - rispose il tassista baffuto, dopo che gli dicemmo quale fosse la nostra destinazione, facendo ripartire il veicolo.
- Siete canadesi? O è solo una vacanza? - ci chiese guardandoci dallo specchietto retrovisore interno.

- No, no, siamo canadesi - si affrettò a rispondere il biondo al mio fianco. - Bene. Vi dispiace se accendo un po' la radio? Il viaggio non è breve - ci chiese il permesso in modo cortese.
- No, tranquillo, può anche accenderla - rispose mio fratello, per poi lasciarsi andare sul suo sedile, chiudendo gli occhi per riposarsi un po' durante il viaggio dall'aeroporto a casa. Ne approfittai per mandare un messaggio ad Ethan, avvisandolo, in tal modo, del  mio arrivo a Toronto.

Appoggiai la tempia al finestrino, godendomi il vasto panorama. Si alternavano distese di boschi pieni di vita e zone piene di grattacieli e palazzi. Colline verdi e strade trafficanti. Sospirai, non riuscivo a smettere di pensare a quella che sarebbe stata la mia nuova vita. Era come se fossi ritornata indietro. Dovevo ricominciare tutto dalla stessa città dov'era iniziata la mia vera vita, che poi era stata sostituita con un'altra, forse migliore. A New York non avevo un padre violento rinchiuso nelle carceri, no. A New York avevo una bellissima vita, uguale a quella di qualunque ragazza della mia età. Certo, non vivevo felicemente con i miei genitori, ma avevo degli amici e un ragazzo. Anche se quelli li avevo anche a Toronto, un tempo.

Scossi la testa cancellando quei pensieri quando una canzone che passava alla radio richiamò la mia attenzione.

You watch me bleed until I can’t breathe
Shaking, falling onto my knees
And now that I’m without your kisses
I’ll be needing stitches
Tripping over myself
Aching, begging you to come help
And now that I’m without your kisses
I’ll be needing stitches

Mi concentrai sulle parole, che sapevano di sofferenza, iniziando a muovere la testa e a sbattere un piede sul tappetino di gomma del taxi a ritmo di musica. Era la prima volta che sentivo quella canzone ma mi fu utile, perché finalmente avevo trovato qualcosa che mi aiutava a non pensare troppo. Continuai ad ascoltare la canzone fino alla fine e mi sforzai anche di capire a quale cantante appartenesse quella voce, dopo aver constatato che non fosse la prima volta che lo sentissi. Scrollai le spalle lasciando perdere e iniziando a canticchiare le parole della canzone seguente, una di Adele, che conoscevo molto bene.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora