Capitolo 14

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Non mi orientavo molto fra le strade di Toronto. Non mi orientavo molto fra le strade di una qualsiasi città. Non ero una ragazza di città, ma nemmeno di campagna. Non avevo mai preso una metro in diciotto anni della mia vita perché avevo paura che qualcuno mi potesse fare del male lì sotto. Ero strana per una che ha vissuto in città come Toronto e New York, ma non ci potevo fare assolutamente nulla.

Quando Shawn imboccò una serie di strade che portavano ad una zona lontana dal mio quartiere, capii che qualcosa non andava per il verso giusto.

Non dissi nulla per non convincerlo di essere preoccupata. Ci stavamo avvicinando al centro, quello lo avevo capito, fortunatamente.

Lui continuava a guidare tranquillamente. I muscoli delle braccia tesi e le mani strette al volante. Era passata una buona mezz'ora da quando avevamo lasciato il campus. Non avevamo più aperto bocca dalla fine della nostra prima conversazione. L'unico suono era quello della canzone di turno che passava alla radio.

- Dove stiamo andando? Sai dove abito? - mi decisi a chiedere, vedendo che continuava a muoversi fra le strade affollate senza crearsi troppi problemi. - Sì, so dove abiti. Ma stiamo andando da un'altra parte -. Alzai un sopracciglio in una smorfia scettica. Non avevo paura di lui o di quello che stava combinando, perché lo conoscevo. A meno che in quei diciassette mesi non si fosse trasformato in un serial killer, non avevo nulla di cui essere preoccupata. 

Iniziò a rallentare dopo un po', cercando un parcheggio, che non sembrò trovare, visto che dopo una breve ricerca svoltò l'angolo e si infilò in un vicolo che portava sul retro di alcuni negozi. Si fermò al centro della piccola via e spense il motore dell'auto. Continuavo domandarmi cosa diavolo ci facessimo lì e perché non fossi nella grande villa di mia madre ma in uno stretto e sporco vicolo.
- Non è stata una mia idea - si giustificò scendendo dalla sua auto. Lo seguii a ruota. - Quale idea? - domandai confusa, non avendo la minima idea di cosa stesse parlando. Estrasse un mazzo di chiavi dalla tasca anteriore dei suoi jeans per poi aprire una porta di legno sulla destra. Entrò in quello che sembrava il retro di uno dei tanti negozi di quel quartiere, mentre io restavo accanto alla sua jeep senza sapere cosa fare.

- Allora? Cosa aspetti? - tornò indietro per incitarmi ad entrare. Mi avvicinai all'ingresso un po' titubante. Cosa aveva in mente quel ragazzo? E cosa intendeva con quel "Non è stata una mia idea"? Stavo iniziando a riavere dei ripensamenti sul fatto che fosse diventato un serial killer.

Ci trovavamo in una moderna cucina di quello che doveva essere un ristorante. I piani nuovi di zecca brillavano lindi e puliti sotto la luce a neon appesa al soffitto. Le pareti erano bianche e si vedeva che erano state tinteggiate da poco.

- Mh... Okay. - mormorai - Ora puoi dirmi perché siamo qui? -. Sorrise beffardo. - Non avevi anche tu voglia di vedere la nuova pasticceria delle nostre madri? -.

Shock.

Il mio primo stato fu quello di uno shock totale. - Nostre madri? - boccheggiai. Sarah e mia madre avevano aperto una pasticceria insieme? Erano entrambi molto brave in cucina e ricordavo alla perfezione i gustosi dolci di Sarah, ma non mi aspettavo che arrivassero a questo. Ero felice per loro, ma potevano farmelo sapere in un modo più delicato e meno traumatizzante. - Sì. - esclamò - Loro sono a casa tua. Mi hanno chiesto di portarti qui e darti la bella notizia -.

- Oh -.

Mi diedi un'altra occhiata in giro, chiudendo la bocca che era rimasta aperta fino a quel momento. Mi aspettavo di tutto tranne che quello. Ero sicuramente felice per mia madre, visto che ora aveva in parte coronato il suo sogno e sapevo che i dolci di Sarah sarebbero stati i più buoni della città, ma avrebbero dovuto trovare un modo meno scioccante per farmelo sapere.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora