Capitolo 33

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Scusate, scusate, scusate!

Non aggiorno da quasi sue settimane, ma giuro che vi penso costantemente.

Ci ho messo un bel po', ma credo che alla fin dei conti sia un buon capitolo, carico di emozioni.

Buona lettura!

P.s. scusate ancora


La festa di Halloween era stata meno cattiva di quello che mi aspettavo. Ultimamente le feste a cui avevo partecipato non si erano rivelate un granché, quindi mi aspettavo l'ennesima catastrofe.

Ma fortunatamente era stata una festa in maschera negli schemi. Ragazzi in costumi -alcuni visti e rivisti, altri più originali-, alcol, musica, gente ubriaca. Tutto assolutamente normale, tranne per il fatto che non avessi bevuto niente oltre dell'innocua spremuta di arancia. Da quel maledetto martedì sera in cui avevo perso una delle migliori persone che conoscessi, avevo iniziato a rifiutare l'alcol. Qualcosa dentro di me era convinto che se fossi stata lucida, quella sera, avrei potuto impedire la morte di Richard.

Ero sveglia già da un pezzo, ma non avevo nessuna voglia di uscire da quell'involucro di coperte che mi teneva al caldo. La sveglia non era ancora suonata e io non avevo nessuna intenzione di staccarla prima del previsto. Victoria dormiva profondamente, emettendo piccoli soffi d'aria di tanto in tanto. Lanciai una lieve occhiata alla ventiquattr'ore nera ai piedi del mio letto. Dovevo finire di riempirla, anche se non mi sarebbe servita molto per quella giornata a New York. Quel giorno sarebbe stato molto impegnativo e stancante con tutte quelle ore di viaggio in aereo e la discussione con Ethan. Non lo avevo nemmeno avvertito, sapevo di trovarlo in appartamentino e in qualunque caso non mi sarei trattenuta per molto.

Quel giorno non avrei avuto nessuna lezione, ma in ogni caso l'avrei comunale saltata.

Mi alzai dal letto irrequieta. Stare sdraiata non faceva altro che alimentare i miei pensieri e farmi alzare col piede sbagliato, cosa che non ci voleva affatto. Afferrai il cellulare, notando che l'allarme sarebbe suonato fra soli cinque minuti, quindi mi alzai e dopo aver interrotto la sveglia rifeci il letto. Avevo l'intenzione di andare a fare una colazione al volo e poi chiamare Kate mentre ero in taxi. Ultimamente avevo avuto un tremendo bisogno del suo sostegno morale.

Presi dei pantaloni rosa cipria, una maglia bianca e la biancheria intima, per poi correre in bagno, approfittando del fatto che Vicky dormisse ancora. In realtà non sapevo a che ora si sarebbe alzata quel giorno, ma speravo che non venisse a disturbarmi durante la mia doccia. In realtà erano solo le sei e trenta del mattino, ma il mio volo previsto per le otto e trenta mi aveva impedito di dormire fino a tardi per recuperare tutte le forze. Avrei potuto dormire in aereo, per quello non c'era alcun problema.

Entrai nella doccia dopo essermi spogliata. L'acqua uscì gelida, facendomi rabbrividire dopo aver emesso un urletto strozzato. Sotto certi punti di vista mi mancava il comfort di casa mia. Mezzo minuto dopo l'acqua raggiunse la temperatura ideale, permettendomi così di lavarmi in tranquillità.

Feci uno shampoo alla velocità della luce e dopo aver ripulito i capelli e il corpo da tutta la schiuma uscii fuori infreddolita. Le temperature canadesi si stavano abbassando di giorno in giorno, tanto che ormai avevo uscito le cose superpesanti dagli scatoloni. Recuperai l'accappatoio appeso alla parete accanto a quello della mia compagna di stanza, indossondalo.

Quel ragazzo con la chitarra in mano 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora